In arrivo un ulteriore taglio di 26 milioni di euro ad un budget annuale già largamente insufficiente per garantire una sanità almeno decente ai cittadini ascolani. Ed il nuovo anno si apre con la perdita di altri due primari, questa volta dell’ospedale di San Benedetto
Non perde solo primari, per il 2024 la sempre più derelitta Ast di Ascoli è destinata a perdere anche fondi. E, a prescindere dal fatto che per la situazione in cui versa da anni la sanità picena avrebbe invece avuto bisogno di un corposo incremento di fondi, quello che si profila all’orizzonte è un taglio incredibilmente consistente, ben 26 milioni di euro in meno nel budget annuale, che potrebbe infliggere il “colpo di grazia”, ammesso che ce ne sia ancora bisogno, al nostro territorio. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti” recita l’art. 32 della nostra Costituzione che evidentemente non vale per il territorio piceno.
Perché è del tutto evidente che se già nei mesi passati il diritto costituzionalmente garantito alla tutela della salute non veniva in alcun modo garantito, con la fuga di primari e il consistente taglio del budget la situazione non può che peggiorare ulteriormente. D’altra parte che sulla sanità si stia consumando il più clamoroso fallimento della giunta Acquaroli e della destra marchigiana è un dato di fatto indiscutibile, certificato anche dai revisori dei conti della Regione e, addirittura, dalla Corte dei Conti (vedi articolo “C’era una volta la sanità marchigiana”). Un fallimento che inevitabilmente incide in maniera ancora più profonda in un territorio, quello piceno, già in evidente difficoltà e al quale era stato solennemente promesso che non sarebbe più stato “la Cenerentola delle Marche”. Allo stesso modo quando era stata presentata la riforma della sanità regionale, con le 5 Ast regionali, erano stati sottolineati i potenziali enormi vantaggi che ogni Ast avrebbe avuto nel gestire direttamente il proprio budget.
Certo, però, che se poi ad un budget già largamente insufficiente per garantire un servizio accettabile viene effettuato un ulteriore importante taglio di 26 milioni di euro allora siamo davvero ai titoli di coda. Poco conta, e soprattutto non cambia in alcun modo la questione, il fatto che questa volta a subire il taglio del budget annuale sono tutte le Ast. Né che la Regione in pratica si è trovata “spalle al muro” a causa delle scelte operate dal governo centrale. Per altro in questo caso Acquaroli e la sua compagine non hanno neppure la solita scappatoia che consiste nello spostare il tiro, nel far ricadere tutte le responsabilità su altri. Non che non lo potessero concretamente fare, visto che in effetti i tagli regionali sono inevitabile conseguenza delle scelte del governo Meloni.
Ma la tanto decantata “filiera politica”, quella che per mesi ci hanno fatto credere che avrebbe prodotto chissà quali vantaggi per i marchigiani, di fatto si è trasformata in una vera e propria prigione per il governo regionale, costretto a subire in silenzio le devastanti conseguenze prodotte dalle scelte dell’esecutivo centrale, e soprattutto in una sciagura senza precedenti per i cittadini marchigiani. E’ altrettanto chiaro che, in un contesto di difficoltà generale, a subire le conseguenze peggiori è inevitabilmente il territorio piceno già fortemente penalizzato dalle scelte in campo sanitario. Così ora la situazione è sempre più drammatica e a nulla servono le rassicurazioni della direttrice dell’Ast di Ascoli Nicoletta Natalini né possono produrre frutti concreti gli ipotetici rimedi che si starebbero studiando (riduzione dei costi delle gare di appalto e sulle prescrizioni farmacologiche), irrilevanti palliativi che non possono in alcun modo cambiare la situazione.
A rendere più drammatico (per i cittadini) il quadro la cosiddetta fuga di primari dalle strutture dell’Ast di Ascoli. Dove al momento sono ben 4 i primariati vacanti (radiodiagnostica, ginecologia-ostetricia e medicina generale all’ospedale Mazzoni, centrale operativa 118) che presto aumenteranno a 6, con la pensione del primario di medicina dell’ospedale di San Benedetto e le annunciate dimissioni di quello di ortopedia (dott. Di Matteo), sempre del Madonna del Soccorso.
“Purtroppo, come da tempo mi trovo a dire, Di Matteo non è il primo e temo non sarà l’ultimo ad andarsene – accusa la consigliera regionale ascolana Anna Casini – A prescindere dalle motivazioni personali e professionali che ci sono dietro ogni scelta del genere, non possiamo credere che le condizioni in cui versa la sanità del Piceno non siano un fattore dirimente per chi decide di restare (o di venire) a lavorare nella nostra provincia: un fantomatico ospedale di primo livello su due plessi che si è tradotto in due mezzi ospedaletti con personale allo stremo, reparti accorpati e specialistiche divise da 35km di Ascoli-Mare. Ma se anche un figlio del nostro territorio, che aveva seguito le orme del padre nel reparto di ortopedia del Madonna del Soccorso, ha deciso di andarsene, come pensiamo che la nostra sanità possa essere attrattiva per professionisti competenti e capaci? È questa la sanità che meritiamo? In tutto questo i rappresentanti politici di San Benedetto che sono al governo in Regione cosa fanno? Non sapevano nulla? Leggo che ora Assenti farà di tutto per far cambiare idea a Di Matteo…Beh, forse poteva pensarci prima, poteva pensare a come offrire una sanità migliore, non solo al primario, ma ai suoi (e nostri) concittadini”.
In effetti se la Regione di Acquaroli può continuare a “massacrare” e penalizzare la sanità picena senza troppi problemi è anche e soprattutto “merito” dell’inconsistenza dei politici regionali del nostro territorio, quelli che si sono fatti eleggere promettendo di battersi strenuamente per la nostra sanità ma che ora, per spirito di parte, accettano supinamente il peggio del peggio, e ancor più degli amministratori del nostro territorio. Il sindaco di Ascoli Fioravanti di fatto ha alzato bandiera bianca dal momento in cui è stato eletto governatore Acquaroli, anteponendo la disciplina di partita alla tutela dei sacrosanti diritti dei suoi concittadini, mentre quello di San Benedetto Spazzafumo, pur non avendo lo stesso tipo di vincolo politico, continua inspiegabilmente ad adeguarsi alle penalizzazioni inflitte dalla Regione al nostro territorio senza protestare più di tanto. Completamente differente, invece, è l’atteggiamento da parte dei cittadini, battaglieri e partecipi a San Benedetto, rassegnati e spenti ad Ascoli.
Non a caso in riviera sono sorti comitati cittadini che quanto meno tentano di difendere e tutelare il diritto alla salute, che provano a chiedere una sanità più decente. Non solo, nell’incontro che si è svolto nella sala comunale con i vertici dell’Ast non sono mancate contestazioni e proteste, per non parlare poi che addirittura domenica scorsa anche i tifosi della Samb hanno esposto uno striscione quanto mai esplicito (“Nicoletta Natalini dimettiti”). Solo silenzio e rassegnazione, invece, nel capoluogo piceno dove ormai ci si è abituati al peggio e sembra davvero che quella sulla sanità sia considerata una battaglia persa…