Giusto celebrare l’eroismo e il valore degli alpini ma è inaccettabile che, tra le tante possibili ricorrenze a disposizione, si sia scelta la data del 26 gennaio in ricordo della battaglia di Nikolajewka quando l’esercito italiano, insieme alla Germania nazista, era l’aggressore…
Solo in un paese schizofrenico e che ormai ha abbattuto ogni limite del ridicolo può accadere che, nel giro di 24 ore, prima si celebri l’eroismo di chi combatteva a fianco di Hitler e dei nazisti contro l’Armata Rossa nella guerra di occupazione nell’allora Unione Sovietica, poi il giorno successivo si ricordi la liberazione di Auschwitz, da parte della stessa Armata Rossa, rendendo onore alle vittime dello sterminio degli ebrei messo in atto proprio dai nazisti, con la collaborazione dei fascisti. Parlare di surreale paradosso è riduttivo, sembra una barzelletta (che però non provoca alcun sorriso), si fa una fatica terribile a credere che possa essere vero, che non si tratti di uno scherzo di pessimo gusto.
Però in questo sempre più strampalato paese non ci si può stupire di nulla, può davvero accadere di tutto. Anche che il giorno prima di una ricorrenza come la Giornata della Memoria (27 gennaio), si decida di celebrare le gesta di chi ha combattuto a fianco di Hitler e al regime nazista. Si perché da quest’anno, per la prima volta, il 26 gennaio si celebre la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini. Una ricorrenza istituita on legge del 5 maggio 2022 (quindi dal precedente Parlamento), approvata dal Senato con 189 voti favorevoli, dopo che già nel giugno del 2019 la legge era stata approvata anche dalla Camera.
Naturalmente non c’è nulla di strano, anzi è più che condivisibile celebrare l’eroismo e il valore del Corpo degli Alpini. Ma tra le tante date e ricorrenze possibili è semplicemente assurdo che si sia scelta quella del 26 gennaio, in ricordo della battaglia di Nikolajewka del 1943 durante la seconda guerra mondiale. In altre parole celebriamo l’eroismo di una guerra di occupazione, dell’invasione di uno stato sovrano di cui ci siamo macchiati insieme alla Germania di Hitler. Magari è semplicemente frutto dell’ignoranza dei nostri parlamentari che, per dirla alla Sgarbi, sono delle “capre” in fatto di conoscenza della storia e, di conseguenza, ignorano che quella epica battaglia che si vuole celebrare è avvenuta nel corso della campagna di Russia, l’operazione “Barbarossa”, lanciata dalla Germania nazista nel giugno 1941 e alla quale l’Italia fascista di Mussolini partecipò dal successivo luglio.
Prima con il Corpo di spedizione italiano in Russia (Csir) composto da tre divisioni, poi (dall’aprile 1942) con altri due corpi d’armata che, assieme al Csir, furono riuniti nell’Armata italiana in Russia (Armir). Complessivamente 229 mila uomini, tra cui il 4° Corpo d’armata alpino, del generale Nasci, con la 2^ Divisione alpina “Tridentina”, la 3^ Divisione alpina “Julia” e la 4^ Divisione alpina “Cuneense”. E poco conta, ovviamente, che la battaglia di Nikolajewka si sia svolta nel periodo in cui le truppe italiane e tedesche erano in ritirata, sotto il contrattacco dell’Armata Russa. Per essere ancora più chiari, l’Italia in quella operazione era l’aggressore, per capirci il Putin della situazione.
Si potrebbe sottolineare lo straordinario tempismo del Parlamento italiano che, mentre da quasi un anno è in corso la guerra in Ucraina, non trova di meglio da fare che celebrare una battaglia combattuta 80 anni fa da truppe che, in sostanza, hanno fatto la stessa cosa (cioè invadere una nazione). Soprattutto, però, ci sarebbe da considerare quella fastidiosissima carta meglio conosciuta come la Costituzione italiana. Di cui da mesi si discute, troppo spesso a sproposito, in relazione all’art. 11 che testualmente recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Non è questa la sede per imbarcarsi nella discussione che è in corso da mesi, con lo scontro tra chi sostiene che quell’articolo di fatto vieterebbe anche di aiutare (come sta facendo l’Italia insieme all’Europa) un popolo aggredito (come quello ucraino), inviandogli le armi, e chi invece è convinto che sia perfettamente lecito farlo, sempre in base a quell’articolo. Quello che è certo e su cui non ci può essere alcun dubbio, però, è che quell’articolo, quindi la nostra Costituzione, ripudia la guerra come strumento di offesa, di aggressione. E, allora, i nostri parlamentari non trovano di meglio da fare che istituire una giornata nazionale in memoria… proprio di una guerra di aggressione portata avanti dal nostro esercito, dalla nostra nazione, al fianco della Germania nazista.
E questo, per stroncare sul nascere un certo tipo di retorica nazionalista che di questi tempi imperversa, non significa in alcun modo voler sminuire il valore e l’impegno di quei poveri alpini, mandati a morire (come tutti gli altri soldati italiani) in Russia da un Mussolini succube del folle criminale nazista. Però, se giustamente si voleva trovare un modo per celebrareil valore dei nostri alpini, si poteva e si doveva scegliere un’altra ricorrenza. Anche perché di battaglie di gloriose, in difesa della patria e degne di essere ricordate, i nostri alpini ne hanno combattute innumerevoli, soprattutto nella prima guerra mondiale (la Battagli degli Altipiani, la Battaglia di Adamello, la Battaglia del Monte Corno, la Battaglia di Monte Piana, ecc.), senza dimenticare il prezioso contributo che gli stessi alpini diedero, dopo l’8 settembre 1943, alla Resistenza.
Non c’era, quindi, bisogno di puntare su un episodio che, al netto del valore e del rispetto che merita chi ha comunque combattuto, rappresenta una grave onta per il nostro paese, non certo una ricorrenza da ricordare. La scorsa primavera, dopo l’approvazione della legge, c’è chi ha parlato di operazione di revisionismo storico. Non ci stupirebbe, è un cancro che purtroppo esiste nel nostro paese dove continua ad esserci chi non rassegna e vuole riscrivere e reinterpretare in maniera fantasiosa la storia. Più probabilmente, però, siamo di fronte a qualcosa che è un misto di profonda ignoranza e di quello che Antonio Brusa (già professore delle Università di Bari e Padova, ora membro del comitato scientifico dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri) ha definito “analfabetismo funzionale storico” (che, in sintesi, significa conoscere un evento ma non capirne il significato).
E se l’associazione nazionale alpini sottolinea che quella data “oltre a ricordare l’eroismo dimostrato dal Corpo di Armata Alpino, promuove i valori che incarnano gli Alpini”, un gruppo di ufficiali alpini, dopo l’approvazione della legge che ha istituito la ricorrenza, hanno scritto al Presidente della Repubblica Mattarella per esprimere la propria contrarietà per la scelta di quella data. Che rappresenta un insulto alla memoria storica ed un inaccettabile sfregio alla Costituzione. E se, purtroppo, non si può chiedere ai nostri “impresentabili” parlamentari un minimo di preparazione storica, che conoscano e rispettino la nostra Costituzione è il minimo sindacale che si debba pretendere.