La sanità in Italia: in picchiata quella pubblica, “a gonfie vele” quella privata
Il caso di Gemmato, sottosegretario alla salute del governo Meloni e socio di una società che gestisce ambulatori privati, fa sorgere il fondato dubbio che la distruzione del sistema sanitario pubblico possa essere frutto di una scelta politica e non di incapacità
Chissà se i fratellini d’Italia e gli altri esponenti e sostenitori del governo di destra marchigiani ricorderanno le loro feroci battaglie nel 2019 contro il governatore marchigiano Ceriscioli, dopo che avevano scoperto (sono dati pubblici…) che la sua campagna elettorale per le regionali aveva ricevuto un contributo economico da un paio di imprenditori che operavano nel campo della sanità privata. All’epoca avevano fatto “fuoco e fiamme” sostenendo che era l’allora governatore spingeva per la sanità priva a discapito di quella pubblica, chiedendo non solo che Ceriscioli non si occupasse di sanità ma addirittura che si dimettesse da presidente della Regione Marche.
E’ sin troppo facile riconoscere che in effetti quei contributi provenienti dalla sanità privata potevano e dovevano essere evitati, ancora più semplice, però, sottolineare come rispetto ad allora nella nostra regione la situazione sia notevolmente e clamorosamente peggiorata, con la sanità privata incredibilmente avvantaggiata, volutamente o casualmente che sia, dalle scelte dell’attuale governo regionale. Ma, al di là della situazione sempre più sconfortante della nostra regione, per serietà e coerenza ci saremmo aspettati dalla destra marchigiana, memore di quelle battaglie contro Ceriscioli, una vera e propria sollevazione contro la presenza nel governo dell’attuale sottosegretario alla salute Marcello Gemmato, anche lui di Fratelli d’Italia e uomo fidato di Giorgia Meloni.
Perché Gemmato è socio di una società, Therapia srl, che gestisce diversi ambulatori privati in Puglia e già solamente avrebbe dovuto essere sufficiente e avrebbe dovuto consigliare alla Meloni di non attribuirgli quell’incarico istituzionale. Ma, come se non fosse già sufficiente, a rendere ancor più inaccettabile e surreale la situazione e la campagna promozionale avviata nei giorni scorsi da quella società sul proprio sito internet. “Noi ci prendiamo cura di voi – si legge – è possibile effettuare in loco accertamenti diagnostici ed avere così un quadro completo della situazione clinica. Senza i lunghi tempi del servizio sanitario pubblico”.
Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro ma, per chi finge di non capire, facciamo una breve sintesi. La società di cui è socio l’esponente di Fratelli d’Italia sfrutta e cerca (i dati dicono che fino ad ora ci è riuscita perfettamente, visto che gli introiti sono in continua crescita) di ottenere dei grossi vantaggi dalle inefficienze di quella sanità pubblica che, in parte, è gestita proprio dal loro socio. In qualsiasi paese civile al mondo un minuto dopo la pubblicazione di quella promozione il sottosegretario si sarebbe dimesso (o l’avrebbero fatto dimettere). Anzi, in qualsiasi paese civile al mondo uno nella situazione Gemmato non lo avrebbero mai messo a fare il sottosegretario alla salute.
“Lo spot della clinica privata, di cui il sottosegretario Gemmato è socio, è un insulto ai quei 4,5 milioni di italiani che hanno già rinunciato a curarsi proprio a causa di quelle liste d’attesa che la clinica promette di far saltare – accusa Elly Schlein – ormai è chiaro, anche l’eliminazione dalla manovra del piano di assunzioni straordinario che avevano promesso è un modo per favorire la sanità privata, la loro sanità privata. È assolutamente evidente che un sottosegretario alla salute con un palese conflitto di interessi non possa rimanere un minuto di più in quel ruolo. Piuttosto Giorgia Meloni chiarisca come abbia potuto nominare in un ruolo così delicato, di amministrazione della sanità pubblica, una persona così già tanto esposta nel settore della sanità privata”.
In realtà i fatti e i dati di questi 2 anni di governo della destra alimentano il sospetto che non sia un problema di superficialità o di incapacità di scegliere la classe dirigente ma, più semplicemente, una precisa strategia politica. Perché i numeri non lasciano spazio a dubbi interpretazioni e tutte le ricerche, i report, gli studi, le analisi confermano inequivocabilmente come la sanità privata in Italia in questi 2 anni sia cresciuta a dismisura di pari passo con il consistente peggioramento della sanità pubblica. Il rapporto Gimbe di qualche settimana fa, ad esempio, certifica il clamoroso aumento della spesa privata (+10,3%), cioè la spesa sanitaria a carico delle famiglie. Soprattutto, però, il report dell’Area Studi del gruppo Mediobanca certifica il momento d’oro della sanità privata, con la continua e consistente crescita dei ricavi per gli imprenditori del settore della sanità privati.
Che negli ultimi due anni (da quando la Meloni è al governo hanno visto salire i propri ricavi fino a toccare i 12 miliardi di euro, con rispettivamente un +8,7 e un +6% negli ultimi due anni, con previsioni simili se non addirittura più ottimistiche per il 2024. Un aumento che è determinato in minima parte (meno del 2% in più) dalla cosiddetta sanità convenzionata, cioè le prestazioni sanitarie svolte da strutture private ma rimborsate dalle Regioni (ovviamente con fondi pubblici). In questo senso le Marche sono uno degli esempi maggiormente negativi, visto che, ad esempio, la nostra regione, per gli evidenti limiti e per il collasso sempre più evidente della sanità pubblica, ha delegato alla sanità privata quasi il 50% del recupero delle prestazioni non effettuate nel periodo del covid.
Ma la parte più consistente di crescita si registra nel cosiddetto “out of pocket”, cioè visite e interventi interamente pagati dai pazienti, naturalmente quelli che possono permetterselo, che negli ultimi due anni supera stabilmente i 40 miliardi di euro, un vero e proprio record. E con l’altra faccia della medaglia che è rappresentata da un ulteriore record, quello del numero di cittadini che rinunciano alle cure, ben 4,5 milioni, per le liste di attesa interminabili e la conseguente impossibilità di pagare determinate prestazioni sanitarie. Ed il nesso tra tempi di attesa, per ogni genere di prestazione sanitaria, e conseguente crescita della sanità privata è sin troppo evidente. Anche in questo caso i dati parlano chiaro, negli ultimi due anni i tempi di attesa sono generalmente e complessivamente peggiorati clamorosamente ovunque, nonostante i proclami del governo.
E quel peggioramento ha favorito in maniera impressionante la sanità privata. Che sia accaduto per incompetenza o per scelta politica del governo poco cambia, ciò che conta è la situazione che si è generata. Determinata anche dal fatto che, a differenza della sterile e impacciata propaganda del governo Meloni, la spesa per la sanità non è affatto aumentata, anzi. Le cifre “sparate” in queste settimane dalla presidente del Consiglio e dagli esponenti di governo e maggioranza non hanno alcun senso, anche un bambino è consapevole che l’entità reale della spesa sanitaria si misura in relazione e in rapporto al pil. Che non aumenta, anzi è scesa al 6,2% ben al di sotto della media Ocse del 6,9% e della media dell’Unione europea del 6,8%. E per certi versi l’imbarazzante “figuraccia” rimediata dalla Meloni qualche sera fa da Bruno Vespa è la migliore e più sconfortante fotografia della situazione. “Sto sbagliando tutti i conti, ho fatto un casino” ha esclamato alla fine la presidente del Consiglio dopo aver sparato cifre senza senso.
Capita, quando si deve continuamente inventare una realtà virtuale che non esiste. Il vero problema, però, è che “il casino” reale e più sconcertante la Meloni e il suo governo lo stanno facendo con la sanità pubblica…