Il triste avanspettacolo di un governo nel caos con una presidente del Consiglio in fuga


Nell’informativa al Parlamento, con la presidente del Consiglio Meloni che fugge, i ministri Nordio e Piantedosi forniscono l’ennesima versione differente e contraddittoria sulla vicenda Almasri, inesorabilmente smontata dai fatti e dalle norme in vigore

Ma in che mani siamo finiti? Qualche giorno fa il quotidiano tedesco “Suddeutsche Zeitung”, a proposito del caso Almasri,a veva definito il nostro paese “la repubblica delle banane”. Chissà come mai potrebbe definire ora un governo che, praticamente nelle stesse ore, ha messo in mostra una sottosegretaria che abbaiava (nel vero senso della parola…) in tv e due ministri che “starnazzavano” a Montecitorio, con la prima, Augusta Montaruli (per chi non lo ricordasse condannata con sentenza passata in giudicato ad 1 anno e 6 mesi per peculato per essersi fatta rimborsare impropriamente 25 mila, tra cui spese per bar, ristoranti, bar, borse, Swaroski e libri come “Mia suocera beve” e “Sexploration. Giochi proibiti per coppie”), che per certi versi è apparsa addirittura meno indecorosa degli altri due che quel penoso e vergognoso spettacolo l’hanno messo in scena nel luogo istituzionalmente più “sacro” nel quale ci si aspetterebbe ben altro tipo di decoro.

Marco Travaglio ad “Otto e mezzo” ha ironicamente parlato di una gag comica dei 2 ministri, al netto dell’argomento terribilmente e tristemente serio, degna di quella dei “Blues Brothers”- In realtà a noi, più che John Beluschi e Dan Aykroyd, ci sono sembrati Gianni e Pinotto. Mettendo da parte l’ironia e la satira, al di là dell’umiliante degrado istituzionale emerso, con quell’indecoroso spettacolo, unito alla vergognosa fuga di Giorgia Meloni, per l’occasione giustamente definita da Elly Schlein “presidente del coniglio”, il governo ha offeso e preso in giro i propri elettori e i propri più fedeli sostenitori (perché quelli della parte avversa hanno solo avuto la conferma di quello che pensano da sempre, cioè che è un esecutivo impresentabile), trattati come “decerebrati dementi” a cui c si può permettere di raccontare tutto e il contrario di tutto, tanto neppure si rendono conto di come li prendono in giro. Tanto che Gianni e Pinotto non hanno neppure avuto la decenza di mettersi d’accordo e di raccontare le stesse “favolette”, contraddicendosi l’uno con l’altro.

Così, mentre il ministro Piantedosi sosteneva di aver compreso e condiviso le pesanti accuse della Corte penale internazionale (Cpi) contro Almasri, e per questo aver chiesto l’immediato rimpatrio per motivi di sicurezza (evidentemente nell’Italia della Meloni, a parole con “tolleranza zero” contro i criminali, funziona così, quelli più pericolosi invece di tenerli in carcere li accompagniamo a casa, con tanto di volo di Stato…), il suo collega Nordio sosteneva da un lato che gli atti inviati dalla Cpi erano in inglese (e in parte in arabo), quindi difficili da capire, ma nello stesso tempo che aveva scoperto delle inesattezze in quegli stessi atti che di fatto rendevano inapplicabile il mandato di arresto. Quindi la versione ufficiale raccontata in Parlamento il 5 febbraio è questa, scarcerato per iniziativa del ministro Nordio che ha scoperto incongruenze tali da rendere nullo l’atto e rimpatriato “in fretta e furia” per motivi di sicurezza nazionale.

Ma allora,  al di là di tutte le altre considerazioni (e ce ne sono decine che smontano e rendono oltre modo ridicolo questo improbabile racconto), come direbbe Lubrano “la domanda sorge spontanea”: ma per quale dannata ragione il governo, attraverso Nordio e Piantedosi, ha aspettato ben 15 giorni prima di svelare cosa è accaduto e dopo aver raccontato versioni sempre differenti? Perché in questi 15 giorn ne abbiamo davvero ascoltate di ogni tipo, sempre differenti, quasi sempre in evidente contrasto l’una con l’altra. Lo stesso Nordio inizialmente aveva provato a giocare la carta della mancata informazione sull’arresto, provando poi a prendere tempo sostenendo che stava valutando il da farsi, purtroppo per lui proprio mentre Almasri intanto veniva liberato e messo sul volo destinazione Libia: E già questa tempistica, unite alle precedenti affermazioni del ministro della giustizia, rende per nulla credibile quanto dichiarato dallo stesso Nordio in Parlamento.

Il giorno successivo al rilascio di Almasri, a spiegare cosa era accaduto ci aveva pensato il ministro degli esteri Tajani che accusava “vizi nell’applicazione delle norme, errori da parte di chi doveva parlare con il ministro della giustizia”. Nelle stesse ore il segretario della Commissione giustizia, sen. Rastrelli (FdI) assicurava che “nessun membro del governo ha avuto alcun ruolo nel rilascio”. Il giorno successivo in Parlamento il ministro Piantedosi spiegava che la scarcerazione e il rimpatrio erano dovute a motivi di sicurezza nazionale. Il presidente della Commissione affari costituzionali, Balboni (FdI) spiegava invece che era colpa della polizia giudiziaria “che non ha avvertito preventivamente il ministro Nordio” (peccato che se fosse davvero dipeso da questo sarebbe stata sufficiente una semplice nota del ministro stesso).

Naturalmente non poteva far sentire la sua voce una delle “menti” eccelse di FdI, Giovanni Donzelli, che, con la più assoluta certezza, ha spiegato che “non è stato il governo a scarcerare Almasri ma la Cpi, Nordio non poteva fare nulla perché la Cpi non gli ha mandato i documenti”. A smentirlo, prima ancora di Nordio stesso, il capogruppo della Lega Massimiliamo Romeo che, nelle stesse ore, rivendicava con forza il ruolo del governo, plaudendo al suo operato. “Il governo ha fatto la scelta giusta – ha rivendicato – perché se non veniva rilasciato Almasri nei giorni successivi avremmo avuto l’arrivo di 500 mila immigrati, evitare l’ondata di migranti è ragion di Stato”. Tutto chiaro? Neanche per idea, il giorno successivo ecco di nuovo scendere in campo Tajani che, cambiando radicalmente versione, spiegava che il problema era dipeso dal fatto che “è arrivato un documento di 40 pagine con le accuse in inglese da tradurre, non è così semplice”.

Per il sottosegretario Galeazzo Bignami (FdI), invece, “si tratta di una valutazione di carattere politico che lo statuto della Cpi demanda ai governi, non alla magistratura che ha scarcerato Almasri”. Senza attendere l’informativa del governo di mercoledì 5 febbraio, infine, il portavoce nazionale di Forza Italia, Raffaele Nevi, il giorno precedente sentenziava: “la questione Almasri è chiara: il ministro dell’interno ha agito sulla base di valutazioni relative alla sicurezza nazionale, ritenendo che Almasri rappresentasse una minaccia”. Finalmente, poi, mercoledì l’informativa del governo, con la rivendicazione di Nordio. “Non sono il passacarte della Cpi, il mandato di arresto era pieno di incertezze, inesattezze e grossolane interpretazioni, quindi l’ho considerato nullo” ha affermato accusando l’opposizione di non aver letto e di non conoscere le carte.

Il problema, enorme, è che la verità è che è lo stesso Nordio a non conoscere le norme in proposito o a non averle applicate e, trattandosi del ministro della giustizia, è impossibile capire quale delle due ipotesi sarebbe la più grave. Perché l’art. 4 della legge 20 dicembre 2012 n. 237, “Norme per l’adeguamento alle disposizioni dello statuto di istituzione della Corte penale internazionale”, è chiarissima e non lascia spazio ad alcuna possibile interpretazione: “Il ministro della giustizia dà corso alle richieste formulate dalla Cpi, trasmettendole al procuratore generale della Corte di Appello di Roma perché vi dia esecuzione”. In altre parole il ministro non ha il compito o la facoltà di verificare gli atti della Cpi, deve solo trasmetterli alla Corte di appello. Quindi se Nordio avesse fatto quello che ha sostenuto in Parlamento 8cioè verificare il documento della Cpi), avrebbe clamorosamente violato la legge, quindi la situazione sarebbe ancora più grave.

La verità, che ormai tutti hanno capito, è che la liberazione di Almasri è stato un atto politico, di un paese sotto ricatto (non da ora…), la cui responsabilità principale è della “presidente del coniglio” Giorgia Meloni, come dimostra anche il fatto che l’aereo di Stato non sarebbe potuto decollare (da Roma per andare a Torino ad attendere la liberazione di Almasri) senza l’autorizzazione della Meloni stessa. Che ama sempre ripetere che lei è una che “ci mette sempre la faccia”, invece di fronte ad una situazione delicata come questa ha dimostrato esattamente il contrario, fuggendo e lasciando che ad esporsi (e a fare una figuraccia storica) fossero Nordio e Piantedosi. Appunto da “presidente del coniglio”…

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