Dopo aver annunciato che non era stato trovato alcun documento che attestava l’origine ascolana dell’antenato di Russel Crowe, l’Archivio di Stato era vergognosamente finito nella bufera. Ora, però, lo stesso “gladiatore” ha ammesso che il suo avo Luigi Ghezzi è nato a Parma…
Ma a qualcuno sarà venuto in mente che forse sarebbe il caso di chiedere scusa agli addetti dell’Archivio di Stato di Ascoli, oggetto nei mesi scorso di sconcertanti critiche e vergognosi e inaccettabili insulti solo perché avevano svolto, con la solita scrupolosa attenzione, il proprio lavoro? Per chi conosce la loro professionalità e la loro serietà non ce ne era bisogno, per tutti gli altri ora invece è arrivata l’inequivocabile conferma che non esiste alcun avo ascolano di Russel Crowe. Lo ha ribadito lo stesso attore neozelandese nel corso dei suoi concerti a Piacenza, a Varese e la sera scorsa anche a Siena. “Il mio antenato italiano Luigi Ghezzi partì dall’Italia nel 1850. Nacque a Parma, partì e non tornò più. Stasera sono io che sono tornato a casa. Stasera sono italiano” ha ripetuto in quelle piazze il “gladiatore”.
Che, pure, a Sanremo (quando ancora erano in corso le ricerche storiche sulle origini italiane del suo antenato), anche in considerazione delle pressioni effettuate dal sindaco Fioravanti (che si era presentato in Liguria con tanto di immancabile vassoio di olive ascolane per accoglierlo), in qualche modo aveva sposato la tesi delle origini ascolane del suo avo. Che, però, poi non erano state confermate dalla meticolosa ricerca dell’Archivio di Stato di Ascoli, mentre quello di Parma aveva trovato riscontri e certificato la nascita nella città emiliana dell’avo di Russel Crowe Luigi Ghezzi.
“Facciamo chiarezza sulla vicenda Russel Crowe. L’Archivio di Stato di Ascoli Piceno, ufficio periferico del Ministero della Cultura dotato di autonomia tecnico-scientifica, nello svolgere le ordinarie funzioni di tutela e valorizzazione dei beni archivistici volte ad assicurarne la pubblica fruizione, in seguito alle ricerche effettuate nei giorni scorsi, non ha trovato alcun documento attestante l’origine ascolana di Luigi Ghezzi, antenato del noto attore neozelandese. Ricerche che hanno preso le mosse a seguito delle numerose richieste pervenute all’Istituto da parte di ampia e variegata utenza interessata a tale indagine e che si sono di fatto concluse nel tardo pomeriggio di ieri con la pubblicazione da parte di un ricercatore piceno della notizia del ritrovamento, presso l’Archivio di Stato di Parma, del certificato di nascita del suddetto” aveva annunciato con un post sui social l’Archivio di Stato ascolano.
Che, poi, aveva anche pubblicato sui social il resoconto delle ricerche effettuate dall’Istituto che, appunto, non confermavano in alcun modo che Luigi Ghezzi fosse nato ad Ascoli. In qualsiasi altro posto civile al mondo ci si sarebbe limitati a ringraziare chi aveva contribuito a fare chiarezza su una vicenda che, sempre persino incredibile a dirsi, per settimane aveva catalizzato l’attenzione nel capoluogo piceno. Invece nel bizzarro e singolare regno di Ugualos, nel quale la maggior parte dei fedeli sudditi non sopporta che il sovrano e la sua corte possano mai essere in qualche modo smentiti e contraddetti, neppure dalla realtà dei fatti, si è scatenata una furibonda e sconcertante guerra contro l’Archivio di Stato, con il solito armamentario di ridicole e surreali accuse che vengono puntualmente lanciate contro chi non si allinea, contro chi non si limita esclusivamente a lodare il sovrano e la sua corte o, peggio ancora, ha l’ardire di criticarlo o contraddirlo (anche se, in realtà, in questo caso l’Archivio di Stato si è semplicemente limitato a pubblicare l’esito della propria ricerca): non amano Ascoli, ce l’hanno con il sindaco per motivi politici, sono invidiosi (non si è mai capito di cosa…), ecc.
Solo che in questo caso, non avendo argomentazioni concrete per mettere in discussione quella accurata e puntuale ricerca, non è restato altro che ricorrere alle invettive, molto spesso all’insulto. “Ma questi non hanno niente da fare tutto il giorno? E noi che gli paghiamo pure lo stipendio”. “Questa smania di ricerca e di spostare la nascita dell’avo di Russel Crowe in altro sede da parte di questi negazionisti ascolani è semplicemente vergognosa”. “Siete invidiosi, accidiosi e anche pochi intelligenti, volete a tutti i costi rovinare un bel momento per la città”. “E’ evidente la volontà di fare un dispetto politico, altrimenti non si spiega l’accanimento dell’Archivio di Stato di Ascoli”. “Pur di non dare ragione al sindaco hanno finto di ignorare la documentazione prodotta da una storica che dimostra che è di Porta Cappuccina”. “Questi presuntuosi pensano di saperne di più dello stesso Russel Crowe, sono inutili e invidiosi”. “Trovo vergognoso che qualcuno voglia negare la dichiarazione di Russel Crowe sul suo avo ascolano, è inaccettabile anche solo il fatto che hanno voluto fare le ricerche”.
Potremmo proseguire ancora a lungo, senza considerare la pioggia di insulti che sono stati rivolti agli addetti dell’Archivio di Stato, sono centinaia i commenti e le invettive simili che abbiamo letto sui social in quelle infuocate settimane, alimentati anche da esponenti politici di destra vicini all’amministrazione comunale. Naturalmente sindaco e assessori direttamente non hanno detto nulla o tanto meno contestato l’Archivio di Stato (tanto poi non mancano i soldatini più fedeli che sono pronti a fare “il lavoro sporco”…), ma al tempo stesso non hanno neppure ritenuto opportuno dire anche solo mezza parola in difesa dell’istituto ascolano. Che ora che anche i contestatori di allora sono stati costretti non solo a prendere atto della realtà, ma anche di quanto quell’accanimento nel volersi accreditare qualcosa che non esiste si stia inevitabilmente rivelando un boomerang (negli ultimi giorni si sono moltiplicati post e articoli di giornali, anche nazionali, che prendono in giro il capoluogo piceno per come è corso dietro alle inesistenti origini ascolane di Russel Crowe), avrebbe tutto il diritto di spernacchiarli e di irriderli con il più classico “noi l’avevamo detto”.
Ovviamente la loro professionalità e la loro serietà è tale che neppure si sognerebbero di avere una reazione del genere che, pure, sarebbe più che sacrosanta. Di sicuro, però, due parole di scuse, magari anche da parte dell’amministrazione comunale in nome dei suoi cittadini e, soprattutto, dei suoi supporters più “caldi”. Sarebbe davvero un bel gesto e anche un modo elegante e convincente per uscire da una situazione paradossale che non ha certo giovato all’immagine dell’amministrazione comunale stessa e, soprattutto, della città. Chissà perché, però, siamo pronti a scommettere che non accadrà mai…