Numeri e dati fotografano un capoluogo sempre più in crisi e sempre più “Cenerentola” delle Marche in ogni settore. Ma, nonostante le promesse non mantenute e gli obiettivi principali tutti puntualmente falliti, il sindaco si appresta ad essere trionfalmente confermato…
Sarebbe forse il caso di incaricare un pool di esperti, ma di quelli molto bravi, per provare a studiare il singolare caso, probabilmente unico al mondo, del meraviglioso regno di Ugualos (il modo ironico con il quale i giovani ascolani, ispirandosi ad una famosa scena del film “Non ci resta che piangere”, a metà degli anni ’80 avevano rinominato il capoluogo piceno per sottolineare come ad Ascoli restava sempre tutto uguale). Dove più le cose vanno male, più la città sprofonda, più chi amministra ottiene risultati pessimi, inanellando “batoste” e “figuracce in serie e non riuscendo a mantenere neppure per sbaglio le promesse fatte, più cresce il consenso e il gradimento dei cittadini nei confronti di quegli stessi amministratori.
Siamo davvero di fronte ad un fenomeno a dir poco singolare che potrebbe diventare un esempio da studiare per aspiranti sovrani/dittatori per capire come sia possibile riuscire a formare e coltivare sudditi così ubbidienti e sottomessi. Ironia a parte, in qualsiasi altro posto al mondo in una città che, di anno in anno, consolida il ruolo di “Cenerentola” della regione in ogni settore e nella quale vengono puntualmente falliti i principali obiettivi fissati, gli amministratori protagonisti di quegli inequivocabili fallimenti dovrebbero andare in esilio o, quanto meno, si farebbero da parte senza avere la possibilità e l’impudenza di riproporsi. E che il capoluogo piceno in questi ultimi anni sia ulteriormente sprofondato non è un’opinione più o meno discutibile e confutabile ma è un dato di fatto certificato da numeri e dati inequivocabili.
Molti dei quali, per rendere il panorama ancora più paradossale, quasi surreale, sono contenuti in documenti ufficiali del Comune stesso, approvati dal sindaco e dalla giunta comunale. In altre parole, al netto della solita propaganda, sono gli stessi amministratori che negli atti pubblici ammettono e certificano il proprio fallimento. Consapevoli che tanto quegli atti ufficiali non vengono letti e consultati da quasi nessuno e che, quindi, possono raccontare tutte le “favolette” che vogliono, con la complicità di gran parte dell’informazione locale che da tempo non svolge più il proprio ruolo ma si limita pigramente e stancamente a fare da cassa di risonanza ai proclami di sindaco e assessori. Quanto alle promesse non rispettate e agli obiettivi falliti è sufficiente leggere il programma elettorale e il programma di mandato presentato e depositato in Comune dal sindaco Fioravanti per constatare come quelli più importanti, considerati prioritari dal primo cittadino stesso, non sono stati centrati e neppure vagamente avvicinati.
Partendo da numeri e dati, un quadro clamorosamente emblematico di come è ridotta questa città e di come negli ultimi anni la situazione sia peggiorata sotto ogni punto di vista è quello delineato dal Documento unico di programmazione (Dup) 2024-2026 approvato dalla giunta comunale con delibera n. 429 a fine 2023. La fotografia che emerge è quella di una città sempre più povera e più vecchia, nella quale non si arresta il crollo dei residenti, con l’indice di natalità più basso del centro Italia e quello di vecchiaia in costante crescita, con sempre meno lavoro e l’indice di ricambio della popolazione attiva in progressivo peggioramento, praticamente senza prospettive e “off limits” per i più giovani. In pratica la fotografia di quello che è sempre più difficile considerare un capoluogo di provincia, superato in tutto e per tutto da San Benedetto. Ed è significativo come il Dup, nella prima parte del documento (“Il contesto esterno”) certifichi inequivocabilmente come tutti i parametri presi a riferimento siano sensibilmente peggiorati dal 2018 in poi.
A partire dal crollo dei residenti, allora sopra quota 48 mila e ora appena sopra 45 mila (di questo passo ancora non per molto), con San Benedetto che non solo ha effettuato il sorpasso ma ha decisamente staccato Ascoli (superando quota 47 mila residenti). Proseguendo con il crollo delle nascite, con la media annua che passa da 296,8 del periodo 2014-2018 all’attuale 239,7 (e l’Osservatorio di Openpolis ha evidenziato come Ascoli è il capoluogo delle Marche e dell’intero centro Italia con il tasso di natalità più basso, molto al di sotto della media nazionale e regionale). E poi l’indice di vecchiaia passa da 257,6 a 285,2 (in pratica ci sono quasi 300 anziani ogni 100 giovani), l’indice di dipendenza strutturale cresce dal 61,7 al 64,6, quello di ricambio della popolazione attiva passa da 147,7 al 179,6, l’indice della struttura della popolazione attiva da 144,6 a 152,3.
Altri numeri e altri dati, oltre quelli del Dup, contribuiscono a delineare un quadro sempre più fosco. Quelli della Caritas che certificano l’impressionante crescita della povertà e del numero di poveri nel capoluogo piceno. Quelli del Centro studi Cgia, che confermano come negli ultimi 5 anni ci sia stato un vero e proprio record di fuga di giovani, tanto da far precipitare il capoluogo piceno ai livelli delle peggiori realtà del sud Italia. E poi i numeri disastrosi che certificano non solo il definitivo naufragio del sogno universitario (da 5 mila a poco più di 2 mila iscritti) ma anche il sorpasso (l’ennesimo) operato negli ultimi anni da San Benedetto (1.150 iscritti contro i 1.014 di Ascoli).
Ancora, i dati resi noti recentemente dall’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane evidenziano la fuga delle attività commerciali, con un calo quasi del 20% di gran lunga superiore alla media regionale e nazionale, con il centro storico più delle altre zone cittadine a farne maggiormente le spese. Ci sono, poi, i dati sul turismo (quelli ufficiali forniti dalla Regione) che, nonostante la pioggia di annunci, i proclami e i tanti fondi impegnati, confermano il capoluogo piceno come fanalino di coda delle Marche, al 19° posto nella classifica regionale degli arrivi e al 24° in quella delle presenze, dietro anche a comuni come Altidona e Camerano. E mentre nel resto delle Marche si è tornati a numeri sui livelli pre terremoto e pre covid, ad Ascoli siamo ancora lontanissimi da quei dati (42.647 arrivi e 174.833 presenze nel 2015 rispetto ai 36.803 arrivi e 74.251 presenze dell’ultimo anno). A chiudere il quadro c’è poi la graduatoria sulla qualità della vita (“Ecosistema urbano di Legambiente e Il Sole 24 Ore) che ha visto Ascoli di anno in anno precipitare, passando dal 15° posto del 2018 al 61° dell’anno passato, ultimo tra i capoluoghi di provincia delle Marche.
E se numeri, dati e graduatorie ufficiali sono implacabili, se possibile peggiore è il quadro che emerge dall’analisi, dopo 5 anni, delle promesse e dei programmi annunciati in campagna elettorale e dopo il suo insediamento dal sindaco Fioravanti. Basta riprendere il programma elettorale presentato nella primavera 2019 nel quale erano indicate come priorità le scuole e lo stadio Del Duca (come dimenticare i manifesti elettorali di quel periodo…), ma anche il rilancio del centro storico, il turismo. E poi la pratica Unesco e l’obiettivo più ambizioso: il riconoscimento come Capitale della Cultura 2024. Detto che sullo stadio è meglio stendere un velo pietoso (il Del Duca è diventato la caricatura di uno stadio, la curva sud ad essere immotivatamente ottimisti non ci sarà prima del 2027, la tribuna ovest impossibile anche solo fare previsioni…), a proposito delle scuole nel programma elettorale era scritto che “in tre anni l’obiettivo sarà quello di buttare giù tutte le scuole che sono state danneggiate e ristrutturare quelle con danni lievi”. Di anni ne sono passati 5 e dire che siamo “in alto mare” è addirittura ottimistico…
Della pratica Unesco non si hanno più notizie (anzi, in realtà non si sono mai avute notizie), mentre il sogno Capitale della Cultura italiana 2024 si è trasformato in un vero e proprio incubo, con le imbarazzanti “figuracce” fatte all’audizione finale e con un progetto senza capo né coda. Se, poi, prendiamo come riferimento il programma di mandato (“Le linee programmatiche di mandato 2019-2024 – Pianificazione della città”) si sconfina nella fantascienza. Tra gli obiettivi prioritari il rilancio di occupazione e sviluppo attraverso la creazione nella zona industriale di un Centro di sviluppo “che fungerà da polo tecnologico e culturale”, insieme al Comitato di innovazione strategica.
Non servirebbe sottolinearlo, ma nel regno di Ugualos è bene non dare nulla per scontato, ovviamente non c’è traccia né del Centro di sviluppo né del Comitato. Così come del vademecum “Il mondo ad Ascoli, Ascoli nel mondo” per facilitare chi investe nel capoluogo piceno. Per non parlare della scuola di scultura a San Marco e del rivoluzionario progetto per la sicurezza che doveva partire da Monticelli, con tanto di impiego di 200 disoccupati over 50. Ma tra la serie infinita di promesse non mantenute, sicuramente la più grave per il capoluogo e per tutto il territorio è quella che riguarda la sanità e l’ospedale di Ascoli. Aveva promesso di difenderlo in ogni modo, invece il primo cittadino, per tutelare la propria parte politica e il proprio partito, ha accettato senza mai dire una parola tutte le pesanti penalizzazioni imposte alla sanità picena dalla Regione, abbandonando l’ospedale Mazzoni al proprio triste destino.
Di fronte ad un simile scenario, certificato negli atti ufficiali dagli stessi amministratori, in qualsiasi posto “normale” al mondo chi ha ottenuto simili risultati fallimentari non avrebbe neppure il coraggio di riproporsi. Invece nel meraviglioso regno di Ugualos si appresta ad essere confermato come indiscusso sovrano. Con la presentazione andata in scena domenica scorsa a Monticelli, in una sorta di caricatura delle “pacchiane” convention stile Usa, che ricorda sinistramente la sfarzosa festa sul Titanic mentre la nave stava irrimediabilmente affondando…