Bufale e “panzane” dal governo e dai giornali di destra per difendere il sottosegretario alla giustizia che deve rispondere dell’accusa di rivelazione del segreto di ufficio. Ad accusarlo la giudice Attura che ad una settimana dall’udienza si è vista revocare la scorta…
C’è tutta l’arroganza tipica di chi è al potere, insieme alla palese e imbarazzante impreparazione e inadeguatezza della classe dirigente di questa destra al governo, nella vicenda Delmastro. L’arroganza che da decenni abbiamo imparato a conoscere di chi appartiene alla “casta” e si ritiene al di sopra della legge, esentato per “diritto divino” dal rispetto delle norme che invece sono valide per tutti gli altri cittadini, che non solo neppure contempla un briciolo di autocritica ma, addirittura, rivendica con orgoglio il proprio censurabile comportamento e si accanisce in ogni modo possibile, anche il peggiore, contro chi “osa” pretendere anche da loro il pieno rispetto di quelle norme stesse.
L’inadeguatezza e l’impreparazione di chi riveste così importanti ruoli istituzionali senza però averne le competenze e la consapevolezza necessarie, che non conosce (o finge di conoscere) alcuni principi fondamentali che sono alla base del proprio ruolo istituzionale. Il sottosegretario alla giustizia è stato rinviato a giudizio e il prossimo marzo, davanti al giudice monocratico del tribunale di Roma, dovrà rispondere di rivelazione del segreto d’ufficio per la vicenda legata ad Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al 41 bis. Tutto è nato il 31 gennaio scorso quando alla Camera il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, per attaccare alcuni deputati dell’opposizione (in particolare del Pd), riportò i contenuti di alcune registrazioni svolte nel carcere di Sassari, dove all’epoca Cospito era detenuto, girate dal suo coinquilino romani, appunto il sottosegretario Delmastro. Che, però, non avrebbe potuto e dovuto farlo perché quelle registrazioni erano coperte dal segreto di ufficio.
A peggiorare la situazione dell’esponente di FdI il fatto che dai verbali della polizia penitenziaria emerge come lo stesso Delmastro fece pressioni sul Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap) per ottenere le registrazioni e la relazione. Al di là dell’aspetto legale, che non è certo secondario, a rendere più sconcertante e inaccettabile la situazione il fatto che Donzelli ha utilizzato quelle informazioni riservate che non avrebbe dovuto conoscere non per chissà quali nobili fini ma per sferrare un violento attacco ai suoi “avversari” politici. In altre parole c’è lo spregiudicato e inaccettabile uso delle cariche istituzionali che hanno l’onore di rivestire non per servire il paese ma come potente clava da utilizzare contro la parte politica avversa.
In pratica un’inaccettabile vergogna per un paese civile. Resa ancora più sconcertante e imbarazzante dalle reazioni che si sono scatenate da parte del governo e degli esponenti della destra, condite da affermazioni e giustificazioni che, se non stessimo parlando di una vicenda terribilmente seria, sarebbero da definire a dir poco esilaranti. “Sono fiero di quello che ho fatto” ha commentato il sottosegretario che poi ha aggiunto: “non ho dato le carte a Donzelli, ho risposto ad una domanda, non mi potevo trincerare dietro una segretezza che non c’era”. Riprendendo una famosa battuta del film “Quo Vado” di Checco Zalone, verrebbe da chiedersi “ma siamo sicuri che è del mestiere questo?”. Sorvolando sulla ridicola giustificazione secondo cui avrebbe semplicemente risposto ad una domanda, è sconfortante come Delmastro continui a ripetere che non c’era alcuna segretezza.
Al di là del fatto che, come sottosegretario alla giustizia avrebbe già dovuto esserne pienamente a conoscenza, non ci sono e non possono esserci più dubbi sul fatto che quelle registrazioni e quella relazione fossero coperte da segreto d’ufficio. A rendere più grave la situazione è che anche il ministro alla giustizia Nordio e la stessa presidente del Consiglio Meloni avevano sposato la tesi del sottosegretario, sostenendo che quegli atti non fossero coperti da segreto. Era evidente e chiaro sin da allora che non fosse così, ora tutti i giudici (il giudice per l’udienza preliminare e quello per indagini preliminari) e tutti i magistrati che sono stati chiamati a pronunciarsi sulla vicenda hanno invece dimostrato il contrario. “Delmastro o era consapevole di aver passato a Donzelli atti coperti da segreto, e in questo caso è nel posto sbagliato, oppure non era consapevole e quindi è del tutto inadeguato al ruolo che ricopre” accusa la segretaria del Pd Elly Schlein.
Ed è del tutto evidente che lo stesso inattaccabile ragionamento debba valere anche per il ministro Nordio e per la presidente del Consiglio Meloni, nella migliore delle ipotesi inadeguati al ruolo che ricoprono. Arroganza e ignoranza, poi, si fondono in un mix disarmante ancora di più nella strategia difensiva (e di attacco) da parte degli esponenti della destra al governo e degli organi di informazione che li sostengono. Che si basa essenzialmente su due concetti, la singolarità del caso di un giudice che sconfessa i pm e l’affermazione secondo cui gli stessi pm avrebbero affermato che quegli atti non erano coperti da segreto, che sono due clamorosi ed inequivocabili “bufale”, frutto della totale mancanza di conoscenza della materia (ignoranza) e della convinzione che per gli interessi di parte si possa stravolgere completamente la realtà, tanto ci saranno tantissimi “boccaloni” che, per spirito di parte, sono pronti a bersi qualsiasi panzana (arroganza).
Chiunque conosca anche solo un po’ le vicende giudiziarie del nostro paese sa perfettamente che non è affatto singolare ed è perfettamente nella norma che un giudice possa disporre l’imputazione anche di fronte alla richiesta di archiviazione del pm. Quanto al fatto che gli stessi pm avrebbero negato che quelle registrazioni fossero coperte da segretezza ci sono gli atti ufficiali a dimostrare che, in realtà, è l’esatto contrario. Ed è penosa e patetica al tempo stesso l’ostinazione con cui i giornali di destra provano a rilanciare questa evidente bufala.
Emblematico, a tal proposito, il caso della giornalista di “Libero” Brunella Bolloli che giovedì sera nel corso di “Otto e mezzo” ha puntato proprio su questo argomento per provare a difendere Delmastro, venendo immediatamente smentita da chi ha letto e conosce le carte di quel procedimento. Che non lasciano dubbi ed evidenziano come, in realtà, la procura e i pm di Roma avevano chiesto l’archiviazione ritenendo comunque l’esistenza oggettiva della violazione della segretezza ma sostenendo che Delmastro non ne fosse consapevole (che, considerando che l’esponente di FdI è sottosegretario alla giustizia, in pratica è una dichiarazione di inadeguatezza al ruolo che ricopre). Vale, infine, la pena ricordare un particolare non certo irrilevante che rende ancora più vergognosa questa bruttissima (per il governo) storia.
Alla giudice per le indagini preliminari che ha disposto l’imputazione coatta nei confronti di Delmastro, Emanuela Attura, “casualmente” ad una settimana dall’udienza è stata revocata la tutela e la scorta cje le erano state assegnate nel marzo 2020 quando era finita nel mirino dei Casamonica (“questa giudice me la porterò con me nella tomba” aveva detto Raffaele Casamonica, intercettato in carcere in un colloquio con un suo familiare), ma anche perché al centro di importanti inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Rome e sulle infiltrazioni della ndrangheta nel Lazio.
Una decisione incredibile e incomprensibile che, per altro, arriva proprio nel momento in cui la giudice è maggiormente a rischio. Raffaele Casamonica è, infatti, in fin di vita ma i Casamonica stessi sono ancora molto presenti, radicati e forti sul territorio e potrebbero voler dimostrare la loro immutata posizione di dominio nell’ambito degli ambienti della malavita, tenendo fede alla sinistra promessa fatta dallo stesso Raffaele Casamonica.. Un’inaccettabile “follia” che c’è da sperare che non provochi conseguenze nefaste…