Se quello che probabilmente vivremo la prossima stagione nel calcio sarà un derby di serie C, quello sulla sanità è di categoria inferiore e di certo non avrà vincitori ma solo sconfitti (i cittadini della provincia). Convinzione confermata dalla lettura del piano aziendale
In attesa di quello calcistico che, salvo improbabili exploit o non auspicabili tonfi dell’Ascoli, tornerà dopo decenni la prossima stagione nel campionato di Lega Pro, in questi giorni sta andando in scena un penoso e imbarazzante anticipo del derby tra Ascoli e San Benedetto. Dopo una lunghissima attesa mercoledì scorso, nella sala consiliare del Comune di San Benedetto (chissà se la scelta sarà stata casuale…) è stato il nuovo atto aziendale dell’Ast di Ascoli, il documento di programmazione che dovrebbe disegnare il futuro della sanità picena e che, di fatto, rappresenta una sorta di epitaffio funebre per la stessa.
Che in realtà era già stata condannata “a morte” da qualche anno, da quando la supercazzola dell’ospedale di primo livello su due plessi è stata assimilata e accettata senza discussioni, così come tutte le pesanti penalizzazioni inflitte in questi anni dal governatore Acquaroli e dalla sua giunta regionale che ben presto hanno capito che potevano calcare la mano come volevano su un territorio abituato ad accettare supinamente le peggiori prevaricazioni e, di fatto, indifeso, con il primo cittadino del comune capoluogo (almeno ufficialmente) troppo preoccupato di difendere gli interessi del proprio partito per potersi preoccupare anche delle necessità dei propri concittadini.
Ma se nel calcio quello che vivremo la prossima stagione è comunque un derby in una categoria inferiore, la Lega Pro (la vecchia serie C), per quanto riguarda la sanità siamo addirittura in categorie inferiori ed il finale è già scritto, perderanno entrambi, soprattutto perderanno i cittadini ascolani e sambenedettesi che, comunque vada, comunque si divideranno reparti e specializzazioni si troveranno con una sanità ridotta ai minimi termini, assolutamente insufficiente. Bisognerebbe unirsi e fare fronte comune per pretendere di più e di meglio, invece ci si accapiglia per le briciole, per avere qualcosina in più in un contesto generale deprimente. Per altro c’è un aspetto cruciale che non può essere sottovalutato, il piano aziendale viene presentato e verrà approvato a pochi mesi dalle elezioni regionali, quindi è più che lecito pensare che quello che viene delineato nel piano è solo un assaggio, comunque già decisamente indigesto, perché le scelte e le decisioni più dolorose e divisive eventualmente verranno fatte successivamente, dopo le elezioni.
Come se non bastasse se dovesse essere confermata la notizia pubblicata nelle ore scorse dai quotidiani in Emilia Romagna, secondo cui l’attuale direttrice generale Natalini lascerebbe l’Ast di Ascoli per andare a guidare l’Azienda Usl e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, saremmo anche di fronte al folle paradosso che il futuro della sanità picena (il funerale della sanità picena…) è stato deciso da chi non avrà più a che fare con la nostra sanità. Un capolavoro. Andando nello specifico, al di là delle modalità di predisposizione del piano (“atto elaborato in maniera autoritaria” ha accusato il consigliere comunale Francesco Ameli sottolineando come il territorio non sia stato minimamente coinvolto e ascoltato), sono tanti gli aspetti che lasciano a dir poco perplessi.
A partire dal fatto che per certi versi l’atto aziendale sembra fatto quasi con la volontà di andare contro ogni sorta di desiderio e richiesta del territorio ma anche contro ogni sorta di logica. Così se San Benedetto da sempre ambisce (per motivi più che concreti e condivisibili) ad essere il punto di riferimento della medicina emergenziale, ecco per il nuovo piano aziendale la medicina di urgenza è destinata al “Mazzoni” di Ascoli. E se nel capoluogo piceno sono concentrate molte strutture collegate direttamente con l’oncologia, ecco che la chirurgia oncologica viene invece destinata al “Madonna del Soccorso” di San Benedetto.
Quanto al tanto dibattuto punte nascite, il documento non è chiarissimo e lascerebbe intendere una soluzione differente ma la direttrice Natalini nel corso dell’incontro con i sindaci ha assicurato che rimarranno in entrambi gli ospedali, almeno per il momento. Una precisazione che fa tutta la differenza del mondo e che lascia aperta la strada a probabili scelte differenti in un futuro molto prossimo (dopo le elezioni regionali?), soprattutto se i numeri resteranno quelli attuali dei nuovi nati nel capoluogo piceno. Non a caso sia il sindaco Fioravanti in Consiglio comunale che l’assessore Brugni presente alla Conferenza dei sindaci hanno ribadito la richiesta che nel piano venga scritto che l’attività prevalente del punto nascita sia Ascoli, provocando la reazione stizzita del sindaco di San Benedetto Spazzafumo.
Così non sarà e, anzi, la scelta che si prospetta per l’unità operativa complessa di Ostetricia e Ginecologia per logica fa pensare che, nel momento in cui bisognerà fare una scelta, a rischiare sarà il punto nascite di Ascoli, non certo quello di San Benedetto. Se il discorso relativo al punto nascite non può certo lasciar sereni, suscitano enormi perplessità anche altre scelte. Come la cancellazione dell’unità operativa semplice dipartimentale di malattie infettive, lo spostamento dell’ortopedia dal dipartimento chirurgico, la riorganizzazione in un’unica unità complessa della rianimazione (con la scomparsa del primariato ad Ascoli), per non parlare dell’accorpamento del Sert con la Psichiatria.
Difficile, poi, comprendere il senso dell’istituzione di un dipartimento ad hoc per gestire i ricoveri ospedalieri, in un territorio in cui ci sono enormi criticità i fondi e gli sforzi andrebbero concentrati su quelli, non su aspetti assolutamente marginali. “Questo atto aziendale rappresenta un passo indietro per la sanità locale, minando l’equilibrio territoriale e l’efficienza dei servizi” accusa ancora Francesco Ameli. Con tanto di beffa aggiuntiva perché ora i sindaci, a cui l’atto è stato consegnato in enorme ritardo solo qualche ora prima della Conferenza dei sindaci, avranno una settimana per elaborare osservazioni da presentare ai vertici dell’azienda.
Intanto, però, il collegio di direzione dell’Ast stessa ha già approvato l’atto aziendale, quanto meno una grave mancanza di rispetto nei confronti dei sindaci stessi e la dimostrazione di come interessino praticamente nulla le esigenze e le necessità del territorio. Che, per altro, ormai sembra rassegnato al peggio e si scalda solo per un inutile derby tra poveri che, inevitabilmente, non avrà alcun vincitore…