Guerra ai più poveri, sostegno e favori agli evasori: il vero volto del governo Meloni
Negli stessi giorni in cui stanno arrivando gli sms che comunicheranno ad oltre 400 mila famiglie la sospensione del reddito di cittadinanza, il governo fa saltare la riduzione del Tax gap che avrebbe dovuto portare al recupero tra i 10 e i 15 miliardi di evasione
Non è certo una novità e i più attenti lo sapevano e lo avevano capito da tempo. Ora, però, gli eventi degli ultimi giorni se necessario hanno chiarito definitivamente che la destra che governa il paese non sopporta e non ha alcun rispetto nei confronti dei più poveri ed è amica (quasi complice) degli evasori. In queste ore l’attenzione è concentrata e si sta molto discutendo sugli sconcertanti sms che l’Inps sta inviando ad una parte dei percettori del reddito di cittadinanza per annunciare la revoca (nel messaggio è scritto sospensione) del sussidio, sulla base di quanto previsto dalla legge di bilancio 2023 che, per i nuclei considerati “occupabili” nei quali non ci sono componenti disabili, minori o over 65 ha fissato in 7 mesi il limite per poter percepire il sostegno (169 mila le famiglie a cui è già arrivato l’sms, altre 90 mila lo riceveranno entro il 1 settembre).
E’ invece passata in secondo piano la decisione del governo di rinunciare completamente nel Pnrr alla lotta all’evasione. Infatti tra le sciagurate 144 modifiche al Pnrr ufficializzate dal ministro Fitto lo scorso 27 luglio c’è anche l’eliminazione della riduzione del Tax gap (la propensione all’evasione misurata dalla differenza tra imposte incassate e imposte attese) di 2,7 punti. Era stata concordata ed inserita nel Pnrr dal governo Draghi si pressione della Commissione come clausola di garanzia per la buona riuscita del Piano, una sorta di assicurazione che l’Italia, con la percentuale di Tax gap tra le più alte in Europa (18,5%) e con il record di evasione dell’Iva), vuole seriamente portare avanti la lotta all’evasione. In concreto si trattava di un recupero tra i 10 e i 15 miliardi di euro per passare da quel 18,5% al 15,8% entro la fine del prossimo anno.
“Vi sono alcune ragioni oggettive che suggeriscono la modifica del target” si legge nella nota da 18 righe inviata dal governo alla Commissione europea per motivare lo stop a quella fondamentale misura, anche se poi nel proseguo della nota stessa viene indicata un’unica (debolissima, ai limiti del ridicolo) ragione: “la crisi di liquidità delle imprese che può incidere negativamente sulla regolarità dei versamenti tributari”. Al di là di come reagirà la Commissione, per la quale la riduzione della Tax gap era fondamentale, una simile decisione non è altro che la conferma che la destra al governo non ha alcun interesse a combattere l’evasione e, anzi, è dalla parte di chi evade, dei furbetti e dei trasgressori che possono permettersi di farsi beffe dello Stato.
Ed è altrettanto evidente e stridente il contrasto tra i provvedimenti penalizzanti, quasi persecutori, nei confronti di chi è povero, di chi è in situazione di difficoltà e la mano sempre tesa e la benevolenza con cui invece sono trattati gli evasori, quelli che tolgono ogni anno decine di miliardi alle casse dello Stato. D’altra parte i fatti parlano sin troppo chiaro, i provvedimenti adottati in questi 10 mesi dall’esecutivo non lasciano dubbi ed evidenziano in maniera eloquente e imbarazzante la differente predisposizione nei confronti di queste due categorie sociali (i ricchi evasori da una parte, i poveri e le famiglie in difficoltà dall’altra).
Senza dilungarci troppo, oltre allo stop alla riduzione della Tax gap fino ad ora il governo Meloni ha introdotto ben 12 condoni, una serie impressionante di concordati preventivi, adempimenti collaborativi, senza contare la delega fiscale piena di sanatorie. Oltre ai provvedimenti si sono, poi, le affermazioni e le dichiarazioni degli esponenti di governo in questi mesi che, semmai fosse necessario, confermano l’atteggiamento che ha questa destra nei confronti di chi non paga le tasse, addirittura definite dalla presidente del Consiglio (nei confronti di piccole e medie aziende) “pizzo di Stato”. Dall’altra parte quando c’è da tagliare e cercare di recuperare risorse il governo Meloni è sempre pronto a far cassa sulla pelle dei più deboli.
Basterebbe ricordare alla cancellazione dello sconto sulle accise, con un aumento medio di circa 200 euro all’anno, o all’eliminazione del bonus bollette, con un aumento di 170-200 euro a trimestre per nucleo familiare, fino all’eliminazione del reddito di cittadinanza che rischia di mandare ko oltre 400 mila famiglie italiane in situazione di estrema difficoltà. Per altro la presidente del Consiglio e il suo governo non si fanno alcuno scrupolo di prendere in giro e umiliare ulteriormente chi è in difficoltà. Come dimostra tutta la pantomima proprio intorno al reddito di cittadinanza, sostituito da un reddito di inclusione (comunque dimezzato rispetto al reddito di cittadinanza) solo per le famiglie che hanno persone con disabilità, minori, over 60 o componenti in condizione di svantaggio, cancellato per i cosiddetti “occupabili” con il demagogico slogan “chi può lavorare deve lavorare”.
Come se Giorgia Meloni ed il suo sconclusionato governo fossero improvvisamente arrivati da Marti e non conoscessero la drammatica situazione italiana, ignorando che per far lavorare chi “può lavorare” bisogna creare le condizioni perché ciò avvenga. E, particolare non secondario, anche fare in modo che chi lavora venga retribuito in maniera quanto meno dignitosa. In altre parole, se davvero fosse quella la nobile motivazione, in questi mesi il governo prima di ogni altra cosa si sarebbe impegnato per creare le condizioni tali da poter pensare di qualificare e immettere senza troppe difficoltà nel mondo del lavoro le persone in difficoltà che usufruiscono di quel sussidio e, solo una volta create quelle condizioni, avrebbe eventualmente provveduto ad eliminare il reddito di cittadinanza.
Allo stesso modo se davvero si parla del valore sacro del lavoro ci si dovrebbe impegnare in maniera spasmodica per assicurare ai lavoratori stessi una retribuzione dignitosa e adeguata. Invece il governo Meloni si comporta esattamente al contrario, sta facendo muro contro la proposta di introdurre il salario minimo (che è presente praticamente in tutti i paesi europei) presentata dalle opposizioni e ad oggi non si è neppure preoccupato di approvare i decreti per regolamentare e attivare i corsi di formazione per gli “occupabili” a cui viene tolto il reddito di cittadinanza.
D’altra parte, però, che questo governo si diverta a prendere in giro i poveri e le persone in difficoltà è dimostrato dall’elemosina di Stato rappresentata dalla card “Dedicata a te” (383 euro annue), per altro a beneficio solo di una fascia di famiglie povere (sono esclusi anziani soli, ragazze madre, persone vedove, divorziate), con tanto di surreale lista degli alimenti che si possono e non si possono acquistare.
“Hanno tolto il reddito di cittadinanza – commenta amaramente Fabio Salamida – perché “chi può lavorare deve lavorare” – un concetto sicuramente giusto – ma non vogliono il salario minimo perché chi può lavorare deve accettare di essere sottopagato e sfruttato. Nel loro Paese ideale i giovani laureati fanno i servi di gente con la terza elementare che non sapendo gestire in modo decente un’attività scarica l’incapacità e i bassi guadagni sui dipendenti. E se il dipendente è donna, magari deve accettare anche qualche ricattino di altro tipo, qualche battutina, qualche mano morta. Per fortuna esistono i voli di sola andata verso i Paesi civilizzati e sempre più giovani salutano l’Italietta abbandonandola al suo destino”.
Un atto di accusa duro e spietato ma che fotografa alla perfezione quello che purtroppo sta diventando il nostro paese, il sentimento quasi di disprezzo che questa destra che è al governo ha nei confronti delle persone in difficoltà ma anche dei più giovani, tutta tesa a mantenere e se possibile aumentare benefici e privilegi per i più ricchi e i più potenti. Un sentimento che è perfettamente espresso dai giornali che sostengono questo governo, questa destra, che, dopo aver bersagliato i giovani che non sono disposti a farsi ignobilmente sfruttare (lavorando 12 ore al giorno con paghe da vergogna), si scagliano ora contro i più poveri, contro quelle persone che senza reddito di cittadinanza sono fortemente a rischio, definendoli “fannulloni”, riproponendo il vomitevole slogan (già ampiamente utilizzato per i disperati che fuggono dal proprio paese per sopravvivere) “la pacchia è finita”. Per i più poveri e per le famiglie in difficoltà, ammesso che sopravvivere con 500-600 euro al mese si possa definire tale, di sicuro. Per gli evasori, i più ricchi e i più potenti, invece, è appena iniziata…