L’insopportabile ipocrisia di Infantino e della Fifa, in Qatar i mondiali della vergogna
“Oggi mi sento gay” ha dichiarato Infantino poco prima di minacciare gravi sanzioni sportive contro chi indossava la fascia arcobaleno. “Oggi mi sento lavoratore migrante” ha aggiunto, dopo aver ignorato e sottovalutato il “bagno di sangue” di lavoratori migranti
Se c’era qualche dubbio su quanto squallido e ipocrita fosse stato l’indecoroso teatrino messo in scena dal presidente della Fifa Gianni Infantino il giorno prima dell’inaugurazione dei mondiali di calcio in Qatar, la censura da parte della Fifa stessa della fascia arcobaleno con la scritta “One love” ha spazzato via ogni perplessità. Gettando ulteriori grosse ombre sulla Fifa e sui suoi impresentabili vertici (a partire dal presidente) che hanno organizzato e messo in piedi questo indegno spettacolo. Se Infantino e C. avessero conservato un briciolo di dignità, al termine della manifestazione in Qatar non dovrebbero aspettare un minuto in più per farsi da parte. Anzi, avrebbero già dovuto annunciare le proprie immediate e irrevocabili dimissioni nel post mondiali.
Una manifestazione che è già destinata a passare la storia come la più grande e incancellabile onta per il mondo e il sistema calcio, per certi versi molto più dei vergognosi mondiali del 1978 in Argentina. Un’onta indelebile la cui responsabilità, però, non è certo solo dei vertici Fifa ma anche delle principali Federazioni nazionali, alcune delle quali, proprio in occasione della vicenda della fascia proibita, hanno dimostrato la loro codardia. Erano 7 le federazioni che avevano annunciato che i rispettivi capitani avrebbero indossato la fascia arcobaleno a sostegno del movimento che difende i diritti della comunità LGBTQI+,Inghilterra, Olanda, Belgio, Danimarca, Germania, Svizzera e Galles. Ma, come scriveva Manzoni ne “I promessi sposi”, “il coraggio uno se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Così alla Fifa, quella che il giorno prima per bocca del suo presidente aveva ipocritamente manifestato sostegno a quella comunità, è bastato alzare la voce, minacciare di imporre sanzioni sportive e non più una semplice multa e quelle federazioni, con la coda tra le gambe, hanno subito fatto marcia indietro. “I nostri giocatori e allenatori sono delusi, sono forti sostenitori dell’inclusione e lo dimostreranno in altri modi” si sono pietosamente giustificate quelle 7 federazioni invece di mettere la Fifa spalle al muro, inchiodandola alle proprie responsabilità.
“Siamo un’organizzazione inclusiva che vuole mettere il calcio al servizio della società sostenendo cause buone e legittime, ma all’interno dei regolamenti” ha spiegato Infantino, proseguendo nel suo personalissimo insulso festival dell’ipocrisia inizio il giorno prima dell’inaugurazione dei mondiali. Perché proprio quell’indegna “sceneggiata”, che ha ottenuto esattamente l’effetto contrario, rende il comportamento della Fifa ancora più inaccettabile.
“Oggi mi sento qatariota, mi sento africano, mi sento arabo, mi sento gay, mi sento disabile, mi sento lavoratore migrante” ha dichiarato il numero della Fifa, a cui poi ha fatto seguito il coming out del direttore delle relazioni con i media della Fifa stessa, Bryan Svanson. “Sono seduto qui in una posizione privilegiata, su un palcoscenico globale, come uomo gay in Qatar. Abbiamo ricevuto assicurazioni che tutti sono i benvenuti e credo che tutti saranno i benvenuti in questa Coppa del Mondo” ha dichiarato Swanson. Che, come Infantino, probabilmente era distratto da altro qualche giorno prima quando l’ambasciatore ai mondiali del Qatar, Khalid Saliman, incalzato dall’emittente tedesca Zdf sul tema, definiva l’omosessualità un “danno nella mente”.
“Se noi giornalisti che eravamo in quella stanza avessimo avuto dei microfoni, lo avremmo interrotto per correggere alcune delle falsità che stava dicendo, sembrava di sentire Donald Trump – accusa il giornalista inglese Kaveh Solhekol – ha iniziato dicendo oggi mi sento gay ma lo sta dicendo in un paese dove essere gay è contro la legge”. “Infantino non sa cosa si prova ad essere gay, non sa cosa si prova ad essere disabile o africano” aggiunge Melissa Reddy di Sky Sports UK.
Soprattutto il presidente della Fifa il giorno che è arrivato in Qatar, all’aeroporto di Doha, doveva essere particolarmente distratto. Perché è praticamente l’unico a non aver visto il cartello di benvenuto in bella mostra con la lista infinita di tutte le cose che non si possono fare nel paese. Naturalmente a partire dall’essere omosessuali che, sulla base dell’articolo 296,3 del codice penale qatariota, può addirittura portare in carcere. Per altro probabilmente lo stesso Infantino e i vertici Fifa saranno sicuramente tra i pochi a non conoscere il rapporto di Amnesty International secondo cui, nei mesi e nelle settimane che hanno preceduto l’inaugurazione dei mondiali, le autorità qatariote hanno messo in atto una vera e propria “caccia all’uomo”, arrestando numerosi omosessuali e transessuali.
Per certi versi, però, l’ipocrisia più insopportabile e più vergognosa è quella che riguarda i lavoratori migranti, perché la Fifa fino al giorno prima ha sostenuto e difeso il Qatar, cercando di sminuire il “bagno di sangue” che ha macchiato l’organizzazione dei mondiali e ora non può certo ergersi a paladina di quei lavoratori ignobilmente sfruttati. “E’ offensivo che un presidente della Fifa alla vigilia della Coppa del Mondo dica di sentirsi lavoratore migrante –accusa Solhekol – quando sappiamo che molti dei lavoratori che hanno costruito gli stadi e le infrastrutture sono stati pagati appena una sterlina all’ora. Spesso per lavorare e vivere in condizioni terribili”.
“Il Qatar ha reclutato dai paesi più poveri del mondo milioni di persone che non avevano nulla e li ha portati a fare ciò che i gruppi per i diritti umani chiamano moderna schiavitù. Infantino dice che va bene così perché vengono pagati più di quanto non lo sono a casa loro. Ma questo è fuorviante, irrispettoso, offensivo e persino dannoso per chi lotta per ottenere diritti e condizioni migliori per questi lavoratori” aggiunge Melissa Reddy. Ancora più offensivo, però, è l’atteggiamento da sempre tenuto dalla Fifa di fronte al “bagno di sangue” che ha visto morire in Qatar migliaia di lavoratori impegnati nei lavori per il mondiale di calcio.
“La frequenza degli incidenti nei cantieri della Fifa è bassa rispetto ad altri grandi progetti edilizi nel resto del mondo” ha sempre sostenuto la federazione internazionale. Per la quale evidentemente 6.500 lavoratori morti è niente più che un particolare trascurabile. Invece siamo di fronte a mondiali macchiati e irrimediabilmente marchiati dal sangue. Proprio quello dei lavoratori migranti, umiliati dalle spocchiose affermazioni di Infantino, costretti a lavorare con turni infiniti, sotto il sole cocente, senza le minime condizioni di sicurezza. Secondo il “Guardian”, che ha avuto accesso ai documenti ufficiali dei governanti qatarioti, in 10 anni sono morti 6.500 lavoratori impegnati nelle costruzioni legate ai mondiali.
Un dato impressionante che, però, è arrotondato per difetto perché mancano i dati su lavoratori provenienti da alcune nazioni. A tutto ciò si aggiunge poi la persecuzione attuata nei confronti di chi ha osato protestare o anche solo provare a portare alla luce questa sconcertante carneficina e l’inaccettabile sfruttamento dei lavoratori stessi. Come Adbullah Ibhaiis, ex membro del Comitato Supremo, da anni in galera.
“Infantino dice che sarà la miglior coppa del mondo della storia – commenta amaramente Melissa Reddy – penso invece che sarà il mondiale che mostrerà quanto sia sporco il gioco del calcio”. Siamo davvero al punto più basso mai toccato dal calcio internazionale, tanto che quasi ci tocca rimpiangere Sepp Blatter. Davvero superfluo aggiungere altro…