Non si arresta il crollo di consensi per il presidente Acquaroli che, nella Governance Poll 2024, perde un ulteriore 2,5% rispetto allo scorso anno (-6,1% rispetto alle elezioni) e scivola all’ultimo posto nella classifica dei presidenti di Regione. Male anche il sindaco di Ancona Silvetti (destra)
Tutto si può dire meno che l’ultimo posto del governatore marchigiano Acquaroli nella “Governance Poll 2024” de “Il Sole 24 Ore”, l’annuale sondaggio che misura il gradimento dei primi cittadini e dei presidenti di Regione, sia in qualche modo sorprendente. In una regione che è drammaticamente ultima (o quasi) per il livello della sanità pubblica, che è in profonda crisi per economia e lavoro, dove i diritti delle donne vengono messi sempre più a rischio, non ci si poteva attendere certo qualcosa di diverso. Al punto che, più che l’ultimo posto, piuttosto stupisce che ci sia ancora una percentuale comunque rilevante (più del 40%) che ancora manifesti il proprio gradimento per il governatore Acquaroli. Che finge di non aver sentito il colpo e prova a minimizzare, anche se è pienamente consapevole che già la sua posizione non era molto solida prima, tanto che da settimane girano voci secondo cui alle prossime elezioni regionale non sarà lui il candidato della destra, e rischia di essere ancora più in bilico ora.
“Il governo regionale è stato rafforzato dai risultati delle elezioni amministrative – prova a bleffare – ho sempre ripetuto che i sondaggi sono un dato da osservare con attenzione ma lasciano il tempo che trovano perché poi la cosa più importante è quello che esprimono gli elettori quando vanno al voto”. Certo, però, è indiscutibile che la “botta” è stata forte per il governatore marchigiano e per la destra che, a maggior ragione, ora si interroga se sia il caso di puntare ancora su Acquaroli, anche perché il clima di scontento è sin troppo evidente e sicuramente è chiaro e non sottovalutato anche dai partiti di destra. Ed il risultato del Governance Poll 2024 ne è solamente la più evidente dimostrazione. Per altro guardando ai risultati degli anni passati emerge come il gradimento di Acquaroli sia progressivamente in calo, praticamente in picchiata.
Nel 2022 il governatore marchigiano aveva perso poco rispetto al 49,1% con il quale nel 2020 era stato eletto, poi lo scorso anno il crollo al 45,5% (-3,6%), con il peggioramento di quest’anno con Acquaroli che precipita all’ultimo posto nella classifica dei presidenti di Regione (che vede ai primi tre posti nell’ordine Fedriga del Friuli, Bonaccini dell’Emilia Romagna e Zaia del Veneto) con il 43%, con una perdita del 2,5% rispetto al 2023 e del 6,1% rispetto alle elezioni. Peggio del governatore marchigiano (di pochissimo) in termini di consenso perso solo il governatore del Lazio Francesco Rocca, anche lui di destra, che precipita dal 53,9% delle elezioni all’attuale 47,5%.
“Non poteva essere altrimenti – commenta la segretaria regionale del Pd Chantal Bomprezzi – le Marche sono fanalino di coda per sanità, economia, per i diritti delle donne e ora presentano il conto al responsabile di questa allarmante discesa. Questa cifra rappresenta una bocciatura sonora da parte delle marchigiane e dei marchigiani, confermando il distacco crescente tra il governo regionale e i cittadini. Questi dati dimostrano una verità lampante: l’alternativa alla colonia di Meloni esiste e si chiama campo largo del centro sinistra. La perdita di fiducia nei confronti di Acquaroli è evidente e allo stesso tempo preoccupante, il calo di 6,1 punti percentuali rispetto al giorno delle elezioni non lascia scampo. C’è la necessità di un cambiamento urgente, la leadership attuale non è in grado di rispondere alle esigenze della comunità marchigiana. La discesa inesorabile di Acquaroli è un chiaro segnale che le politiche adottate fino ad ora non sono state all’altezza delle aspettative e hanno disatteso totalmente le promesse elettorali di 4 anni fa”.
Ha perfettamente ragione la segretaria regionale del Pd, i dati e i fatti inconfutabili sono lì a dimostrare il fallimento di Acquaroli e quanto questo governo regionale della destra si sia rivelato deleterio per la nostra regione. Basterebbe pensare al disastro sanità, con il gravissimo e pesantissimo peggioramento delle liste di attesa (prima bisognava attendere mesi per poter effettuare certe prestazioni, ora è diventato spesso impossibile anche solo pensare di avere una data, pur lontanissima), con annessa l’incapacità anche di utilizzare i fondi messi a disposizione dall’allora governo Draghi per recuperare le prestazioni e gli interventi rinviati nel periodo del covid, con le Marche desolatamente fanalino di coda, con appena il 36% delle prestazioni recuperate (mentre tutte le altre Regioni sono state in grado di recuperare il 100% o poco meno, ottenendo quindi ulteriori fondi).
Per non parlare, poi, del consistente e imbarazzante aggravamento del gap già esistente tra il nord e il sud delle Marche, nello specifico la provincia di Ascoli, sempre in fatto di sanità, nonostante il progressivo peggioramento della situazione anche in quelli che una volta erano i “fiori all’occhiello” della sanità regionale (come ad esempio il Torrette dove qualche mese fa c’è stata una vera e propria rivolta contro la politica fallimentare del governo regionale). Ma non solo sanità, non meno pesanti i fallimenti per quanto concerne l’economia, con la pesantissima (per il territorio marchigiano e, ancora di più, per il Piceno) esclusione delle Marche dalla Zona economica speciale (Zes) decretata dal governo Meloni, nel complice silenzio del governo regionale, per tutto il sud fino all’Abruzzo, appunto Marche escluse.
Senza naturalmente dimenticare la ricostruzione post terremoto che, nonostante gli improbabili proclami del commissario straordinario Guido Castelli, numeri e dati alla mano continua ad arrancare (come vedremo nel dettaglio prossimamente). Ma se nell’analisi della quasi drammatica situazione della nostra regione ha perfettamente ragione, ora però la segretaria regionale del Pd, insieme al suo partito e agli altri gruppi del centro sinistra, devono dimostrare di essere in grado di mettere insieme una coalizione seria, con un candidato e un programma credibile, senza ricadere nei soliti vecchi vizi e nei soliti litigi da bambini capricciosi del centrosinistra, per dare alle Marche un’alternativa valida e credibile e, soprattutto, una fondamentale ancora di salvataggio.
Perché è del tutto evidente che altri 5 anni di questo tipo di governo della destra vorrebbero dire il disastro per le Marche (per non parlare del nostro povero e derelitto territorio). Tra l’altro la crisi di consenso della destra marchigiana è confermata anche dal tonfo del sindaco di Ancona Silvetti, sempre di destra, che dopo solamente il primo anno ha perso il 3,2% di consensi, scivolando al 71° posto. Meglio di lui hanno fatto il sindaco di Fermo Calcinaro, che perde comunque il 2,5% ma risulta il miglior primo cittadino delle Marche con il 19° posto, ed il sindaco di Macerata Porcaroli che guadagna il 2,7% di consensi e sale al 29° posto, in una classifica che vede ai primi tre posti tre sindaci del centrosinistra, Guerra di Parma, Manfredi di Napoli e De Pascale di Ravenna.
Da segnalare che il sondaggio, effettuato nei mesi scorsi, non ha tenuto conto degli altri due comuni capoluogo delle Marche, Ascoli e Pesaro, dove nel giugno scorso si sono svolte le elezioni comunali.