“Pasticcio” Link University, la Regione scivola sulla costosissima università per pochi


Gli improbabili tentativi di giustificare l’ingiustificabile scelta della Regione e di Acquaroli spazzati via dai fatti e dalla realtà. A partire dal fatto che con una retta annuale di 20 mila euro quell’università di fatto è off limits per la maggior parte delle famiglie ascolane

Si potrebbe partire, per sottolineare quanto inopportuno sia il via libera della Regione all’università privata “Link University”, da quanto emerso in queste ore sui finanziamenti elettorali della Lega. Oppure dai problemi giudiziari che hanno riguardato l’università privata, con l’inchiesta “esami facili” che ha coinvolto una settantina di persone e ha portato al rinvio di giudizio di alcuni dei vertici dell’università stessa. Ma il miglior spot contro quella decisione sono le parole del commissario straordinario sisma Guido Castelli, scritte sulla sua pagina facebook. Perché se per sostenere una simile iniziativa non c’è altra strada che vaghe e generiche affermazioni propagandistiche, facilmente e chiaramente demolibili dalla logica dei fatti, allora è del tutto evidente che non ci sono ragioni valide e concrete per sostenere una decisione avversata dalle università marchigiane, dalle associazioni di studenti, da associazioni e da chiunque conosce un minimo la materia.

Il presidente della Regione Acquaroli – scrive l’ex sindaco di Ascoli – valutata la grave carenza di medici del nostro territorio, ha espresso parere favorevole all’istituzione ad Ascoli di un corso di medicina e chirurgia promosso dalla Link University di Roma. Ora la palla passa al ministero dell’Università per le necessarie autorizzazioni ma sono davvero soddisfatto del lavoro compiuto finora per garantire al sud delle Marche e all’ospedale “Mazzoni” una straordinaria opportunità. A beneficiare di questo progetto di portata potenzialmente storica saranno principalmente i nostri ragazzi che potranno frequentare il corso di medicina nella loro città e/o nel loro territorio. Più in generale questo investimento eviterà che centinaia giovani marchigiani (nell’anno accademico 2023/2024 sono stati circa 600) emigrino verso altre regioni, o peggio all’estero, per studiare medicina e chirurgia, magari rimanendoci per tutta la vita dopo aver completato il ciclo di studio”.

La carenza di medici nel territorio, l’università a casa per non far andar via i nostri ragazzi, il commissario straordinario sisma si appiglia a slogan propagandistici di sicuro effetto ma in questo caso improponibile e del tutto infondati. Perché non servirebbe neppure sottolinearlo, e l’ex sindaco di Ascoli è persona troppo intelligente per non capirlo, che “la grave carenza di medici del nostro territorio” non può certo essere una motivazione spendibile, visto che l’emergenza (che ha motivazioni profonde) è adesso e che, nella migliore delle ipotesi, i frutti di questa iniziativa si raccoglierebbero non prima di 6-7 anni. Per altro è a dir poco singolare che la Regione e il presidente Acquaroli quando si tratta di trovare un (improbabile) appiglio per favorire un’università privata “per pochi” si ricordino della carenza di medici nel nostro territorio che, guarda il caso, viene immediatamente dimenticata quando si tratta in concreto di programmare e di spendere fondi per far fronte a quella carenza…

Ancora più risibile e totalmente avulsa dalla realtà la motivazione secondo cui a beneficiare di questo progetto sarebbero “i nostri ragazzi  che potranno frequentare il corso di medicina nella loro città o nel loro territorio”. Anche in questo caso Castelli è politico troppo intelligente per non sapere che un’università privata così costosa non è e non sarà mai una reale opportunità per “i nostri ragazzi”, eventualmente (ma neppure tanto…) potrà esserlo per pochissimi “eletti”. Solo per la retta annuale il costo che dovrebbe affrontare una famiglia ascolana per iscrivere il proprio figlio alla facoltà di medicina della Link University ammonterebbe a 20 mila euro (per la precisione 20.050 euro, più tasse, il primo anno e 19.800 euro, sempre più tasse, negli anni successivi), un costo assolutamente fuori portata per quasi tutte le famiglie.

Siamo davvero ad una cifra fuori mercato per tanti, basterebbe pensare che, secondo gli ultimi rilevamenti, in media mantenere un figlio all’università lontano da casa costa 12-13 mila euro, praticamente quasi la metà della sola retta della Link University. Una cifra che, per le famiglie con reddito medio basso, si riduce ben più del 50% grazie alle borse di studio e ai vari supporti (come ad esempio alloggi e mensa gratuite). Per quanto riguarda le università marchigiane, ad esempio, le borse di studio riservate a chi reddito isee fino a 24 mila euro ammontano a poco più di 7 mila euro per i fuori sede, 4.100 euro per i pendolari, 2.827 per gli studenti in sede. Borse di studio di simile entità (in qualche caso addirittura anche più elevate) sono previste in Lazio, Umbria e Emilia Romagna. Anche per i redditi un po’ più alti sono previsti contributi per ridurre notevolmente i costi per alloggi e mense.

In pratica, sintetizzando, per le famiglie ascolane con redditi medio-bassi mantenere un figlio a Medicina ad Ancona, per altro in un’università pubblica molto quotata, costerebbe 4-5 mila euro all’anno, ad Ascoli con la Link University solo di retta annuale 4-5 volte di più. Considerando che anche le rette di università private molto più prestigiose (ad esempio la Cattolica ha rette che, sulla base del reddito, arrivano massimo a 10-11 mila euro, idem l’Humanitas, la Bocconi, anche se non per medicina, arriva intorno a 15-16 mila euro) sono decisamente inferiori, anche chi economicamente può permetterselo non avrebbe alcuna seria e valida motivazione per scegliere di pagare di più, per un’università decisamente meno prestigiosa. Per altro per evitare che, poi, i ragazzi del nostro territorio che studiano medicina al termine del percorso universitario emigrino ci sarebbe da affrontare il problema delle specializzazioni e, soprattutto, bisognerebbe avere delle strutture ospedaliere di ben altro livello per spingere a restare.

Se le motivazioni elencate da Castelli di fatto sono praticamente un autogol, tra i tanti pareri e le tante posizioni ascoltate in questi giorni, tutte rigorosamente e categoricamente negative (a parte quelle degli esponenti di partito della destra marchigiana), molto significativo è quello espresso dall’ex direttore sanitario Claudio Maria Maffei, le cui posizioni e pareri in tema di politica sanitaria sono sempre molto apprezzate e, soprattutto, estremamente competenti. Dopo aver sottolineato che il parere positivo della Regione è arrivato senza una seria e approfondita analisi, Maffei confuta quelle che definisce le motivazioni politiche espresse appunto da Castelli ma anche dall’assessore Saltamartini.

Per rendersi conto dell’inconsistenza e pretestuosità di queste affermazioni basta tenere presente che il problema oggi non è più nelle Marche quello di avere un maggior numero di posti a medicina (che sono aumentati come nel resto d’Italia), quanto quello di rendere attrattive le specialità carenti e le borse per la medicina generale” afferma snocciolando dati a supporto di quanto sostenuto. “Oltretutto – aggiunge poi – la qualità formativa di Medicina ad Ancona è alta, come alti sono gli standard assistenziali dell’Azienda ospedaliero universitaria sui cui insiste, livelli impossibili non dico da raggiungere, ma anche solo da avvicinare alla lontana da parte di una nuova università privata. Aggiungo che negli ospedali delle Marche che andrebbero convenzionati con la nuova università (Fano, Pesaro e Ascoli) c’è una drammatica carenza di personale e che ai medici che ci lavorano non farebbe particolarmente piacere avere in organico qualche docente universitario con un debito orario assistenziale ridotto e che magari non fa guardie e avere una folla di studenti di medicina tanto stimolanti in teoria quanto difficili da seguire in pratica.

Quanto all’idea che con la presenza della nuova università aumenterebbero a parità di costi o addirittura con costi minori quantità e qualità dell’assistenza è tra l’irrealistico e l’offensivo. Non da ultimo, poi, questi corsi si limiterebbero a trasferire da un’università pubblica ad una privata parte dei posti assegnati”. “Questa vicenda – conclude Maffei – evidenzia un rischio clamoroso di introdurre una logica di puro mercato nell’offerta formativa dei medici in Italia. Una logica tutta politica che salta tutte le questioni relative al fabbisogno di medici e alla qualità dell’offerta formativa. E salta anche qualunque considerazione sul motivo principale che deve spingere a privilegiare la formazione dei medici nelle università pubbliche: un servizio sanitario pubblico nei principi e nei meccanismi di funzionamento deve tenere quanto più possibile anche la formazione dei professionisti della sanità dentro la dimensione pubblica, da finanziare di più e far funzionare meglio”. Da sottoscrivere, parola per parola…

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