Associazioni di studenti, sindacati e consiglieri regionali in piazza per difendere l’università pubblica e dire no a quella privata, mentre le università marchigiane bocciano la proposta della Link University e, numeri alla mano, sgretolano le giustificazioni di Acquaroli e C.
E’ sempre più sconcertante e poco chiara la vicenda intorno ai corsi di laurea in medicina e chirurgia nelle Marche per i quali l’università Link University ha ottenuto il parere favorevole della Regione. Negli ultimi giorni, dopo che la notizia era venuta fuori, si sono succeduti interventi, commenti, proteste e, soprattutto, sono emersi fatti nuovi che rendono ancora più negativo il giudizio su tutta la vicenda. Innanzitutto, se ma ci fossero stati ancora dubbi in proposito, è emerso in maniera chiara come tutti (o quasi tutti) siano contrari alla proposta della Link University, anche perché in sostanza fatti, numeri e dati hanno sgretolato le improbabili motivazioni che Acquaroli e la sua band avevano provato a costruire per cercare di dare un senso a qualcosa francamente di ingiustificabile e improponibile.
Sono assolutamente contrarie le 4 università marchigiane, il cui parere è comunque fondamentale per ottenere l’approvazione da parte dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), anche se in realtà fino a pochi giorni fa, prima di un sospetto cambio del regolamento, il parere era addirittura vincolante. Si perché in questa “meravigliosa” storia, nell’Italia governata dalla destra accade anche questo, norme e regole che in qualche modo contrastano con gli interessi della destra stessa vengono, quando va bene, cambiate, in alcune casi addirittura deliberatamente ignorate. Nel caso in questione, come ricorda il prof. Maffei, fino al 16 gennaio scorso il parere definitivo dell’Anvur sarebbe stato inevitabilmente negativo, visto che per il via libera era necessario il parere favorevole del Comitato regionale di coordinamento delle 4 università pubbliche e della Regione.
E se quest’ultimo c’era, è noto come le università pubbliche marchigiane hanno espresso parere contrario. Dal 17 gennaio, però, improvvisamente e senza alcun avviso sono state cambiate le regole e ora il parere delle università pubbliche non è più vincolante perché, negativo, l’ateneo proponente può fare delle controdeduzioni, sulla base delle quali poi l’Anvur decide. Lo citiamo spesso e in questo caso anche il prof. Maffei cita Giulio Andreotti e il suo famoso “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”… In questo caso è ancora più difficile non pensare male perché è forte ed inevitabile il sospetto che le motivazioni reali siano altre.
“E’ un debito elettorale” tuona il Pd rifacendosi ad un’inchiesta di un quotidiano maceratese che ha rilevato come la Monte finanziario europeo srl, società dei figli di Francesco Polidori (fondatore di Cepu), ha versato 100 mila euro nelle casse della Lega durante la campagna elettorale per le regionali del 2022. E Pietro Luigi Polidori, uno dei figli del fondatore del Cepu, è presidente del Cda della Link University. Come è uscita fuori la notizia il presidente Acquaroli ha subito minacciato querele, sostenendo di non aver ricevuto alcun contributo elettorale dalla Link University. Ma Pd e M5S hanno preso di mira la Lega.
“Ecco spiegato lo sfrontato ringraziamento pubblico da parte dell’ex consigliere regionale eletto nelle file della Lega e oggi europarlamentare, Mirko Carloni, giustamente e sfacciatamente riconoscente ai suoi amici rimasti in Consiglio regionale – accusa in una nota il Pd Marche – con i soldi pubblici dei marchigiani hanno saldato il conto aperto con l’università privata, finanziatrice della campagna elettorale della destra. È bastata una visura camerale e qualche minuto sul web, stavolta senza scomodare la trasmissione Report, per smascherare i motivi che stanno dietro allo stanziamento in favore della Link University: erano “debitori” di un contributo elettorale di 100.000 euro, il massimo possibile in un solo anno, e di altre donazioni in denaro”.
“Ancora una volta i soldi dei cittadini sono stati utilizzati per favorire interessi privati! Tutto lecito, per carità, ma chiediamo trasparenza e responsabilità nelle decisioni che riguardano il futuro dei nostri giovani e della nostra regione – accusa la capogruppo del M5S in Consiglio regionale Marta Ruggeri – gli ingenti finanziamenti ricevuti dalla Lega (ed in misura minore anche da altri partiti del centrodestra) da parte di persone e società riconducibili al gruppo imprenditoriale e familiare che fa capo alla Link Campus University, di cui si tratta nella stampa locale con dovizia di particolari dopo il mio intervento di martedì in Consiglio regionale che ha sollevato il tema, sono leciti e appaiono correttamente rendicontati dai partiti interessati. Detto ciò, ritengo giusto che i cittadini sappiano da dove vengono i soldi che vanno ai partiti per avere un quadro completo sulle scelte politiche che fanno i loro rappresentanti dopo essere stati eletti in seguito a costose campagne elettorali”.
Martedì 11 febbraio sono scesi in piazza studenti (Gulliver, Rete degli studenti medi, Associazione dottorandi e dottori Italia, Unione universitaria, Udu Urbino), sindacati e consiglieri regionali con un presidio davanti alla Regione per manifestare il proprio no alla Link University, alla “privatizzazione dell’università” e in difesa dell’università “pubblica, laica e solidale”. “Chiediamo al presidente Acquaroli, di fare un passo indietro rispetto al parere favorevole dato all’istituzione di Link University nelle March – spiega Sabrina Brizzola coordinatrice della lista Gulliver – questo perché crediamo fortemente che il diritto allo studio debba essere garantito a chiunque e che di università ne esiste una sola, che è quella pubblica, che promuove la formazione e la ricerca dei giovani di questo Paese. No a Link Campus perché un’università privata e for-profit non garantisce questo, queste università non hanno l’obiettivo della formazione e della ricerca, ma piuttosto quello di massimizzare il loro profitto. Le rette di quest’università per medicina e chirurgia arrivano fino a 20mila euro l’anno. Non servono alternative istituendo corsi di laurea for-profit, ma serve finanziare le università pubbliche”.
“C’è un contesto nazionale in cui vengono tagliati 700 milioni del fondo nazionale all’università pubblica – aggiunge Giuseppe Santarelli segretario regionale della Cgil Marche – con ricadute pesantissime di oltre il 3% in tutti gli atenei delle Marche: così si creano delle condizioni di concorrenza sleale tra le strutture pubbliche e quelle private”. Nella stessa giornata, i rettori delle università marchigiane ribadivano il proprio no, con il rettore della Politecnica delle Marche Gian Luca Gregori che, numeri alla mano, ha smontato la giustificazione addotta dal presidente Acquaroli e riproposta dall’assessore Saltamartini e dal commissario straordinario sisma Castelli secondo cui attualmente l’università marchigiana non è in grado di garantire un numero di medici adeguato alle necessità.
“Dall’anno del mio insediamento, 2019, ad oggi – spiega Gregori ad un quotidiano locale – i corsi di laurea in medicina sono passati da 2 a 3, più un corso in lingua inglese, con un incremento dei posti da 212 a 430. E’ anche cresciuto il numero dei corsi delle professioni sanitarie da 17 a 24, con un aumento dei posti da 807 a 1360. Le scuole di specializzazione di area sanitaria attivate dalla facoltà di medicina sono passate da 33 a 41, con gli specializzandi partiti da 603 e arrivati a 945. E 658 specializzandi sono in formazione presso le strutture sanitarie della Regione”. Tutti (o quasi) contrari, con motivazioni concrete e chiare, tutte inesorabilmente ed inequivocabilmente smontate le presunte motivazioni a supporto della scelta della Regione, non ci sono ragioni concrete per cui insistere. A meno che non si voglia fare ancora riferimento ad Andreotti…