Sempre più giovani in fuga da Ascoli e dalla provincia


Secondo l’indagine dell’Ufficio Studi della Cgia negli ultimi 10 anni la popolazione giovanile (15-34 anni) nel nostro paese è diminuita del 7,4% (-966.938 giovani). Percentuale più elevata nelle Marche (-9,6%) e, soprattutto, ad Ascoli (-12%) che ha dati in linea con quelli del sud Italia

Non servivano certo i dati del Ufficio Studi della Cgia per scoprire che Ascoli e la sua provincia sono sempre meno luoghi per giovani. E che il Piceno, anche se geograficamente è indiscutibilmente collocato nell’Italia centrale, da un punto di vista sociale, culturale ed economico a tutti gli effetti è sempre più profondo sud. Certo, è giusto sottolineare che quello della denatalità e la crisi demografica giovanile sono problemi che complessivamente riguardano l’intero paese, come dimostrano proprio i numeri forniti dal Centro Studi Cgia. Secondo i quali l’Italia negli ultimi 10 anni ha visto scendere di quasi 1 milione (966.938 per l’esattezza) il numero di giovani tra i 15 e i 34 anni.

Ma se poi si vanno ad analizzare nel dettaglio i numeri di quell’indagine, emerge con chiarezza che è soprattutto il sud del paese e le province del meridione ad avere avuto il maggior calo di giovani, con una diminuzione più contenuta al centro e quasi inesistente al nord. Dove, per altro, ci sono regioni e province che, insieme all’Emilia Romagna, addirittura fanno registrare un aumento. E se già le Marche hanno numeri che complessivamente l’avvicinano più alle regioni del sud che del centro, Ascoli ha dati praticamente in linea con la media del meridione del paese. Andando nel dettaglio, secondo l’indagine dell’Ufficio Studi della Cgia dal 2013 ad oggi nel nostro paese la popolazione giovanile (15-34 anni) ha subito una riduzione complessiva del 7,4%.

Una contrazione che, però, ha interessato soprattutto il sud che fa registrare un calo del 15,1% (762 mila giovani in meno), mentre al centro la riduzione è del 6,6% (160 mila giovani). Tutta altra musica al nord, con solamente un 1% in meno nel nord ovest e appena lo 0,5% in meno nel nord est. La regione che ha subito la flessione maggiore è la Sardegna (-19,9%), seguita da Calabria (-19%), Molise (-17,5%), Basilicata (-16,8%) e Sicilia (-15,3%). Per comprendere l’enorme divario che esiste tra nord e sud, la regione meridionale che ha fatto registrare il dato migliore è la Campania con un -12,7%, quella settentrionale che ha fatto registrare il dato peggiore è il Piemonte con un -4,5%.

Le Marche fanno registrare una diminuzione del 9,6% (da 320.844 a 290.007 giovani, -30.837), oltre il 3% in più rispetto alla media delle regioni del centro Italia, mentre ci sono 4 regioni che addirittura registrano una crescita del numero dei giovani: Lombardia +0,4%, Provincia Autonoma Bolzano +1,3%, Provincia Autonoma Trento +1,9%, Emilia Romagna +2,1%. Per quanto riguarda le province il calo maggiore è della provincia Sud Sardegna (-26,9%), seguita da Oristano (-24%) ed Isernia (-22,2%). Da sottolineare come tra 25 province con i dati peggiori ben 24 sono del sud (unica eccezione la provincia di Frosinone), mentre sono 13 (tutte del nord e dell’Emilia Romagna) le province che fanno invece registrare un aumento del numero dei giovani, con in testa Trieste (+7,9%) seguita da Bologna (+7,5%) e Milano (+7,3%).

Per quanto riguarda la provincia di Ascoli la diminuzione complessiva è del 12%, con il numero di giovani che è passato dai 44.785 del 2013 agli attuali 39.411 (-5.374). Significativo come Ascoli abbia dati peggiori rispetto a diverse province del sud coma Barletta, Trapani, Napoli, Caserta, Ragusa. Purtroppo, però, non si può certo dire che siamo di fronte ad un dato sorprendente e inatteso, da anni è ampiamente noto che il capoluogo piceno e la sua provincia non solo non sono posti per giovani, ma non sembrano avere alcun interesse a trattenere i più giovani. D’altra parte che prospettive possono dare ai giovani una provincia e, soprattutto, un capoluogo di provincia chiuso, ingessato, immobile, allergico ad ogni minimo cambiamento che non ha prospettive di crescita.

Qualche anno fa il programma di Rete 4 “Fuori dal coro” dedicò un approfondimento alla crisi del capoluogo piceno e, in particolare, alla fuga di giovani da Ascoli. E, ancora prima, nel corso della campagna elettorale per le comunali del 2019 i ragazzi di una lista composta solo da giovani avevano inscenato una provocazione molto suggestiva ma, al tempo stesso, molto significativa, con tante valigie in piazze del Popolo con altrettanti messaggi di ragazzi che avevano dovuto abbandonare la città per mancanza di prospettive.

Quattro anni dopo la situazione è notevolmente peggiorata, la maggior parte dei ragazzi ascolani che parte per l’Università poi non torna più in una città e in una provincia che non offrono possibilità e prospettive per loro, anche quei ragazzi che avevano provato a portare avanti determinate istanze hanno alzato “bandiera bianca” o si sono riciclati come nella famosa canzone di Venditti “Compagno di scuola”. E se fino a qualche tempo fa poteva ancora esserci l’illusione (o meglio l’utopia) di un futuro sviluppo dell’università nel capoluogo piceno e nella provincia di Ascoli i numeri e gli eventi degli ultimi tempi hanno definitivamente cancellato ogni speranza, per altro relegando Ascoli ad un ruolo di comprimario, con San Benedetto che vanta più iscritti (ma sempre numeri risibili) rispetto al capoluogo di provincia.

Non ci sono speranze, non ci sono prospettive per i più giovani da queste parti. Ed è del tutto evidente che una città e una provincia nelle quali non ci sono prospettive per i più giovani sono luoghi che non hanno futuro. In realtà ad Ascoli di prospettive non ce ne sono neppure per i meno giovani, da anni ormai si è creato e si è cementato un blocco di potere che tiene ferma e paralizza la città che prospera e lascia prosperare chi in qualche modo è legato a questo blocco, che se ne frega della fuga dei giovani, della fuga degli ascolani (Ascoli ogni anno continua a perdere residenti e da tempo è San Benedetto la città di gran lunga con più residenti della provincia), che continua ad impoverire e svuotare una città sempre più desolatamente vuota, sotto ogni punto di vista.

Tornando a quanto emerge da quello studio, la Cgia evidenzia come la platea degli under 34 pronta ad entrare nel mercato del lavoro si stia progressivamente riducendo, sottolineando che “la crisi demografica sta facendo sentire i suoi effetti e nei prossimi anni la rarefazione delle maestranze più giovani è destinata ad accentuarsi ulteriormente”. Perché nei prossimi 5 anni quasi il 12% degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età, con però sempre meno giovani destinati ad entrare nel mercato del lavoro. Come se non bastasse la Cgia sottolinea anche l’elevato tasso di disoccupazione giovanile e l’abbandono scolastico, soprattutto nel Mezzogiorno.

Insomma i giovani italiani sono in calo, con un livello di povertà educativa allarmante e lontani dal mondo del lavoro. Un responso che emerge in maniera evidente quando ci confrontiamo con gli altri paesi europei. E’ un quadro desolante che rischiamo di pagare caro se, come sistema Paese, non torneremo ad aumentare il numero delle nascite, a investire maggiormente nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale” si legge ancora nel documento dell’Ufficio Studi della Cgia. Che prospetta un futuro per nulla roseo per il nostro paese, reso ancora più inquietante dai segnali che arrivano dall’attuale governo e che, per quanto riguarda gli investimenti per scuola, università e formazione, vanno nel segno opposto di quello auspicato.

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