Dovrebbe essere uno dei più alti momenti di democrazia, invece la campagna elettorale è diventata un’indecorosa pagliacciata tra autentiche “follie”, proposte esilaranti e promesse irrealizzabili. Con il 96% degli interventi promessi che sono senza copertura economica…
Se c’era bisogno di una conferma di cosa è diventato questo Paese, non poteva esserci occasione migliore delle prossime elezioni politiche del 25 settembre. Non bisogna essere dei fini analisti per comprendere che viviamo un momento storico molto difficile e particolare, con le conseguenze del post pandemia (che, per altro, non è poi definitivamente alle spalle) e della guerra in Ucraina che farà sentire i suoi gravi effetti nei prossimi mesi autunnali ed invernali. In qualsiasi Paese “normale”, con un simile contesto, assisteremmo ad una campagna elettorale molto sobria e concreta, con partiti e schieramenti preoccupati di proporre soluzioni reali per far fronte alla crisi.
Già, in un Paese “normale” come purtroppo non è da decenni l’Italia, con una classe politica impresentabile che, però, purtroppo rappresenta al meglio quello che ormai è diventato il Belpaese. E che tira fuori il peggio di se proprio in campagna elettorale, trasformando quello che dovrebbe essere uno dei più alti momenti di democrazia in un’indecorosa “pagliacciata”, una gara a “chi la spara più grossa”, tra autentiche “follie”, proposte esilaranti di ogni tipo, imprevedibili “folgorazioni”, improvvisi ritorni di memoria e, naturalmente, mirabolanti promesse che non potranno mai essere realizzate. Basterebbe pensare che il 14 agosto scorso, ultimo giorno per la presentazione dei simboli, al Viminale sono stati presentati ben 101 simboli, la maggior parte dei quali a dir poco surreali.
Come il “Movimento dei Poeti d’azione”, il Movimento internazionale “Naturalismo libero” il “Partito Free”, il movimento “Difesa animalista indipendente nazionale. E poi il “Partito della vita” ma anche il “Partito della Follia creativa”, quest’ultimo con un programma ovviamente in linea con il proprio nome che, tra le altre cose, prevede la consegna di un preservativo a tutti e l’introduzione a scuola delle “lezioni di corteggiamento”. Il problema è che se le proposte di queste liste per così dire singolari sembrano strampalate, non è che quelle dei partiti teoricamente più autorevoli sono molto differenti.
Basterebbe pensare alla folle campagna della Meloni e di Fratelli d’Italia sulle presunte “devianze”, alla proposta del leghista (ed ex azzurro del volley) Mastrangelo che vuole togliere soldi alla sanità per darli allo sport, a quella di Salvini che vorrebbe non far prendere la patente ai ragazzi che non si comportano bene (in base a chissà quale sarà il parametro…), al leader dei gilet arancioni Pappalardo che propone “più lira per tutti”. E, naturalmente, non è neppure il caso di citare il re delle promesse strampalate, Silvio Berlusconi, che passano gli anni ma non perde il vizio… Come se non bastasse non mancano poi le proposte “nostalgiche”, assolutamente anacronistiche e sin troppo evidentemente non percorribili che, però, provocano l’ammirazione dei soliti “boccaloni” che non ricordano in che anno viviamo.
Così Salvini ripropone un anacronistico ritorno alla leva obbligatoria, facile demagogia per chi ritiene i giovani di oggi bisognosi di “ordine e disciplina” (ed evidentemente non hanno certo fatto il militare…), mentre Italexit di Paragone addirittura vuole ricostituire il vecchio istituto farmaceutico militare. Ovviamente in prossimità delle elezioni magicamente politici e amministratori riacquistano miracolosamente la memoria e l’interesse per argomenti a lungo dimenticati ma che possono comunque fruttare qualche consenso in più.
Nelle Marche, ad esempio, l’assessora alla cultura Giorgia Latini (candidata nel collegio uninominale della Camera di Macerata) dopo mesi di silenzio improvvisamente si ricorda, coadiuvata dal “miracolato” Piero Celani, presidente Amat per “grazia ricevuta”, della candidatura Unesco dei teatri storici delle Marche (attivata nel novembre scorso) e, evidentemente convinta che i marchigiani hanno “l’anello al naso”, annuncia che è attiva una task force, senza però degnarsi di spiegare da chi è composta e in che modo starebbe operando…
Ma il vero metro per giudicare la serietà della campagna elettorale e verificare l’attendibilità delle promesse dei vari partiti e schieramenti è sicuramente l’analisi dei rispettivi programmi elettorali. Dalla quale, però, emerge un quadro semplicemente sconfortante, la certificazione di come tutti i principali partiti, con rare eccezioni, “sparano” a vuoto, fanno promesse ben sapendo di non avere praticamente quasi nessuna possibilità non di mantenerle ma neppure di avvicinarle. Analizzando i programmi presentati dai principali schieramenti (centrodestra, Pd-centrosinistra, Movimento 5 Stelle, Azione-Italia Viva) emerge, infatti, che il 96% delle promesse sono senza alcuna copertura finanziaria, quindi senza nessuna possibilità di essere concretamente realizzate. In pratica su 328 misure promesse solo 13 sono accompagnate da una più o meno attendibile indicazione su dove verranno prese le risorse necessarie.
Nel programma “Per l’Italia” pubblicato l’11 agosto dal centrodestra (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Noi moderati), ad esempio, ci sono 88 proposte che, per essere attuate, necessitano di una spesa da parte dello Stato e, in diversi casi, anche particolarmente consistente, anche di svariati miliardi di euro (taglio delle tasse, interventi a sostegno delle famiglie, innalzamento pensioni minime, sociali e di invalidità). Tutte, però, rigorosamente senza neppure una vaga indicazione su dove e come si cercherà di trovare le indispensabili risorse. In tutto il programma l’unica misura che in qualche modo potrebbe garantire un qualche risparmio per le casse dello Stato è quella relativa alla sostituzione del reddito di cittadinanza, che costa annualmente circa 9 miliardi di euro, con altre misure di contrasto alla povertà che, però, non vengono specificate e dettagliate adeguatamente in modo da poter anche solo ipotizzare l’entità dell’eventuale risparmio per le casse dello Stato.
Sono, invece, 88 le misure presenti nel programma “Insieme per un’Italia democratica e progressista” del Pd, anche in questo diverse delle quali richiedono una consistente spesa. In 4 casi c’è una menzione specifica alle coperture da utilizzare, con in particolare il recupero dell’evasione fiscale e l’aumento delle imposte di successione sui patrimoni superiori ai 5 milioni di euro. Più vago è, invece, il riferimento, che si trova spesso nelle misure promesse nel programma del Pd, al Pnrr i cui fondi, però, non sono certo in grado di garantire le coperture per tutte le proposte presentate dal partito di Letta.
Per quanto riguarda il programma del M5S, “Dalla parte giusta: cuore e coraggio per l’Italia di domani” pubblicato il 14 agosto scorso, ci sono complessivamente 61 interventi che presuppongono una spesa per le casse dello Stato, solamente in 4 casi accompagnate da promesse di entrata (la cui attendibilità, però, è tutta da verificare). Il programma presentato da Azione e Italia Viva, infine, presenta 91 interventi che richiederebbero una spesa da parte dello Stato. L’ultima pagina del programma è dedicata al reperimento delle risorse, con due indicazioni, lotta all’evasione e taglio della spesa pubblica, molto generiche e ovviamente del tutto insufficienti per coprire anche solo una parte degli interventi promessi.
“E’ venuto il tempo della serietà” scrivono Calenda e Renzi nel presentare il proprio programma. L’ennesima presa in giro…