Referendum contro il reddito di cittadinanza, l’ultima provocazione di Renzi


Mentre proclama di voler fare di tutto per far andare avanti il governo Draghi, Renzi annuncia di vole depositare in Cassazione il quesito referendario contro il reddito di cittadinanza. Che ha la “grave colpa”, secondo l’Istata, di aver evitato la povertà ad un milione di cittadini…

Se non avessimo imparato in questi anni a conoscere la “diabolica” disinvoltura con la quale riesce a fare tutto e il contrario di tutto, ora saremmo spiazzati e sorpresi dalle mosse in apparente ed evidente contraddizione che si sta facendo in queste ore Matteo Renzi. Che, dopo aver indetto una manifestazione in favore e in appoggio al governo Draghi, come se nulla fosse ha annunciato di voler chiedere il referendum per l’abolizione del reddito di cittadinanza. Un’iniziativa che certamente non contribuisce a rasserenare gli animi (ammesso che ciò sia realmente possibile). “Martedì mattina alle 10 saremo a depositare in Cassazione il quesito referendario per abolire il reddito di cittadinanza” ha annunciando nei giorni scorsi aprendo l’assemblea di Italia Viva.

Non ce ne sarebbe neppure bisogno, ma è opportuno ricordare che, oltre ad essere da sempre un loro “cavallo di battaglia”,  il reddito di cittadinanza è uno dei 9 punti che nei giorni scorsi il Movimento 5 Stelle ha sottoposto all’attenzione di Draghi. Che, vale la pena di ribadirlo, da sempre sostiene che non può esserci governo senza che nella maggioranza ci sia il partito che ha ottenuto in Parlamento la maggioranza relativa dei seggi. In altre parole, se nei proclami Renzi dichiara di voler fare di tutto perché il governo Draghi vada avanti, con tanto di manifestazione a sostegno, nei fatti in realtà con il suo comportamento contribuisce in maniera consistente ad accentuare dissidi e contrasti, quindi a complicare notevolmente le cose.

Sembra quasi che, abituato ad interpretare spesso in prima persona il ruolo del “distruttore”, non sopporti l’idea che questa volta a provocare la rottura sia qualcun altro, Conte e quel che resta del M5S. Gli ultras renziani, che quanto ad intransigenza ed intolleranza non sono certi secondi a nessuno, neppure ai “pasdaran” grillini e leghisti, in queste ore replicano sostenendo che in fondo l’avversione al reddito di cittadinanza è un punto di fermo e un principio irrinunciabile per Renzi. Un po’ come il Mes, viene quasi inevitabilmente da dire, nella precedente crisi di governo per settimane   per sfiduciare il governo Conte 2.

Peccato che, poi, d’incanto il Mes è scomparso dall’agenda politica italiana, soprattutto da quella di Renzi che praticamente non lo ha più neppure menzionato. C’è, poi, un altro particolare tutt’altro che irrilevante che getta ulteriori ombre sulla mossa dell’ex presidente del Consiglio. La legge 352 del 1970 prevede che non si possano presentare referendum abrogativi “nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei 6 mesi successivi alla convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”. Quindi di fatto è assolutamente inutile presentare ora la richiesta di referendum che, in ogni caso, prima del 2025 non potrebbe essere sottoposto al voto degli italiani.

Non ci sono dubbi che Renzi, che tutto è meno che uno sprovveduto, ne sia pienamente a conoscenza. Così come che la sua sia una chiara ed evidente “provocazione” che di certo non contribuisce a rasserenare gli animi e a ricreare quel clima distesso che possa convincere Draghi a proseguire. Al di là degli aspetti e delle eventuali conseguenze politiche della manovra di Renzi, andando nel merito della questione, come ha correttamente sostenuto Lorenzo Tosa quella di Renzi è “una battaglia contro i cittadini”. Si può dire ed è stato detto di tutto sullo strumento introdotto per la prima volta in Italia nel 2019.

Quello che, però, è innegabile è che il reddito di cittadinanza è l’unica misura di sostegno che in qualche modo riesce, sia pure in minima parte, a frenare la crescente povertà nel nostro Paese.  Lo ha certificato nei giorni scorsi l’Istat che, di certo, non è sospettabile di avere particolari simpatie “grilline”. Nel rapporto pubblicato ad inizio luglio, dopo aver tracciato un quadro a tinte più che grigie (inflazione record, aumento del divario sociale, invecchiamento della società, crescita della povertà), l’Istat in un certo senso promuove il reddito di cittadinanza che “ha evitato ad un milione di individui (circa 500 mila famiglie) di trovarsi in condizione di povertà assoluta”.

In qualsiasi paese “normale” la discussione neanche inizierebbe, nessuno “sano di mente” si permetterebbe anche solo di ipotizzare l’abolizione dell’unica misura che in qualche modo ha costituito da argine alla crescente povertà. Invece in quel posto surreale che è diventato il Belpaese da tempo è stata montata ad arte una vergognosa campagna contro questo importante sostegno economico. Per altro non è neppure una novità perché già nella primavera e nell’estate 2021 politici soprattutto del centrodestra, Confindustria e parte della stampa avevano lanciato il tormentone: “per colpa del reddito di cittadinanza non si trovano più lavoratori stagionali”. “Preferiscono il reddito di cittadinanza al lavoro in riviera a Gabicce”, accusava Renzi. “Preferiscono tenersi i 500 euro per restare a casa a vedere gli Europei di calcio” rilanciava Salvini, rendendo quasi impossibile distinguere tra i due Matteo della politica italiana.

Naturalmente dietro a loro si scatenavano le solite “truppe cammellate” di Italia Viva e della Lega con improbabili e surreali esagerazioni ed esasperazioni. Poi, dagli schermi di La7, ci pensava Daniela Santanchè a certificare il problema. “da imprenditore del settore del turismo non posso che confermare la difficoltà che abbiamo a trovare lavoratori stagionali perché molti prendono il reddito cittadinanza”. Poi, però, a smontare questo castello di idiozie, costruito ad arte da una determinata parte politica per compiacere i capricci di Confindustria, erano arrivati i dati ufficiali dell’Inps che certificavano che nell’estate 2021 erano stati sottoscritti 142 mila contratti stagionali, un vero e proprio record, un dato a cui non ci si avvicinava da almeno 10 anni, il doppio rispetto al 2017 e poco meno del doppio rispetto al 2018, cioè quando ancora non c’era il reddito di cittadinanza. Discorso chiuso?

Neanche per sogno, pochi mesi ancora e, dall’inizio del 2022,  ripartito il tam tam, sempre sulla spinta di imprenditori e Confindustria che non digeriscono questo fondamentale supporto economico. Come diceva sempre Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, e con un po’ di malignità viene da pensare che il motivo di questa avversione è perché in tal modo non sono poi così liberi di “prendere per la gola” chi ha bisogno di lavorare. Ancora una volta una parte della stampa si è inchinata ai voleri di Confindustria, dando il via a quella che giustamente Fabio Salamida ha definito una “campagna demenziale, messa in atto da alcune testate vicine a Confindustria che propongono ogni giorno articoli fotocopia con ristoratori che offrono stipendi da manager ai camerieri ma non trovano nessuno perché i giovani non hanno voglia di lavorare e preferiscono il reddito di cittadinanza”.

Siamo ampiamente oltre il limite dell’indecenza, si costruisce un mondo virtuale così lontano e praticamente opposto alla realtà per dare credito e forza ai capricci di una determinata parte sociale. “E’ in atto un ennesimo tentativo di stupro da parte delle generazioni dei garantiti contro le generazioni senza diritti – accusa Salamida – quelli che “accontentati, il posto fisso che era ai miei tempi non esiste più” ora voglio spiegare ai giovani che nel 2022 devono fare gavetta come negli anni ’50. Purtroppo per loro quell’italietta non esiste più: i giovani di oggi sono cittadini europei, molti di loro partono e non tornano più E se vanno a fare i camerieri in Francia, Portagallo, Spagna o Germania sanno che lì saranno pagati il giusto, avranno le giuste tutele, la qualità della loro vita sarà migliore. Insomma, anche se si abolisse il reddito di cittadinanza domani, non ci sarebbe la fila di aspiranti camerieri fuori da ristoranti”.

Per questo è fuori dal mondo la battaglia, strumentale, che vede ora Renzi farsi paladino dei “capricci” di un certo ceto sociale che vive in un mondo a parte, per nulla aderente con la triste realtà del nostro Paese. E’ giusto cambiare il reddito di cittadinanza, provare ad eliminare alcune disfunzioni che effettivamente esistono, potenziare i controlli per fare in modo che venga immediatamente tolto a chi lo percepisce senza averne diritto. Magari affiancando a queste correzioni una seria campagna di controlli per “stangare” e chiudere quelle attività che pagano “in nero”. Questa, così come quella contro l’evasione, sarebbe una seria campagna da portare avanti da parte dei nostri politici.

Il fatto che invece una parte di loro, con in testa Matteo Renzi, preferiscano invece fare la “guerra” all’unica misura che in parte frena la crescente povertà è la più triste e cruda dimostrazione di come i nostri politici (o almeno la maggior parte di loro) siano così distanti dalla realtà che vivono tutti i giorni i cittadini italiani…

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