Ascolti record per “Che tempo che fa”: la rivincita di Fazio, l’autogol annunciato della Rai


Come era stato sin troppo facile prevedere, a pagare le spese dell’addio del conduttore televisivo genovese è stata la tv pubblica che ha perso un “tesoretto” di oltre 100 milioni di euro e vede precipitare gli ascolti e gli introiti pubblicitari con i programmi imposti dai vertici “meloniani”

Eravamo stati facili profeti la primavera scorsa quando, commentando la notizia dell’addio di Fabio Fazio alla Rai, scrivevamo: “non è lui la vittima, non perde assolutamente nulla, anzi, ha già pronto il contratto per 4 anni con la Warner Bros Discovery (dove di sicuro non guadagnerà di meno). La vittima di questa situazione è l’azienda pubblica, la Rai, che perde tantissimo dal punto di vista professionale ma anche e soprattutto dal punto di vista economico”.

Sono passati 6 mesi da allora e dopo le prime due puntate della nuova stagione di “Che tempo che fa” a quella sin troppo facile previsione si può aggiungere che a guadagnarci notevolmente, oltre lo stesso Fazio, è il canale televisivo Nove (e naturalmente la Warner Bros) che domenica scorsa con l’11,3% di share (2.245.000 spettatori, con picchi di oltre 2.600.000) con il programma di Fazio per la prima volta nella sua storia è risultato il 2° canale nazionale (superato solo da Raiuno), con addirittura uno share superiore anche a Milan – Juventus che si è giocata nella stessa fascia oraria.

E, a voler essere pignoli, a perderci più ancora di quanto avevamo previsto è la Rai meloniana che sta colando a picco negli ascolti, soprattutto nei programmi dei personaggi “amici” della destra di governo (l’esempio più eclatante è quel Pino Insegno protagonista, con il suo “Mercante in fiera”, del più clamoroso flop della tv pubblica degli ultimi 30 anni), perde consistenti introiti pubblicitari e, dopo le ultime vicende legate al calcioscommesse e allo show di Fabrizio Corona, perde sempre più credibilità. Non hanno invece perso credibilità, semplicemente perché da tempo non ce l’hanno più se non tra i loro ultras “acceccati”, i giornali di destra che nella primavera hanno esultato alla notizia dell’addio di Fazio alla Rai, con tanto di titoloni in prima pagina e annunci di chissà quale sciagure per il conduttore e produttore genovese.

“Che bel tempo che fa”, titolava ad esempio all’epoca “Libero sottolineando come la Rai economicamente aveva solo da guadagnare da quell’addio perché si liberava del presunto costo eccessivo di quel programma. Una clamorosa ed indecente “bufala”, già ampiamente smentita dati e cifre alla mano, ignobilmente e incredibilmente rilanciata dalla Codacons secondo cui “per le tasche dei cittadini italiani che finanziano la Rai attraverso il canone l’addio di Fabio Fazio è sicuramente una buona notizia”. Per altro quei giornali e la stessa Codacons allora, a sostegno della propria tesi, avevano evidenziato come la stessa associazione a tutela dei consumatori (almeno così dovrebbe essere…) in proposito aveva presentato un esposto alla Corte dei Conti.

Dimenticando o, più probabilmente fingendo di dimenticare, che la Corte dei Conti si era espressa in maniera inequivocabile su quell’esposto, demolendo inesorabilmente e senza possibilità di replica le “panzane” sul costo del programma di Fazio e confermando altrettanto chiaramente quello che è sempre noto a chi si basa sui fatti e sui numeri concreti (e non sul pregiudizio e sulle invenzioni), cioè che “Che tempo che fa” era una preziosissima risorsa per la Rai, altre che un costo. Per do­ve­re di cro­na­ca è giu­sto ri­cor­da­re che a sca­te­na­re l’in­sul­sa guer­ra con­tro Fa­zio nel 2017 fu il Mo­vi­men­to 5 Stel­le, a cui suc­ces­si­va­men­te si ac­co­da­ro­no la Lega e Fra­tel­li d’I­ta­lia, con il coin­vol­gi­men­to an­che di una par­te del Pd ca­pi­ta­na­ta da An­zal­di (che, come il Co­da­cons, pre­sen­tò un espo­sto alla Cor­te dei Con­ti e al­l’A­nac, en­tram­bi mi­se­ra­men­te ri­get­ta­ti).

Poi il principale paladino e convinto sostenitore della necessità di mandare via Fazio dalla Rai è diventato Matteo Salvini. E già solo questo doveva essere sufficiente per comprendere quanto sballata fosse quella campagna, basata esclusivamente sulla più bassa demagogia, , solo par­zial­men­te giu­sti­fi­ca­bi­le per il fat­to che al­lo­ra  (era il 2017) si co­no­sce­va­no meno nel det­ta­glio le ci­fre re­la­ti­ve ai rea­li co­sti e agli in­troi­ti pub­bli­ci­ta­ri del pro­gram­ma. “Se non aves­si­mo chiu­so l’ac­cor­do e Fa­zio aves­se fir­ma­to per un’al­tra azien­da avrem­mo do­vu­to ri­spon­de­re per un dan­no al­l’a­zien­da” spie­ga­va al­lo­ra il con­si­glie­re Rai Ar­tu­ro Dia­co­na­le (uomo in­di­scu­ti­bil­men­te di de­stra). “Non so se la Rai avreb­be ret­to sen­za di lui, Fa­zio ha sal­va­to 13 mila po­sti di la­vo­ro” ag­giun­ge­va il pre­si­den­te del­la Rai Ma­rio­li­na Mag­gio­ni.

Ma nella primavera scorsa, quando si è consumata la separazione (con l’addio di Fazio “provocato” dalle pesanti e inequivocabili pressioni politiche della destra che è al governo del paese) erano ampiamente noti quali fossero i termini della questione, così come erano noti anche i numeri, i dati sul reale costo del programma di Fazio e sugli introiti pubblicitari. In particolare a mettere tutto nero su bianco, archiviando gli esposti di Anzaldi e del Codacons, ci aveva pensato la Corte dei Conti evidenziando come non solo non esi­steva al­cun dan­no era­ria­le ma, anzi, “Che tem­po che fa” era una pre­zio­sis­si­ma fon­te di gua­da­gno per la Rai.  I ma­gi­stra­ti con­ta­bi­li han­no in­fat­ti ri­cor­da­to come il co­sto me­dio del­le pun­ta­te del pro­gram­ma di Fa­zio “è in­fe­rio­re del 50% ri­spet­to al co­sto me­dio dei pro­gram­mi di in­trat­te­ni­men­to Rai” e, so­prat­tut­to, come i ri­ca­vi fos­se­ro in li­nea con le aspet­ta­ti­ve e di gran su­pe­rio­ri a qual­sia­si al­tro pro­gram­ma di in­trat­te­ni­men­to del­la tv di Sta­to.

An­dan­do poi nel det­ta­glio, la Cor­te dei Con­ti ha sot­to­li­nea­to come il prez­zo me­dio de­gli spot da 15 se­con­di che pas­sa­va­no nel­le pun­ta­te di “Che tem­po che fa” va­ria­va da 38 a 46 mila euro. Che per 15-20 mi­nu­ti com­ples­si­vi di spot com­por­ta un ri­ca­vo me­dio di oltre 2,5 milioni di euro a pun­ta­ta. Cioè più del compenso annuale che riceveva Fazio dalla Raio (2,2 milioni di euro) che tanto aveva fatto gridare allo scandalo. Naturalmente il costo complessivo del programma era più altro perché ci sono altre spese di cui tener conto. Se­con­do il pre­si­den­te del Co­da­cons, Car­lo Rien­zi, ai 2,2 mi­lio­ni di euro di ca­che per­so­na­le di Fa­zio bisognava aggiungere i 10,6 mi­lio­ni di euro di co­sti di pro­du­zio­ne e di­rit­ti sul for­mat pa­ga­ti dal­la Rai alla so­cie­tà “Of­fi­ci­na srl”. Ci sono poi i co­sti di rete, sce­no­gra­fia e re­da­zio­ne per cir­ca 3 mi­lio­ni di euro, quel­li per co­stu­mi, truc­co, ri­pre­se in­ter­ne e col­le­ga­men­ti ester­ni per cir­ca 3-4 mi­lio­ni, per to­ta­le com­ples­si­vo di circa 27 milioni di euro all’anno.

Considerando, però, che, come riportato dalla Corte dei Conti, ogni puntata di “Che tempo che fa” garantiva oltre 2,5 milioni di euro di introiti pubblicitari per complessive 60 puntate annuali, in pratica il programma di Fazio garantiva alla Rai introiti di 150 milioni di euro all’anno.In al­tre pa­ro­le Fa­zio rap­pre­sen­ta per la tv di Sta­to un pre­zio­sis­si­mo “te­so­ret­to” di 120 mi­lio­ni di euro. Ora, però, quel tesoretto invece che nelle casse della tv pubblica finisce in quella della Warner Bros Discovery che, proprio grazie al traino del programma di Fazio, ha stabilito record di ascolti mai neppure sfiorati (che, tradotto in “soldoni”, significa maggiori introiti pubblicitario).

Altro che peso, il conduttore genovese per la tv è una sorta di “gallina dalle uova d’oro” e solo la più profonda ignoranza e la più imbarazzante ottusità dei nuovi dirigenti Rai targati Meloni (insieme ai loro fedeli vassalli) potevano non capirlo. Ed è sintomatico, ma di certo non troppo sorprendente, che quei politici e quei giornali di destra che allora protestavano per i presunti costi eccessivi di Fazio (che invece abbiamo visto è una risorsa) ora tacciono e non dicono nulla quando la Rai “meloniana” paga decine di migliaia di euro per far esibire in diversi programmi un personaggio a dir poco discutibile (per usare un eufemismo) come Fabrizio Corona. D’altra parte, però, tutto si può chiedere a quei politici e a quei giornali meno che di essere coerenti…

bookmark icon