Al primo momento di difficoltà, tra la vittoria del centrosinistra alle amministrative, le ombre nere sul suo partito evidenziate dall’inchiesta di Fanpage e la prevedibile esclusione dalla scelta delle nomine in Europa, la presidente del Consiglio reagisce nel peggiore dei modi…
E’ durata “come un gatto in tangenziale” l’immagine della Meloni come statista di caratura internazionale, apprezzata e riconosciuta da tutti i leader europei, figura centrale indispensabile per il futuro dell’Unione europea e capo del governo di cui ogni italiano, a prescindere dalle legittime simpatie politiche, doveva esser fiero. Era il ritratto che, non solo la stampa di destra, ma anche parte dell’informazione italiana (quella abituata a schierarsi e a “leccare” il potente di turno, quale che sia) aveva raccontato della presidente del Consiglio dopo le elezioni europee, prefigurando per lei un ruolo centrale nella costruzione del futuro dell’Unione europea.
In realtà sarebbe stato sufficiente fare un’analisi un pochino più seria e approfondita per comprendere quanto quella costruzione fosse del tutto infondata e che, solo il fatto che la Meloni fosse uscita meglio rispetto ad altri leaders europei (Macron e Scholtz), non fosse certo sufficiente per immaginare qualcosa di improbabile. Solo che allora chiunque provava anche solo ad insinuare il minimo dubbio veniva duramente attaccato e irriso, con in aggiunta il solito stucchevole appellativo di “rosicone”. Come, invece, era sin troppo facile prevedere, la realtà virtuale costruita dalla fedele claque della Meloni e dalla gran parte dell’informazione italiana sempre più “cane da riporto” (per citare un’espressione tanta cara a Montanelli) del potere dopo appena 2 settimane si è inesorabilmente sgretolata.
Ma, evidentemente, anche la presidente del Consiglio deve aver creduto a quel racconto incantato e per nulla credibile, visto che, ora che la realtà disegna per lei (e purtroppo anche per il nostro paese) uno scenario completamente differente e per nulla edificante, appare una donna sull’orlo di una crisi di nervi, anzi, forse è già nel pieno di un’incontrollabile crisi nervosa, tanto che la presunta statista di caratura internazionale ha lasciato il posto alla più ben nota “borgatara della Garbatella”, giorno dopo giorno sempre più “ingrugnita” (e in tal senso l’espressione che la Meloni ha nella foto con i 27 leader europei al termine del Consiglio europeo è sin troppo emblematica).
Al di là di ogni altra considerazione, il dato più significativo è che, al primo vero momento di difficoltà, la Meloni ha mostrato il suo vero volto, lontano anni luci da quello che si richiede a chi riveste un così alto incarico istituzionale. Certo per lei è stata una settimana dura e piena di cocenti delusioni e di imbarazzanti problemi. Prima il netto successo del centrosinistra alle elezioni amministrative, con la comparsa sulla scena politica italiana, per la prima volta da quando è al governo, di un’ipotetica coalizione alternativa che potrebbe avere armi e numeri per competere e vincere. Poi l’inatteso (almeno sulla base del racconto incantato e virtuale fatto da gran parte dell’informazione italiana, in realtà ampiamente prevedibile) smacco in Europa, dove è finita ai margini e non ha toccato palla, invece di essere quella regista che in tanti incautamente avevano pronosticato.
Infine, in contemporanea, la seconda parte dell’inchiesta di Fanpage (a cui andrebbero fatti solo i complimenti, soprattutto da chi pensa che il giornalismo sia qualcosa di totalmente diverso dal pubblicare le “veline” di questo o quel potente) che ha ritrascinato il suo partito nella bufera, dopo che la presidente del Consiglio e i vertici di FdI avevano fatto di tutto per fingere di ignorare e di far scivolare nel dimenticatoio quanto di gravissimo era già emerso nella prima parte dell’inchiesta. In un crescendo di collera incontrollata la presidente del Consiglio ha risposto alle avversità in maniera rabbiosa, sguaiata ed incredibilmente esagerata, usando toni inaccettabili e indegni per chi riveste quella carica istituzionale, che hanno definitivamente sgretolato l’immagine da leader di caratura internazionale che una certa stampa aveva cercato di costruirle.
Per altro, per la prima volta da quando è al governo, la Meloni ha dimostrato scarsissima (praticamente inesistente) lucidità e ancor meno scaltrezza politica perché le sue reazioni sguaiate e dai toni esasperatamente eccessivi di fatto hanno amplificato quelli che potevano essere considerati dei piccoli passi falsi, trasformandoli in autentici fallimenti. A partire dall’esito delle elezioni amministrative che è vero che hanno visto inequivocabilmente prevalere il centrosinistra e hanno confermato il trend in prepotente ascesa di quella che potrebbe proporsi come avversaria credibile della Meloni, Elly Schlein, ma che hanno avuto una maggiore rilevanza proprio grazie alla reazione scomposta e incredibilmente astiosa della presidente del Consiglio e del presidente del Senato, quel La Russa anche lui di FdI.
Proprio mentre i suoi fedeli “lecchini” mascherati da giornalisti si affannavano, coprendosi incredibilmente di ridicolo, a dimostrare che non c’era stata alcuna vittoria del centrosinistra, proprio la sconcertante reazione della Meloni, con quel surreale video in cui ha attaccato duramente le opposizioni e ha vergognosamente evocato un “clima da guerra civile”, ha fatto capire che la presidente del Consiglio e il suo partito avevano accusato il colpo. In realtà quanto male avesse fatto lo si era capito dalla reazione ancora più scomposta da parte del presidente del Senato che, dimostrando come il senso delle istituzioni sia purtroppo un concetto sconosciuto da quelle parti, ha ipotizzato di cambiare la legge elettorale.
In pratica siamo al bambino che vuole portarsi via il pallone perché sta perdendo, con la surreale motivazione con la quale La Russa ha cercato di mascherare la sua reazione capricciosa che si è rivelata la classica “toppa peggiore del buco”. Perché se, come ha affermato La Russa, si deve considerare un problema per la democrazia il fatto che venga eletto un sindaco che (sulla base del ballottaggio) rappresenta un quarto dell’intero elettorato, allora figuriamoci che macigno può essere per la democrazia se al governo c’è una coalizione che non rappresenta neppure un quarto dell’intero elettorato nazionale… Tornando alla Meloni, dopo aver evocato in patria il “clima da guerra civile”, in Europa ha invece parlato di “metodi da regime”.
E, al di là del fatto che è un’accusa che quanto meno merita considerazione, visto che è lanciata da chi, da quando è al governo, ha dimostrato di intendersene di regime in senso moderno, la reazione così scomposta della presidente del Consiglio è dettata dal fatto che alla fine si era lasciata incantare e aveva finito per credere alla storiella della regista, della leader decisiva per le sorti della Ue che aveva montato parte dell’informazione italiana dopo il voto europeo. In realtà quello che è accaduto in questi giorni è esattamente quello che era ampiamente prevedibile, le nomine sono state scelte dai gruppi che hanno la maggioranza al Parlamento europeo (popolari, socialisti e liberali), come è normale che accada in qualsiasi sistema democratico, con la Meloni ai margini, del tutto ininfluente. E come era stato fin troppo facile prevedere (per chi non si è lasciato incantare da quelle favolette), la presidente del Consiglio è di fronte al bivio e deve scegliere se restare fedele al gruppo sovranista di destra di cui fa parte in Europa, restando così ai margini, o se staccarsi da loro e provare a contare anche solo qualcosina in Europa.
A prescindere dal fatto che sicuramente l’Italia, per la sua importanza come membro fondatore, avrà qualche poltrona importante, dopo il Consiglio europeo il nostro paese come si temeva è ai margini, insieme ad Ungheria e Slovacchia. Se poi dovesse andare a buon fine il tentativo che stanno portando avanti Mascon e Scholz per convincere gli ambientalisti a votare la von der Leyen in Parlamento (con quegli eventuali 50 voti la maggioranza sarebbe più che solida), allora davvero la Meloni e FdI sarebbero ancor più ai margini in Europa. In ogni caso il messaggio che arriva dall’Europa è chiaro, è finita la ricreazione per la presidente del Consiglio ed è ora che scelga cosa vuole essere, se davvero una credibile leader conservatrice o una populista-sovranista, tollerante con certe inaccettabili deviazioni.
A giudicare dalla reazione che ha avuto dopo la pubblicazione della seconda parte dell’inchiesta di Fanpage, criticando aspramente più i metodi secondo lei scorretti della giornalista piuttosto che le inaccettabile derive di una parte dei giovani del suo partito, non lo ha ancora compreso a pieno…