La strategia del fango tra “sciacallaggio” e stravolgimento dei fatti


Mentre in Emilia Romagna erano ancora in corso i soccorsi per alluvioni e allagamenti, esponenti del governo e della maggioranza hanno montato una vergognosa campagna di fango contro gli avversari politici, fingendo di dimenticare le proprie gravi responsabilità

Partiamo da un presupposto e da un principio generale. Se anche ci fosse una qualche motivazione concreta, sarebbe comunque da “sciacalli” scatenare il putiferio nei confronti degli avversari politici sfruttando una grave emergenza in atto che sta mettendo a rischio la vita o comunque sta provocando pesantissimi danni e disagi a migliaia di cittadini e centinaia di aziende. Ed è già sufficiente questa semplice considerazione per definire il comportamento e la totale assenza del necessario rispetto delle istituzioni del governo (in particolare di alcuni suoi ministri e viceministri) e dei suoi fedeli cantori (i soliti “giornalacci” di destra) nei giorni scorsi, mentre l’Emilia Romagna (ma anche una parte delle Marche) era di nuovo alle prese con i gravi problemi provocati dal maltempo e dalle conseguenti allagamenti.

Se poi, come nel caso in questione, chi accusa e monta questa vergognosa campagna di fango nel pieno dell’emergenza ha addirittura gravi ed evidenti responsabilità, allora siamo davvero oltre ogni limite dell’indecenza. Per questo, ora che il maltempo ha dato una tregua ed è il momento di iniziare a tirare le somme, è fondamentale, in un paese in cui la memoria è un fastidioso optional e dove purtroppo ormai la propaganda non si ferma davanti a nulla e ha la priorità anche rispetto alla solidarietà e all’imprescindibile rispetto delle vittime di determinate tragedie, riavvolgere il nastro e ricordare quanto accaduto in passato. Siamo nel maggio 2023 con l’Emilia Romagna messa al tappeto da un doppio evento alluvionale che coinvolge 48 comuni romagnoli, con la provincia di Ravenna che risulta la più colpita, anche se gravi problemi e danni vengono riscontrati anche nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Rimini, Forlì Cesena. Complessivamente le forti piogge hanno fatto straripare 23 corsi d’acqua, nel territorio si sono verificati 250 dissesti e frane.

La regione è in ginocchio, ci sono danni gravi alle infrastrutture che coinvolgono le ferrovie, l’autostrada e le strade statali e provinciali. Per non parlare dei migliaia di sfollati e delle tante attività e aziende messe ko. Mentre sono ancora in corso i primi soccorsi per i quali, come accade sempre in queste circostanze, si è mobilitato tutto il paese, c’è la necessità di nominare immediatamente il commissario straordinario per l’emergenza e la ricostruzione. Appare scontato, oltre che logico, che il governo nomini il presidente della Regione Stefano Bonaccini, è sempre avvenuto così in circostanze come queste. Ma questa volta al governo del paese c’è la destra che ha già mostrato di essere rancorosa e di mettere al primo posto il proprio tornaconto e la propaganda rispetto ai legittimi interessi e alle più concrete necessità dei cittadini. In realtà, secondo quanto emerge dalle cronache di palazzo Chigi, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sembra orientata a fare la scelta più logica e naturale, cioè il governatore Bonaccini. Ma deve scontrarsi con la feroce e irremovibile opposizione del vicepresidente Salvini e del suo partito, la Lega.

Per il leader del Carroccio Bonaccini è uno dei suoi peggiori nemici, nel suo momento migliore, quando la Lega volava oltre il 30%, Salvini aveva accarezzato il sogno, che sembrava a portata di mano, di strappare l’Emilia Romagna e infliggere un colpo “mortale” alla sinistra. Invece Bonaccini lo aveva riportato alla realtà e da quel momento è iniziato per lui un lento ma inesorabile declino. Così, nonostante l’urgenza di avere al più presto il commissario, la Meloni prende tempo, il territorio non può attendere ma il governo è indeciso se seguire la logica (mostrando il minimo sindacale di rispetto delle istituzioni) o la propaganda. Scendono in campo anche i governatori di destra delle altre regioni per spingere la presidente del Consiglio a fare l’unica scelta possibile, nominare Bonaccini commissario.

Sono scelte che competono al Consiglio dei ministri ma è sempre accaduto che lo fanno i presidenti di Regioni – sottolineava il governatore del Veneto Zaia (Lega) – il presidente di Regione ha la delega sulla protezione civile e potere concorrente su infrastrutture, trasporti, politiche energetiche, conosce il territorio. Nominare commissario qualcun altro rappresenterebbe una complicazione e rischierebbe di provocare gravi ritardi”. “La cosa più logica è che sia Bonaccini ad occuparsene – aggiungeva il governatore della Calabria Occhiuto (Forza Italia) – è dimostrato che le cose hanno funzionato meglio quando sono stati nominati come commissari i presidente di Regione. In caso contrario c’è il rischio di problemi e ritardi”. Sulla stessa linea e appelli a nominare Bonaccini anche da Fontana (Lombardia – Lega), Cirio (Piemonte – Forza Italia), Rocca (Lazio – Fratelli d’Italia).

Passano i giorni, la Meloni non decide ma anche una parte del suo partito, Fratelli d’Italia, spinge per boicottare Bonaccini, fregandosene degli interessi e delle necessità degli emiliani e dei romagnoli. E alla fine, dopo oltre un mese, la presidente del Consiglio sceglie, tanto per cambiare, di seguire i peggiori richiami della sua parte politica, “in barba” al buonsenso, alla logica, al decoro che è richiesto a chi riveste determinate cariche istituzionali, soprattutto alle esigenze dei cittadini colpiti da quegli eventi. Il generale Figliuolo ha gestito più che discretamente la campagna di vaccinazione per il covid ma non bisogna essere dei fini analisti o dei particolari geni per comprendere che siamo di fronte a tutt’altro impegno. Così più passano i mesi più sono evidenti le conseguenze di quella discutibile scelta tra ritardi e disagi crescenti, la confusione che regna sovrana, al punto che anche qualche giornale di destra inizia a denunciare apertamente “il megaflop del generale Figliuolo”, con in aggiunta il fatto che i fondi promessi dal governo in Emilia Romagna arrivano a singhiozzo (e in misura decisamente minore rispetto a quanto annunciato).

Situazione per certi versi simile anche nelle Marche, dove dai territorio colpiti a loro volta da precedenti alluvioni monta la protesta perché gli aiuti promessi e i fondi a parole stanziate dal governo in concreto non si vedono (o si vedono in misura estremamente ridotta). In un simile quadro l’indecente e vergognoso “sciacallaggio” messo in atto da esponenti del governo e della maggioranza è ancora più disgustoso, per per non parlare del fatto che la presidente del Consiglio Meloni non si è sentita neppure in dovere di esprimere la solidarietà alle popolazioni emiliano e romagnole colpite dall’alluvione e, come al solito, ci ha dovuto pensare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sempre più unica istituzione in cui tutti gli italiani possono riconoscersi, a far sentire a quei cittadini, a quei territorio la vicinanza dello Stato.

Stanno utilizzando questa emergenza per le prossime elezioni regionali e per la solita bieca propaganda, per cercare di lucrare qualche voto in più. Io ho avuto a che fare con 6 governi diversi e mai mi è capitato che un ministro, mentre sono in corso i soccorsi, fa una conferenza stampa per attaccare gli amministratori locali. Se andate a chiedere se qua sono arrivati i ristori scoprirete che qua non è arrivato nulla. Perché non hanno fatto me commissario? Musumeci chieda al commissario che hanno nominato, provi a chiedere quanti progetti della struttura commissariale sono stati realizzati. Quelli della Regione tutti” replica comprensibilmente stizzito Stefano Bonaccini.

D’altra parte la realtà è sotto gli occhi di tutti (almeno di chi non vuole chiuderli). Nonostante i continui proclami dei suoi fedeli cantori, che raccontano di un consenso sempre più elevato da parte dei cittadini, il governo in realtà è in grande difficoltà. Per quanto possano contare, gli ultimi sondaggi sono sin troppo eloquenti. Secondo quello realizzato da Tecnè la fiducia degli italiani nei confronti dell’esecutivo è per la prima volta scesa sotto il 40%, con il 54% dei cittadini che dichiara di non avere alcuna fiducia nei confronti della Meloni e del suo governo. Secondo quello realizzato da Eumetra, invece, meno di un terzo degli italiani (il 29%) danno un voto positivo all’attuale governo che ottiene voti negativi dal 67% degli intervistati.

Per altro all’orizzonte ci sono le elezioni in tre regioni, con lo spettro di un pesantissimo “cappotto”. Che sarebbe un durissimo colpo perché, se l’Emilia Romagna è tornato ad essere un fortino inespugnabile, perdere Liguria e Umbria, attualmente governate dalla destra, sarebbe uno smacco. E allora si utilizzano le uniche armi che questa destra ha a disposizione, senza farsi scrupoli e senza neppure vergognarsi di passare per “sciacalli”, come in questo caso, o anche di imbarcare qualsiasi personaggio, pur se discusso e discutibile, che possa portare qualche voto in più (come Bandecchi in Umbria)

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