Accordo migranti: la Commissione europea “gela” il governo, l’Albania si allontana…
Secondo la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, l’accordo Italia – Albania sui migranti è al di fuori del diritto comunitario e dovrebbe applicarsi solo ai soccorsi fuori dalle acque territoriali italiane. Che le autorità italiane non effettuano più da anni…
Nel silenzio di gran parte dell’informazione italiana, che ha dato pochissimo spazio alla notizia o, addirittura, l’ha interpretata in maniera completamente e totalmente distorta, mercoledì 15 novembre è arrivata dall’Europa una pesante spallata all’accordo sui migranti tra Italia e Albania così pomposamente presentato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Già pesantemente bocciato dal Consiglio d’Europa (la principale organizzazione di difesa dei diritti umani d’Europa di cui fanno parte 46 stati membri, Italia compresa) che l’ha definito “preoccupante per i diritti umani”, l’accordo è in attesa della posizione ufficiale della Commissione Ue che ancora non si è espressa.
Mercoledì 15 novembre, però, la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, ha fornito un primo chiarimento ufficiale su cosa pensa l’Unione europea dell’accordo tra Italia e Albania che prevede l’apertura di due centri italiani per la gestione dei migranti in territorio albanese. “L’accordo Italia – Albania non viola il diritto comunitario perché ne è al di fuori” ha annunciato la commissaria europea che, poi, ha spiegato nel dettaglio quella che è la posizione degli uffici giuridici della Ue che, come vedremo, in realtà rischia di assestare un vero e proprio “colpo di grazia” all’accordo stesso. E mentre la maggior parte dell’informazione italiana ha quasi ignorato quel chiarimento, il governo e i giornali di destra hanno addirittura strumentalizzato e distorto il contenuto dello stesso, facendolo passare per una promozione incondizionata nei confronti dell’Italia.
“Rispetta il diritto. La Ue promuove il patto migranti Italia-Albania: sinistra muta” titola addirittura “Libero” e, pur se in tono minore, sulla stessa linea si pongono i giornali di destra che, però, non danno alla presunta promozione l’enfasi che, se fosse davvero così, meriterebbe. Ad esprimere la soddisfazione (come vedremo del tutto immotivata) del governo ci ha pensato il ministro degli affari europei Raffaele Fitto secondo cui le parole di Johansson confermerebbero “l’efficacia e la lungimiranza della politica migratoria di Giorgia Meloni”. In realtà basta leggere e comprendere il parere della Johansson per non avere dubbi sul fatto che non è certo una promozione e, anzi, è un duro colpo per la presidente del Consiglio.
Perché la ragione principale per cui secondo il parere della commissaria europea agli affari interni l’accordo è al di fuori della giurisdizione è che “sembra applicarsi a tutti i soccorsi effettuati da navi italiane in alto mare, ovvero al di fuori delle acque territoriali italiane e quinti europee”. In altre parole la Commissione, almeno in questo parere, dice di non avere competenze sui soccorsi di migranti che avvengono al di fuori del proprio territorio e, di fatto, limita gli effetti dell’accordo solo a quei soccorsi, a quelli effettuati al di fuori delle acque territoriali italiane. E non era certo questo l’obiettivo dell’accordo così tanto sbandierato dalla Meloni (ed osannato dai suoi fedeli cantori).
Infatti il governo italiano aveva affermato che l’accordo avrebbe riguardato solo i migranti soccorsi dalle autorità italiane, cioè Guardia costiera, Guardia di finanza e Marina militare, quindi non dalle Ong. Ma quelle autorità agiscono praticamente esclusivamente nelle acque territoriali italiane, solo in casi rarissimi in cui si rende necessario intervenire per l’esistenza di grave pericolo si spingono oltre e, comunque, sono ormai anni che le autorità italiane non effettuano regolari soccorsi al di fuori delle proprie acque territoriali. Quindi, se l’Italia in pratica non effettua soccorsi fuori dalle proprie acque territoriali ma, almeno secondo questo parere della Commissione, l’intesa andrebbe applicata esclusivamente a quei salvataggi non bisogna certo essere dei geni per comprendere che quell’accordo di fatto rischia di essere inapplicabile.
Per altro è altrettanto evidente che gli eventuali soccorsi fuori dalle acque territoriali aumenterebbero notevolmente i problemi logistici del trasporto dei migranti fino all’Albania che già prima di quel parere sembravano difficilmente risolvibili. Infatti, in base a quanto previsto dall’accordo, una parte dei migranti, quelli considerati “fragili” (minori, donne incinte, persone in condizioni di salute precarie) dovrebbe comunque essere portata in Italia, mentre gli altri sarebbero portati in Albania nel porto di Shengjin. Un viaggio interminabile, considerato che dalla Sicilia al porto albanese tra andata e ritorno sono necessari 3-4 giorni di viaggio che si aggiungerebbero al lungo tragitto compiuto dal luogo del soccorso fuori dalle acque territoriali italiane.
C’è, poi, un altro aspetto non secondario da evidenziare. Se, come da parere della Commissione, l’accordo tra Italia e Albania è al di fuori del diritto comunitario è del tutto evidente che, di conseguenza, nei centri albanesi (se mai dovessero essere realmente aperti) inevitabilmente si applicherà il diritto d’asili italiano che ha margini decisamente più ampi rispetto alle politiche d’asilo europee. Infatti secondo il comma 3 dell’articolo 10 della Costituzione italiana “lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Le regole europee, invece, restringono decisamente il campo di applicazione, limitando i presupposti solo a casi specifici, quindi per un richiedente asilo nei centri italiani in Albania le possibilità che la sua richiesta possa essere accolta sarebbero indiscutibilmente maggiori con il riferimento alla normativa italiana. Naturalmente è giusto ricordare che stiamo parlando comunque di una “valutazione preliminare”, non ancora della posizione ufficiale definitiva della Commissione europea che ascolterà con attenzione l’informativa alle Camere del prossimo 21 novembre nella quale il ministro degli esteri Tajani illustrerà nel dettaglio (almeno dovrebbe…) il protocollo.
Certo è che, nonostante l’ottimismo manifestato nei giorni scorsi dal governo e dalla presidente del Consiglio, i presupposti di certo non lasciano ben sperare. Anche perché, nelle stesse ore in cui arrivava la valutazione della commissaria europea affari interni, la Corte Suprema inglese dichiarava illegale il piano del premier Sunak che prevede il trasferimento dei richiedenti asilo dalla Gran Bretagna in Ruanda. E la Meloni e gli esponenti del governo più volte, nel presentare l’accordo con l’Albania, avevano fatto riferimento proprio a quel piano. Che dopo poco più di una settimana sembra destinato a fare la stessa fine del fantomatico accordo con la Tunisia…