Dopo i deliri e le farneticazioni sulla cerimonia inaugurale, la vergognosa campagna di insulti e invenzioni contro la pugile algerina Imane Khelif. Con i soliti deliri sul gender e sull’ideologia woke che, però, in questo caso non c’entrano assolutamente nulla…
Ci sono momenti e giorni in cui è praticamente impossibile non vergognarsi del proprio paese. Era già accaduto dopo l’inaugurazione delle Olimpiadi, di fronte ai “deliri” di chi riteneva un’offesa alla religione la presunta parodia del capolavoro di Leonardo Da Vinci “L’ultima cena”, nonostante il Comitato olimpico nel corso della manifestazione stessa avesse espressamente detto che non c’era alcun riferimento all’opera di Leonardo ma, più semplicemente, al dio greco Dioniso. Ancor più di fronte alle allucinazioni di chi, scambiando una nota scultura raffigurante un toro e un cervo per un vitello d’oro, addirittura denunciava derive “sataniste”. In quel momento si pensava che avessimo toccato il fondo, purtroppo nei giorni scorsi abbiamo dovuto constatare che siamo in grado di fare molto peggio.
Come ad esempio coprire di insulti e offese, costruendole intorno vergognose invenzioni e sconcertanti “bufale”, un’atleta algerina “colpevole” di essere nata donna ma con caratteristiche dell’altro sesso. Si chiama intersessualità (intersex), è qualcosa di genetico, di naturale, non costruito, che viene spiegato così dall’Istituto superiore della sanità, “la definizione intersex include tutte le variazioni innate, ovvero presenti fin dalla nascita, nelle caratteristiche del sesso”, sottolineando poi come tali variazioni possono riguardare i cromosomi sessuali, gli ormoni sessuali, i genitali esterni o le componenti interne dell’apparato riproduttivo”. In altre parole si parla di intersessualità quando uomini o donne nascono con caratteristiche, primarie o secondarie, dell’altro sesso. L’intersessualità non è qualcosa di acquisibile ma, al contrario, di assolutamente naturale, ci si nasce.
Quindi non c’entra nulla ed è una vergognosa buffonata parlare di gender, così come tirare in ballo l’ideologia woke è una folle farneticazione. Ed è bene sottolineare ancora, visto che c’è continua a far finta di non capire, che Imane Khelif non è affatto un trans, tanto meno è un uomo, non ha mai avviato alcun percorso di transizione, è nata donna, è ancora oggi una donna con problematiche del tutto naturali e comuni ad una percentuale sia pure minima di donne. E i termini intersex e iperandrogina attinenti alla sua situazione non sono “bestemmie” o invenzioni dei satanisti del gender ma comuni termini scientifici utilizzati per descrivere situazioni del tutto e completamente naturali. Certo, possiamo capire che i fanatici difensori della normalità, quelli secondo cui esistono in natura, o meglio sono certi che Dio ha creato l’uomo e la donna ben distinti e senza possibilità di confusione di ruoli e di genere, non possano accettare questa dura realtà, debbano “per fede” continuare a proporre la “bufala” del gender e dell’uomo che si sente donna (ma resta uomo) perché dover ammettere e accettare che possano esistere in natura simili situazioni, come quella di Imane Khelif, significherebbe dover rimettere tutto in discussione.
Perché, è del tutto evidente, se fosse vero che Dio o chi per lui ha voluto creare l’uomo e la donna così distinti e ben differenziati come si spiegherebbe, poi, che invece esistono casi del genere? Allo stesso modo è bene ricordare a chi continua a farneticare che Imane Khelif ha iniziato a fare boxe in Algeria sin da bambina e molto presto nel suo paese ha iniziato a partecipare alle competizioni sportive ovviamente tra le donne. Tra l’altro bisognerebbe ricordare alla schiera di “ignoranti” di casa nostra (con in testa diversi rappresentanti del governo e della destra che è al governo) che in Algeria non è in alcun modo ammesso che un uomo possa intraprendere il percorso per diventare donna, né tanto meno che un uomo che si percepisce come donna possa ufficialmente, sui documenti di identità, anche solo pensare di mettere il proprio nome al femminile.
Non è un particolare di poco conto, su queste cose in Algeria non si scherza, si rischia il carcere e la pesante persecuzione, figuriamoci quindi se fosse mai possibile che ad una persona del genere possa essere dato l’onore di rappresentare il proprio paese in competizioni internazionali così importanti. Questo per ribadire quanto fosse folle e fuorviante anche solo pensare che Imane Khelif fosse un trans o un uomo che si percepisce donna, come invece è stato sostenuto e, in alcuni casi, si continua testardamente a sostenere. Ed è inaccettabile che importanti rappresentanti istituzionali mentano sapendo bene di mentire o, nella migliore delle ipotesi, siano così ignoranti da non sapere certe cose (ma allora sarebbe opportuno che tacciano). Tornando alla pugile algerina non ha certo avuto una carriera sfavillante, da dominatrice, visto che nelle diverse competizioni a cui ha partecipato non si è neppure avvicinata ai primi posti, subendo numerose sconfitte. Aveva anche partecipato ai giochi olimpici di Tokyo, perdendo ai quarti di finale (in pratica al secondo turno) in maniera molto netta.
Quindi anche la “favoletta” della prima volta che accade una cosa del genere alle Olimpiadi, raccontata per denigrare ulteriormente le Olimpiadi francesi, è una palese bufala. Così come è molto importante ricordare che ovviamente la sua particolare condizione “naturale” era ampiamente nota anche a Tokyo ma non se ne è neppure discusso. In questi anni tra le due Olimpiadi Imane Khelif ha continuato a partecipare a competizioni internazionali, disputando ufficialmente 15 incontri e perdendone 5, uno score sufficiente ma di certo non così esaltante. E in tutti questi incontri non si ricordano situazioni particolari, pugile avversarie che siano uscite in qualche modo malconce o che si siano lamentate per una specifica forza troppo superiore della pugile algerina. Poi lo scorso anno a sorpresa era stata esclusa dai mondiali di boxe perché secondo l’International Boxing Association (Iba) dai risultati delle analisi erano risultati presenti cromosomi XY (quindi maschili).
Successivamente, però, il Cio rettificò quella comunicazione parlando di livelli di testosterone oltre i limiti, sollevando non pochi dubbi sulla procedura dell’Iba definita “arbitraria” e presa solo dal segretario generale e dall’amministratore delegato (finiti poi entrambi nell’occhio del ciclone perché accusati di scandali e corruzione). Per le Olimpiadi naturalmente a decidere è il Cio che da sempre utilizza determinati criteri di ammissibilità, frutto di un decennale confronto con atleti, esperti e organizzazioni. Senza entrare troppo nel dettaglio c’è un limite al testosterone oltre il quale automaticamente scatta l’inammissibilità (e secondo quanto spiegato dagli esperti se l’eventuale percorso di transizione uomo-donna inizia dopo l’adolescenza automaticamente è impossibile non superare quei limiti).
“Chiunque competa nella categoria donne rispetta i criteri di ammissibilità” ha ribadito ad inizio Olimpiadi il Cio. “Imane Khelif ha superato tutte le verifiche ormonali e scientifiche, quindi può gareggiare da donna” ha ribadito il presidente del Coni Malagò. Quindi il discorso è ampiamente chiuso, anzi, non doveva neppure aprirsi. Poi naturalmente è lecito e per certi versi interrogarsi su quel regolamento, in altre parole si può (anzi si deve) discutere di questioni regolamentari. Ma è del tutto evidente che il vero obiettivo di alcuni rappresentanti di governo e di una parte della destra italiana (giornali compresi) non è certo il regolamento e l’etica sportiva quanto quello di screditare i giochi francesi. E per farlo non si fanno scrupolo di passare sopra, di calpestare la dignità delle persone, di umiliare e insultare chi non c’entra nulla, raccontando impunemente inaccettabili “bufale”.
Perché quelle raccontate dal vicepresidente del Consiglio Salvini (“che un uomo combatta contro una donna mi sembra poco olimpico”) e dalla ministra Roccella (“desta grande preoccupazione sapere che in gare di pugilato femminile siano state ammessi due uomini che si identificano come donne”) sono gravissime menzogne, indegne per chi riveste determinati importanti ruoli istituzionali, che in un paese civile dovrebbero portare immediatamente alle dimissioni. Allora non possiamo non provare vergogna per essere purtroppo rappresentati da simili personaggi che, per i loro biechi motivi di propaganda, non si fanno scrupolo di umiliare e mancare di rispetto non solo alla pugile algerina ma anche alla pugile italiana. Perché per certi versi anche Angela Carini è una vittima, non meritava di subire simili pressioni, aveva diritto ad affrontare con la giusta serenità e il giusto spirito l’appuntamento olimpico e quel “non volevano che combattessi” che si è lasciata sfuggire dopo aver abbandonato il ring è quanto mai significativo.
La pugile italiana merita in massimo rispetto (che significa anche non trasformarla poi in un “burrattino” da esporre per motivi propagandistici…) per la scelta che ha preso sul ring, nessuno può sindacare una simile decisione. Stona, però, il fatto che si sia rifiutata di stringere la mano all’avversaria, un gesto antisportivo che non è giustificabile. Ancor più, però, stona il fatto che poi il suo allenatore ha svelato che la pugile italiana e la pugile algerina si sono più volte allenate insieme, non ultima prima delle Olimpiadi a Perugia. Davvero superfluo aggiungere altro…