Il paese dei “boccaloni”: solo l’Italia “abbocca” alla propaganda russa sulla felpa di Zelensky
Lanciata dal propagandista russo Sergej Karnauchov e da siti e quotidiani russi, la “bufala” sul simbolo nazista sulla felpa nera di Zelensky è stata subito ripresa in Italia da alcuni quotidiani, esponenti politici ed opinionisti…
Come era ampiamente prevedibile, la visita in Italia del presidente ucraino Zelensky, che ha incontrato papa Francesco, il presidente della Repubblica Mattarella e il presidente del Consiglio Meloni (oltre a Bruno Vespa…), ha ridato fiato alle polemiche e alle proteste di quella fetta di opinione pubblica italiana che è contraria all’invio di armi a supporto dell’Ucraina, in nome di una pace che, dopo 15 mesi di guerra, sembra sempre più una chimera. Ma anche e soprattutto di quella strana “accozzaglia”, composta da una certa destra e dalla cosiddetta estrema sinistra (ammesso che possa essere ancora considerata tale), che per ragioni e motivazioni differenti, anche se si vergogna (comprensibilmente) di ammetterlo, in sostanza è schierata dalla parte di Putin e della Russia o, magari, è contro l’Ucraina di Zelensky (che in sostanza è la stessa cosa).
Abbiamo in passato (all’inizio della guerra) evidenziato come, alla base di certe posizioni, oltre ad una chiara matrice ideologica ci sia anche e soprattutto una ricostruzione storica degli eventi più che fumettistica. Ma, come sempre, è giusto comunque in ogni caso rispettare le differenti opinioni. E’, invece, inaccettabile e non merita alcun rispetto chi continua ad avvelenare un confronto già abbastanza aspro con vergognose “bufale”. Come ad esempio quella che da un paio di giorni è diventata virale sui social secondo Zelensky, in occasione della visita a Roma, avrebbe indossato una felpa nera con un simbolo nazifascista. E, nella versione più surreale di questa autentica “panzana”, ci si spinge a sostenere che probabilmente l’ha fatto per rendere omaggio alla presidente del Consiglio Meloni.
Il problema è che quella che, come vedremo, è un evidente e imbarazzante “bufala”, frutto anche della più profonda ignoranza in materia, non è stata condivisa sui social da qualche “invasato”, ma è stata rilanciata anche da quotidiani, esponenti politici e opinionisti (o presunti tali). “Con quella felpa Zelensky ha offeso le nostre istituzioni. Ma a lui tutto è permesso anche in Vaticano” titola un quotidiano.
“Zelensky ha incontrato Papa Francesco, Meloni, Tajani e Mattarella indossando una maglia con il tridente con la spada, simbolo dei nazifascisti dell’OUN durante la Seconda Guerra Mondiale e dei neofascisti di Pravyj Sektor – rilancia il segretario di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo – non è il tridente simbolo nazionale ucraino. Nel simbolo nazionale ucraino non c’è la spada, che invece c’è nel simbolo dei fascisti dell’OUN, riabilitati dopo Euromaidan, e in quello dei neofascisti di Pravyj Sektor. Il simbolo sulla maglia nera di Zelensky è pressoché identico. Zelensky ha scelto una maglia nera col simbolo neonazista come omaggio a Giorgia Meloni? Al Presidente Mattarella chiedo se non si sente offeso dall’ostentazione di un simbolo fascista? La Nato sdogana il neofascismo per la nuova guerra fredda come già accadde dopo il 1945. Che significato ha lo sfoggio del simbolo dei collaborazionisti ucraini che combatterono al fianco di Hitler e Mussolini durante la visita a Roma? Solidarietà a papa Francesco, l’unico che ha proposto ieri la via della pace”.
“Zelensky accolto a Roma con tutti gli onori mentre indossa una maglia militare con lo stemma del tridente simbolo dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini fondata da Bandera” rincara la dose Donatella Di Cesare, editorialista e docente di filosofia teoretica dell’Università La Sapienza di Roma, divenuta nota al grande pubblico per le sue ripetute apparizioni nei programmi di approfondimento politico televisivi. Al di là delle tante “cantonate” di carattere storico contenute in queste affermazioni, sarebbe stato sufficiente un briciolo di logica per comprendere quanto infondate siano certi deliranti teoremi.
Partendo dal fatto che Zelensky la maglia con quel simbolo la indossa già da tempo e l’ha indossata anche nella sua visita in Germania, quindi di sicuro non era e non voleva essere un fantomatico omaggio a Giorgia Meloni. Per altro va ricordato che in Germania, a differenza di quanto avviene nel nostro paese, ci sono leggi molto intransigenti contro l’ostensione di simboli che fanno riferimento al nazismo e nel paese c’è una cultura e un’attenzione maniacale a queste cose. E in Germania nessuno ha sollevato dubbi e questioni sul simbolo presente sulla maglietta di Zelensky.
Semplicemente perché sono consapevoli della realtà, cioè del fatto che quello sulla felpa non è affatto un simbolo nazista ma è semplicemente una delle varianti del tridente ucraino, simbolo dell’entità che sarebbe diventata l’Ucraina dai tempi del Rus di Kiev, ora diventato simbolo della stessa esistenza storica di quella nazione (in risposta alla teoria di Putin secondo cui l’Ucraina non esiste ma la sua storia sarebbe stata artificialmente creata da Stalin) e simbolo della libertà dell’Ucraina contro ogni occupazione. Come conferma il più accreditato storico ucraino, Oleksandr Kucheruk, che evidenzia come il tridente con la spada è da sempre diventato un simbolo della “rivoluzione della dignità” e della guerra contro gli occupanti nella regione orientale del paese. Più banalmente va sottolineato come anche “Il Fatto Quotidiano”, che non ha mai nascosto la poca “simpatia” nei confronti del presidente ucraino, ha spiegato che quello sulla felpa di Zelensky non è affatto un simbolo nazista. Per altro sarebbe sufficiente approfondire un po’ sui siti o sui libri che parlano della storia dell’Ucraina per scoprire che quel simbolo si trova già su monete documenti del 900 dopo Cristo.
Così come basta confrontare i simboli per verificare che quello mostrato da Zelensky è differente da quello dell’Oun. Per altro, a differenza di quanto affermato dalla Di Cesare, non è affatto vero che l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini sia stata fondata da Stepan Bandera (considerato un alleato dei nazisti). L’Oun venne fondata a Vienna nel 1929 dagli ucraini emigrati all’estero dopo l’invasione sovietica della Repubblica popolare nazionale dell’Ucraina. Bandera vi aderì solo 2 anni più tardi e, qualche anno dopo, in conflitto con la linea dell’organizzazione e dell’allora leader Melnyk ne causò la scissione, forndando l’Oun B, in contrapposizione dell’Oun tradizionale, cambiando logo e colori di riferimento (dal blu e giallo , i colori dell’Ucraina, al rosso e nero).
Ci sarebbe, poi, da sottolineare come questa retorica dell’Ucraina e Zelensky in qualche modo filo-nazista, proposta da Putin per giustificare l’ingiustificabile e rilanciata in Italia dai nostalgici sovietici, in teoria sarebbe ampiamente smentita dai fatti. Che dicono innanzitutto che in Ucraina c’è una legge che condanna i regimi totalitari comunista e nazionalsocialista e una legge che vieta la propaganda dei loro simboli, mentre i dati reali delle ultime elezioni evidenziano come i partiti di estrema destra hanno raggiunto a malapena l’1% (315 mila voti su 30 milioni di votanti).
Si potrebbe continuare ancora a lungo, molto più interessante è invece evidenziare come le polemiche e le “bufale” sul simbolo presente nella felpa di Zelensky in realtà non sono nate nel nostro paese ma, guarda il caso, sono nate in Russia, con l’intervento del propagandista russo Sergej Karnauchov sul suo canale Telegram, poi riproposto e cavalcato da diversi siti di propaganda russa per rilanciare la retorica dell’Occidente terra di nazisti. A cavalcare ulteriormente la polemica ci ha, poi, provato, il gruppo filorusso Voxkomm che, a supporto della tesi del simbolo nazista, ha condiviso il link dell’Internet Encyclopedia of Ukraine dove si fa riferimento all’Oun e al suo logo. Peccato, però, che cliccando su quel link si scopre come, almeno secondo quel sito, l’Oun ha sempre preso le distanze dal nazismo tedesco e dal fascismo italiano, indicando come impegno prioritario dei nazionalisti ucraini dell’epoca la battaglia contro la Germania di Hitle e l’Unione Sovietica di Stalin.
Quello che, però, più conta è che il patetico sforzo propagandistico russo non ha avuto seguito da nessuna parte, tranne che nel nostro paese. Chissà perché…