Come denunciato da Montanari, la vicenda di Ilaria Salis smaschera la falsità della retorica della nazione su cui Meloni e Salvini hanno costruito gran parte della loro narrazione. Come dimostrano anche le alleanze in Europa con i peggiori sovranisti, ostili al nostro paese…
Ha perfettamente ragione Tomaso Montanari che giovedì scorso (1 febbraio), intervenendo a “Piazzapulita” ha affermato che “la vicenda di Ilaria Salis mette a nudo la falsità della retorica della nazione su cui Giorgia Meloni ha costruito gran parte della sua narrazione. Il suo partito si chiama Fratelli d’Italia, la Lega da parte sua da anni non fa altro che ripetere prima gli italiani, bene in questo c’è un’italiana da tutelare”. “Al governo – ha poi proseguito il rettore dell’Università per stranieri di Siena – non ci sono persone che si sentono di rappresentare tutti ma che piuttosto tutelano la loro parte e prediligono i loro rapporti ideologici. In tal senso Ilaria Salis ha 2 torti, è ideologicamente lontana rispetto la Meloni e il suo governo ed è detenuta in un paese amico della Meloni stessa”.
In realtà la vicenda della 39enne maestra lombarda, da un anno detenuta in condizioni vergognose nelle carceri ungheresi, ha solamente reso chiaro a tutti, almeno a chi riesce a vedere, ciò che in realtà a molti era noto da tempo. “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” recita un famoso proverbio e, parlando dei due leader di questa destra ora al governo, basta guardare chi sono in Europa i principali alleati e amici di Meloni e Salvini per non avere dubbi che la retorica della patria è da sempre usata dal presidente del Consiglio e dal vicepresidente con evidenti fini strumentali (e d’altra parte per anni l’attuale segretario della Lega non nascondeva di non sentirsi italiano…).
Si dichiarano patrioti e fedeli paladini dei diritti degli italiani solo per convenienza elettorale, urlano e ripetono slogan come il celeberrimo “prima gli italiani” perché hanno la consapevolezza di far presa in questo modo su quella fetta di “boccaloni” che si lascia facilmente condizionare e crede ancora che certi slogan ad effetto abbiano anche solo un minimo di realtà. La verità è che invece a loro interessa solo ed esclusivamente il potere in quanto tale, si preoccupano prioritariamente (se non esclusivamente) di tutelare gli interessi del proprio partito, della propria parte politica, non certo dei cittadini italiani e non riescono proprio a comprendere che chi riveste certi incarichi istituzionali rappresenta e ha il dovere di tutelare tutti i cittadini (l’intero comune, nel caso del sindaco, tutta la regione, nel caso del governatore, tutta la nazione, nel caso del presidente del Consiglio), non solamente la propria parte politica.
Per altro a tal proposito bisognerebbe ricordare a Giorgia Meloni (e ai giornali e giornalisti che appoggiano incondizionatamente la destra e che, di fronte ad ogni minima critica, ripetono il solito ritornello secondo cui la stragrande maggioranza degli italiani sarebbe con la presidente del Consiglio) che è al governo non in seguito ad un clamoroso plebiscito nei suoi confronti ma solo perché dall’altro lato dello schieramento, con il solito straordinario autolesionismo, si sono divisi, con la destra che alle elezioni politiche del settembre 2022 ha ottenuto il 44% dei voti su una percentuale di votanti di poco inferiore al 64%. Tradotto in numeri, Giorgia Meloni e la destra sono legittimamente (perché così funziona in democrazia…) al governo con i voti di un quarto (il 25,5%) degli italiani che avevano diritto al voto.
Questo naturalmente non rende certo meno legittimo il governo della destra ma, a maggior ragione, dovrebbe spingere la presidente del Consiglio e i suoi ministri a governare ricordandosi di dover rappresentare tutti gli italiani, non solamente i propri elettori. Cosa che, però, evidentemente perché non è nella loro natura, proprio non riescono a fare. Per loro governare non è certo un servizio per i cittadini ma semplicemente il mezzo per accrescere il proprio potere e quello della propria parte politica. Lo abbiamo ampiamente visto e sperimentato da queste parti, ad esempio con il sindaco Fioravanti che, dopo aver promesso in campagna elettorale di battersi per tutelare il sacrosanto diritto alla salute degli ascolani, non ha fatto nulla, è rimasto rigorosamente in silenzio mentre la Regione guidata dalla stessa destra continuava imperterrita a penalizzare la sanità nel Piceno, sempre più “Cenerentola delle Marche”.
Stessa cosa è accaduta con il governatore Acquaroli che non ha protestato, non ha neppure provato a far valere le ragioni delle Marche quando il governo di destra, guidato dalla leader del suo partito, ha inspiegabilmente escluso la nostra regione e i territori del cratere sismico dalla Zona economica speciale (Zes) riservata a tutte le regioni del meridione fino al vicino Abruzzo. L’interesse del proprio partito, della propria parte politica è sempre e comunque prioritario, anche quando è a scapito dei legittimi e sacrosanti diritti dei cittadini.
Una vergognosa distorsione che nella vicenda Salis emerge in tutta la sua inequivocabile evidenza. Non importa che una cittadina italiana sia sottoposta ad una subdola forma di tortura, non importa che anche i suoi più elementari diritti vengano calpestati, non importa che sia stata offesa e umiliata (e continuerà ad esserlo) in maniera inaccettabile per un paese civile. Addirittura si finge persino di ignorare che ci sono norme e accordi che avrebbero consentito e consentirebbero tuttora, con un minimo di pressione, di riportarla a casa per farle scontare i domiciliari in Italia, come prevede l’accordo quadro del 2009 del Consiglio europeo sul reciproco riconoscimento delle decisioni sulle “misure alternative alla detenzione cautelare” (la cui applicazione è stata pretesa e ottenuta dalla Germania per alcuni cittadini tedeschi coinvolti in Ungheria nella stessa vicenda che ha portato all’arresto di Ilaria Salis).
Il problema è che la priorità del governo non è certo tutelare i sacrosanti diritti di una cittadina italiana (per altro non è neanche della loro parte politica…) ma piuttosto non infastidire e non disturbare quell’Orban che, in vista delle prossime elezioni europee, potrebbe rivelarsi un prezioso alleato della Meloni. E chi se ne frega se lo stesso Orban ha trasformato l’Ungheria in una democrazia illiberale, dove vengono negati e violati determinati diritti civili, o che il premier ungherese da sempre è un ostacolo ed è contrario ad ogni forma di accordo in Europa sui migranti che potrebbe aiutare l’Italia. In altre parole la “patriota” Meloni è alleata e “amica” di chi come Orban, per altro su un tema così caso alla presidente del Consiglio, da anni sta palesemente operando contro il nostro paese.
Come il razzista e omofobo ex premier della Polonia Morawiecki (“il primo ministro polacco è un antisemita di estrema destra che mette al bando le persone Lgbt” aveva dichiarato il presidente francese Macron nell’aprile 2022, quando Morawiecki era premier) che sugli immigrati ha sempre avuto parole di fuoco contro l’Italia, ostacolando e boicottando ogni tentativo di accordo europeo che potesse in qualche modo aiutare il nostro paese. Entrambi sono chiaramente e palesemente “nemici” (politicamente parlando) dell’Italia, un particolare che, però, è del tutto irrilevante per la presidente del Consiglio.
Che, però, ha fatto decisamente di peggio, addirittura tra i suoi alleati in Europa ha aggiunto quell’Eric Zemmour, leader del partito francese “Reconquete”, che tra le sue principali battaglie politiche ha quella per l’annessione alla Francia dell’Italia del nord (“Penso che dovrebbe esserci una grande Francia, l’Italia del nord dovrebbe essere francese, non c’è differenza tra Milano e Nizza” ha più volte ripetuto Zemmour). Sulla stessa linea, se non addirittura peggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro delle infrastrutture Salvini, basterebbe ricordare che il leader della Lega ha sostenuto e poi esultato per la vittoria in Olanda del leader dell’ultradestra Wilders che nel corso della campagna elettorale aveva più manifestato la sua palese ostilità nei confronti del nostro paese, con tanto di cartelli e slogan come “Geen Cent Naar Italie” (“neppure un centesimo all’Italia”).
Come denunciato qualche tempo fa dall’eurodeputata Irene Tinagli, è il famoso “doppio binario” della destra italiana che in Europa si allea con i peggiori sovranisti ostili al nostro paese, mentre in Italia chiede voti per difendere l’interesse nazionale in Europa…