Non siamo noi che siamo razzisti, sono loro che hanno la pelle nera…


Secondo il libro bianco di Lunaria in 3 anni in Italia si sono verificati  1125 episodi di cronaca di razzismo, più di uno al giorno. E nei giorni scorsi episodi simili sono accaduti a Palermo, Torino e nella nostra zona. Eppure c’è chi ostina a negare che in Italia esista il razzismo…

Parafrasando una famosa battuta che diversi anni fa amava ripetere Giobbe Covatta (riferita ai meridionali) a proposito del razzismo in Italia potremmo ironicamente dire che “non siamo noi che siamo razzisti, sono loro che sono di colore”. Perché nel nostro paese purtroppo si ripetono con sinistra puntualità episodi di un certo tipo ma guai ad azzardarsi a parlare di razzismo. Secondo il sesto libro bianco di Lunaria, associazione di promozione sociale che opera dal 1992, tra il 2021 e il 2023 si sono verificati in Italia ben 1125 episodi di cronaca di razzismo, più di uno al giorno. Sono numeri impressionanti che dovrebbero far riflettere e non fingere che il problema non esiste.

Naturalmente dire che in Italia il razzismo esiste ed è un problema serio non significa affatto sostenere che tutto il paese è razzista, ma di fronte a numeri e fatti inequivocabili è puerile continuare a non volersi rendere conto che c’è una fetta consistente del paese che, inutile girarci intorno, giudica le persone in base al colore della pelle. Al punto che ormai non ci si ferma neppure di fronte a minori, a bambini e bambine di colore, oggetto anche loro di pesanti offese di stampo razzistico e di gravissime e inaccettabili discriminazioni. Perché è giusto definire con il giusto nome le cose. E spingere un/una minorenne a non scendere in campo in una partita a causa degli insulti subiti per il colore della pelle, come è accaduto nei giorni scorsi dalle nostre parti, è una gravissima discriminazione di stampo razzista.

Così come scambiare una ragazza o etichettare bambini come possibili ladri, solo perché hanno la pelle nera, sono chiare manifestazioni di come il razzismo sia purtroppo terribilmente e profondamente radicato nel nostro paese. E forse proprio per questo ogni volta che si prova ad affrontare queste tematica in molti reagiscono con palese fastidio (è sempre difficile ammettere un simile aspetto così negativo), chiudendosi a riccio per negare la realtà. Proprio per questo per certi versi bisogna in qualche modo ringraziare il “delirante” articolo, firmato da Carlo Cambi, pubblicato su “La Verità” che ancora una volta, dopo un brevissimo periodo di tregua forzata per l’oro olimpico, “spara a zero” contro Paola Egonu, presa di mira da una parte della destra proprio per aver “osato” affermare ciò che lei ha vissuto sulla propria pelle (cioè che il razzismo in Italia esiste), mettendola a confronto con l’altra giocatrice Ekaterina Antropova.

Al di là della serie impressionante di “cantonate” scritte, che dimostrano come l’autore dell’articolo non abbia alcuna conoscenza della pallavolo italiana (informarsi seriamente prima di scrivere sarebbe troppo?), tutto il senso dell’articolo è basato sul colore della pelle delle due protagoniste, bianca per l’Antropova e nero per l’Egonu. Eppure i presunti difensori dell’italianità, quelli che, per dirla alla Vannacci, sono attenti ai “tratti somatici”, a maggior ragione dovrebbero prendere le distanze dalla Antropova. Perché l’opposta che ora gioca a Firenze di certo non ha i tratti somatici tipici italiani (sempre prendendo a presto le vomitevoli teorie di Vannacci e dei suoi seguaci), in più è russa nata in Islanda ed è divenuta convocabile per la nazionale solo dal 2023 dopo che una sentenza del Tas ha stabilito che la sua nazionalità sportiva è italiana. Paola Egonu, invece, è nata e cresciuta in Italia ed è cittadina italiana a tutti gli effetti, non per sentenza sulla nazionalità sportiva.

Solo che a differenza della Antropova (che ovviamente non ha alcuna responsabilità ed è tirata dentro queste dinamiche senza alcuna colpa) ha la pelle nera. E, che si voglia ammettere o no, purtroppo ancora questa è una cosa che nel nostro paese, in una parte del nostro paese, fa la differenza. Come purtroppo hanno potuto constare, solo limitandoci all’ultima settimana, alcuni bambini e bambine di una scuola elementare di Palermo, la primatista italiana del lancio del peso, quel giocatore/trice minorenne sopra citato nella nostra zona o la bimba di 11 anni (che, speriamo per lei, probabilmente non avrà avuto neppure modo di rendersene conto) salvata in mare dopo oltre 2 giorni dal naufragio costato la vita ad almeno una quarantina di migranti.

Perché ci dicono queste cose?” ha ripetuto in lacrime una bambina di colore di una quinta classe elementare di un istituto scolastico di Palermo dopo aver subito, insieme ad altri bambini e bambine di colore, pesanti insulti razzisti nel corso di un’iniziativa di raccolta fondi, organizzata dalla scuola, davanti ad una libreria del centro storico di Palermo. A prenderli di mira non facinorosi ultras, neppure pericolosi estremisti di destra ma semplici passanti, uomini e donne di mezza età che hanno infierito contro quei bambini solo per il colore della loro pelle. “Una signora anziana ci ha chiesto quanto fosse fastidioso avere bambini di colore in classe e se quelli bianchi non fossero meglio” ha raffermato incredula e sgomenta una maestra, mentre la direttrice della libreria, visibilmente adirata, ha raccontato che addirittura un passante sarebbe entrato nella libreria per mettere in allerta un impiegato della libreria stessa del rischio di un furto, vista la presenza di bambini di colore. Già perché nella civilissima Italia, dove è sconveniente parlare di razzismo, per tante, troppe persone l’accostamento tra persona di colore, grande o piccola che sia, e ladro è praticamente automatico.

Ne sa qualcosa Daisy Oyemwenosa Osakue, giovane campionessa del lancio del disco e primatista italiana di specialità, protagonista nel fine settimana di una brutta avventura in un centro commerciale al centro di Torino. Aveva preso un adattatore per il telefono e stava scendendo al primo piano per fare ulteriori acquisti e andare alla cassa (che non c’era nel piano superiore), come tanti clienti presenti a quell’ora. E’ stata bloccata da un addetto alla sicurezza che, chissà per quale motivo, ha pensato che fosse una ladra.“Stai facendo una figuraccia, hai fermato l’unico militare di colore e l’hai fermato perché credevi che stessi rubando” ha replicato con orgoglio l’atleta italiana mostrando il tesserino della guardia di finanza a cui appartiene.

E’ il preconcetto che nasce dalla diffidenza nei confronti della diversità, il “radical profiling” resta diffuso, non si basa su fatti ma su preconcetti” ha poi affermato l’Osakue che ha anche confessato di essersi senti “umiliata, a disagio, piccola piccola”. E’, invece, impossibile anche solo immaginare lontanamente come possa essersi sentito/a il giocatore/trice minorenne d colore vittima di pesanti insulti razzisti dai tifosi della squadra di casa, tanto da spingerlo/a a non scendere neppure in campo per la partita che avrebbe dovuto giocare, nell’indifferenza della squadra di casa (tecnici e dirigenti) e dello stesso direttore di gara. E’ accaduto dalle nostre parti, nella nostra provincia, in quale disciplina sportiva e di quali società si tratta non è importante renderlo noto, è il quadro generale sconcertante che è giusto portare alla luce.

Anche perché la vicenda di fatto è stata oscurata ed è venuta a galla solo casualmente, dalla lettura dei provvedimenti adottati dal giudice sportivo. Che non lasciano dubbi su quanto accaduto, con la società di casa sanzionata (si fa per dire, appena 100 euro di multa e una diffida per il dirigente incaricato…) per “comportamento gravemente offensivo a sfondo razziale nei confronti di un’atleta della squadra avversaria che a seguito degli insulti non ha più partecipato alla gara”, con la sottolineatura circa “il mancato intervento per interrompere gli insulti razziali”. Di fronte a simili episodi, di fronte al fatto che non vengono risparmiati neppure i più piccoli, che non ci si ferma neppure di fronte a tragedie come l’ultima avvenuta in mare e che, anzi, quasi ci si rammarica perché è stata salvata dopo 2 giorni una bambina di 11 anni, di fronte ai dati inequivocabili citati sopra chi continua a fingere che tutto ciò non esista non è poi tanto diverso da chi concretamente mette in atto simili comportamenti.

Smettete di fare finta di non essere razzisti” c’è scritto in un famoso manifesto esposto nel corso di una manifestazione e divenuto poi la copertina del Sesto libro bianco di Lunaria. Si può continuare quanto si vuole a negare l’evidenza e la realtà, ma il dato di fatto incontrovertibile è che nel nostro paese il razzismo è presente e fortemente radicato, per certi versi anche più di prima. E continuare a fingere di ignorarlo non fa altro che alimentarlo ulteriormente…

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