Vergogna Salis in Ungheria: gravi le responsabilità del governo Meloni e dell’Unione europea
Solo dopo le terribili e inaccettabili immagini della maestra brianzola in catene nel tribunale di Budapest, il governo Meloni si è finalmente attivato. Ilaria Salis è da febbraio 2023 in carcere a Budapest anche se, secondo le norme europee, poteva essere ai domiciliari in Italia…
Quello di Ilaria Salis, da un anno detenuta in condizioni vergognose nelle carceri ungheresi perché accusata di lesioni aggravate (avrebbe aggredito due neonazisti), è indiscutibilmente il caso del momento. A parte il ministro-cognato Lollobrigida, tutti, in Italia e nel resto dell’Europa, hanno visto le terribili immagini della 39enne brianzola incatenata nel tribunale di Budapest, una vergogna che non può essere tollerata in un paese che fa parte di quell’Unione europea che, per altro, è pienamente consapevole dei comportamenti contrari allo stato di diritto dell’Ungheria (tanto che 10 giorni fa il Parlamento europeo ha approvato, con i voti a favore anche della destra italiana, una risoluzione di condanna).
Per certi versi è già sconcertante che l’opinione pubblica italiana, sprofondata in un interminabile letargo, solo dopo la visione di quelle orrende e inaccettabili immagini si è accorta della situazione che Ilaria Salis in realtà sta vivendo praticamente da un anno. E, come al solito, la vicenda ha scatenato le opposte fazioni di ultras, con da una parte le accuse contro il governo di destra (troppo amico di Orban) che avrebbe fatto poco o nulla a favore della maestra italiana e dall’altra il solito vittimismo di chi ancora non ha capito che governare, oltre al vantaggio di poter occupare spudoratamente tutti posti di potere, comporta anche qualche onere (come tutelare i cittadini italiani, anche quelli che non sono della propria parte politica, che sono in situazioni di difficoltà o pericolo fuori dal nostro paese).
Emblematica, a tal proposito, la stucchevole ed irritante cantilena ripetuta ossessivamente martedì sera ad “Otto e mezzo” da un Mario Sechi (ex portavoce della Meloni e attuale direttore di Libero) preoccupato più di sottolineare come l’opposizione “brutta e cattiva” stia, a suo dire, strumentalizzando la vicenda, piuttosto che delle sorti e della situazione della povera Ilaria Salis. Ricordato che l’attuale presidente del Consiglio Meloni e il ministro Salvini da sempre considerano l’impresentabile Orban un loro amico e alleato, è opportuno analizzare quanto accaduto per capire se e in che misura il governo italiano ha delle responsabilità e se ha fatto e sta facendo quanto nelle sue possibilità per supportare e aiutare adeguatamente la maestra brianzola. Che è accusata di aver aggredito insieme ad altri esponenti di un gruppo di estrema sinistra, tra il 9 e il 10 febbraio 2023, due manifestanti di estrema destra che erano in piazza a Budapest per commemorare il Giorno dell’Onore (l’anniversario di quando un battaglione nazista nel 1945 tentò di impedire l’assedio per la liberazione di Budapest).
Ad accusare Ilaria Salis ci sarebbe un video delle telecamere di sicurezza che ha ripreso l’aggressione, anche se in realtà da quelle immagini è impossibile riconoscere la maestra italiana (e secondo il padre non sarebbe la figlia quella che è stata identificata nel video). Per altro i due manifestanti nell’aggressione hanno riportato solo ferite lievi, guaribili 7 giorni, ma per la procura ungherese si tratta di lesioni personali con il rischio di morte della vittima, con l’aggravante dell’associazione a delinquere per avere agito nell’ambito dell’organizzazione anarco-rivoluzionaria “Hammerband”. Ilaria Salis viene arrestata insieme a due cittadini tedeschi, un uomo e una donna, mentre era in taxi.
La Germania si è subito attivata in maniera che i due cittadini tedeschi, più Lina Engel ritenuta la leader di Hammerbande (condannata a 5 anni per aver coordinato gli attacchi ai neonazisti), potessero scontare nella propria nazione le misure restrittive (ed in effetti la donna è sottoposta a sorveglianza speciale a Berlino, mentre la Engel è in carcere a Lipsia). Ilaria Salis, invece, è da febbraio in carcere a Budapest dove, secondo il racconto del padre è stata torturata per 35 giorni, è stata lasciata in isolamento per 8 giorni con i vestiti sporchi e senza carta igienica, sapone e assorbenti. La procura ungherese ha proposto un patteggiamento ad 11 anni ma Ilaria Salis, che rischia fino a 24 anni di reclusione, ha rifiutato proclamandosi innocente ed estranea all’aggressione.
Il processo inizierà il prossimo maggio e, purtroppo, l’esito sembra scontato, come dimostra il fatto che nelle ore scorse è intervenuto lo stesso premier Orban per sostenere che la maestra italiana è sicuramente colpevole (e figuriamoci se in Ungheria, vista la situazione, può esserci un giudice che ha il coraggio di smentire il premier). Come detto l’Italia si è accorta di questa terribile vicenda solo dopo le inaccettabili immagini in tribunale in catene e solo ora il governo italiano è intervenuto per occuparsi (almeno a parole) della situazione. Eppure il governo stesso era da subito a conoscenza di quanto stava accadendo, più volte il padre della Salis aveva chiesto un intervento dell’esecutivo per riportarla in Italia e nei mesi scorsi c’erano state anche delle interrogazioni parlamentari, praticamente ignorate.
Sono quindi evidenti le responsabilità del governo Meloni, soprattutto perché avrebbe dovuto immediatamente attivarsi per pretendere che la maestra italiana scontasse i domiciliari nel proprio paese, come previsto dalla decisione quadro del 2009 del Consiglio europeo sul reciproco riconoscimento delle decisioni sulle “misure alternative alla detenzione cautelare”. La Germania l’ha fatto subito e i suoi cittadini coinvolti nella vicenda sono nel proprio paese a scontare le misure cautelari e detentive, l’Italia no, lasciando Ilaria Salis in quelle condizioni in Ungheria. C’è poco da discutere e ancora meno da atteggiarsi da vittime, i fatti dimostrano in maniera inequivocabile le gravi responsabilità del governo in questa vicenda.
Aggravate, poi, dalle farneticanti dichiarazioni delle ore scorse del ministro Salvini, con in aggiunta la vergognosa campagna del suo partito, con tanto di inaccettabili menzogne nei confronti della Salis, accusata dalla Lega di aver partecipato all’assalto di un gazebo del Carroccio a Monza nel 2017. In realtà per quella vicenda la maestra brianzola è stata assolta con formula piena, con lo stesso pm che aveva chiesto l’assoluzione, anche perché c’è il video (incredibilmente pubblicato dalla Lega a supporto delle sue false accuse) che dimostra inequivocabilmente la sua estraneità ai fatti.
Quanto alle vergognose affermazioni di Salvini, ricordando al leader del Carroccio che la presunzione di innocenza non vale solo per i leghisti o gli esponenti di destra sotto processo, se davvero chi, come la Salis, non può fare la maestra per via di quelle accuse, per coerenza dovrebbe immediatamente pretendere le dimissioni del sottosegretario alla cultura Sgarbi, accusato di avere a che fare con il furto di un quadro. E, magari, dovrebbe dimettersi anche lui, visti i suoi problemi giudiziari.
Sorvolando per decenza sul vergognoso comportamento dei giornali di destra, che ha giorni buttano fango sulla Salis (come l’improbabile scoop de “Il Giornale” che ha svelato che il padre della Salis nel 2009 avrebbe partecipato ad un blocco sindacale organizzato dai Cobas…), oltre quelle del governo, è giusto sottolineare anche le gravissime responsabilità e l’inaccettabile inerzia dell’Unione europea. Che finge di non vedere le gravi e ripetute violazioni del rispetto dei diritti umani che proseguono in Ungheria che continua a non uniformarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e continua spudoratamente a violare il diritto della Ue.
Ancora più grave, però, è il fatto che un paese che fa parte dell’Unione europea, nell’inaccettabile e complice silenzio della Ue stessa, consenta lo svolgimento di raduni nostalgici nazisti, perseguendo poi chi, sicuramente con modalità sbagliate, si oppone invece che chi è protagonista di questa vergogna…