Mentre la Corte di Appello di Ancona, nell’ambito del procedimento civile, conferma la sentenza di condanna nei confronti della parte venditrice, un’interrogazione con richiesta di risposta scritta mette in evidenza l’inaccettabile comportamento del Comune
L’incredibile vicenda delle villette abusive in via delle Begonie, un’infinita e sconcertante telenovela che si trascina ormai da quasi 20 anni, si arricchisce di una nuova sconcertante e vergognosa pagina, con un’interrogazione a risposta scritta presentata a fine marzo dai gruppi dell’opposizione (Pd, Movimento 5 Stelle e Ascolto&Partecipazione) che evidenzia l’inaccettabile omertà e immobilismo del Comune, messo ora “spalle al muro”. Intanto, però, proprio nei giorni scorsi la Corte di Appello di Ancona, nell’ambito del procedimento civile, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando la Tamarix (che ha realizzato e messo in vendita le villette in questione) alla restituzione del prezzo della casa e al pagamento dei danni.
Una sentenza arrivata dopo una lunghissima attesa (quella di prima grado era stata emessa nel maggio 2015), provocata anche dal fatto che la Corte di Ancona dal novembre 2019 aspettava che il Tribunale di Ascoli le inviasse il fascicolo di primo grado che, però, era in quella parte degli archivi dove era presente il divieto di accesso per la presenza di amianto. Ma 7 anni di attesa sembrano davvero un’inezia in una vergognosa vicenda che si trascina addirittura dal 1996. Quando il Comune rilasciò concessione edilizia n. 62/96 per la realizzazione di quattro schiere di villette, per complessivi 28 alloggi. Che, per magia, al termine dei lavori diventeranno 40, ben 12 in più di quanti previsti nella concessione edilizia stessa.
Un chiaro ed evidente abuso che non sarebbe mai venuto a galla (nel 2003 il direttore dei lavori aveva attestato la conformità dell’opera ai progetti approvati) se nel novembre del 2003 una coppia di sposi non avesse acquistato una delle villette della schiera C (con ben 16 villette invece delle 11 previste dalla concessione edilizia), con la parte venditrice (la Tamarix) che, all’atto dell’acquisto, assicurava che era tutto in regola, che era stata presentata al Comune dichiarazione per il rilascio dell’abitabilità. Da quel momento, però, per quella sfortunata coppia iniziava un incubo dal quale sembra quasi impossibile uscire fuori.
Emergeva, infatti, che la Tamarix già mesi prima aveva presentato al Comune istanza di variante a sanatoria per le schiere C e D, con la rappresentazione di uno stato difforme sia dalla concessione originaria, sia allo stato attuale. Istanza, però, neppure avviata (secondo il Comune perché “non è stato completato l’iter burocratico-edilizio relativo a detta concessione”), con la stessa Tamarix che nell’ottobre 2004 presentava richiesta di sospensione della domanda stessa. Il successivo 17 dicembre, poi, chiedeva condono edilizio sulla base della legge regionale Marche n.23/2004 che, però, aveva fissato al 10 dicembre 2004 il termine ultimo per presentare l’istanza di condono.
In un paese civile il discorso si sarebbe chiuso lì, con tutte le conseguenze che ciò avrebbe comportato. In quel meraviglioso posto che è il capoluogo piceno quasi 18 anni dopo siamo ancora alla fase istruttoria di un condono fuori tempo massimo! Per quella coppia, invece, è stato un crescendo di ansie e preoccupazioni, con il certificato di agibilità/abitabilità che non arrivava, fino alla sconcertante scoperta. Allo Sportello unico per l’edilizia è emerso infatti che non era mai stata presentata alcuna richiesta di agibilità/abitabilità, né la dichiarazione di conformità degli impianti elettrico e del gas. Inoltre non erano stati depositati presso il Genio civile i calcoli strutturali, il collaudo statico della struttura e la conformità alla normativa in materia sismica.
Dopo aver cercato inutilmente un accordo, alla coppia non restano che le vie legali, con tanto di denunce civili e penali. Il giudizio penale, che vede sul banco degli imputati con l’accusa di gravi abusi edilizi i due soci della Tamarix e il direttore dei lavori, si è aperto nell’ottobre 2015 ma tra rinvii per vari motivi, compreso terremoto e covid, siamo ancora in alto mare. Nel procedimento civile, invece, dopo la sentenza di primo grado che ha condannato la Tamarix alla restituzione del prezzo pagato dalla coppia per l’acquisto della casa (248 mila euro oltre interessi), al risarcimento danni per poco meno di 70 mila euro e al pagamento delle spese processuali (nella sentenza il giudice parla di “gravi abusi edilizi” e sottolinea come il Ctu ha evidenziato “l’esistenza di irregolarità urbanistiche, progettuali e strutturali”), ora è arrivata anche la conferma della condanna nel procedimento di appello.
Contemporaneamente, però, la situazione della pratica in Comune è sempre più paradossale. Il 29 novembre 2021, con nota protocollo n. 100024, quella coppia ha chiesto di conoscere lo stato di avanzamento della pratica, il nome del responsabile del procedimento ed i tempi previsti per la sua conclusione. Una richiesta giunta a 23 mesi dalla nota del 3 gennaio 2020 con la quale il dirigente comunale aveva comunicato la rinuncia volontaria del responsabile del procedimento di condono (che, però, per la legge 241/1990 non è consentita ad un dipendente pubblico) e la sospensione per 3 mesi del provvedimento.
Da allora sono passati 2 anni e 3 mesi e il procedimento continua incredibilmente ad essere sospeso. Per altro è opportuno sottolineare come il dipendete comunale nominato (nell’aprile 2005) responsabile del procedimento, il successivo 1 febbraio 2006, con nota protocollo in uscita n. 6275, aveva comunicato che il procedimento stesso si sarebbe dovuto concludere entro 3 anni dalla presentazione, quindi nel 2008. In altre parole il Comune ha un ritardo di “appena” 14 anni… A rendere il tutto ancora più grave e inaccettabile è che dal novembre 2021 il dirigente comunale non ha ancora risposto alla più che legittima richiesta di quella coppia, nonostante una sollecitazione (nota protocollo n. 013720 del 16 febbraio 2022) e anche la richiesta di un incontro con il dirigente stesso e, poi, con il sindaco Fioravanti che non si è neppure degnato di rispondere.
Inevitabile e più che legittima l’interrogazione, con richiesta di risposta scritta, con la quale innanzitutto si chiedono al sindaco e all’assessore all’urbanistica le ragioni di tale inaccettabile disservizio. Ma nell’interrogazione si fa riferimento a tutta questa interminabile vicenda chiedendo anche a sindaco e assessore “se le 39 abitazioni oggetto della suddetta istanza di condono edilizio, attualmente abitate, godano dell’asseverazione antisismica di un tecnico abilitato depositata presso il Genio Civile; se siano conformi alla normativa antisismica vigente al momento della loro edificazione; se per esse esista un collaudo sismico (non statico che sarebbe inutile in zona sismica) asseverato agli atti del Genio Civile; se esista un pericolo di ordine pubblico e/o una minaccia per la pubblica incolumità riguardo alla sicurezza sismica delle 39 abitazioni; se il dirigente del competente settore comunale, sia a conoscenza di eventuali e ripetute Consulenze Tecniche dell’Ufficio del Tribunale di Ascoli Piceno che segnalano un rischio/pericolo per la pubblica incolumità dovuto alle predette 39 abitazioni”.
Domande di cui, in realtà, chi ha seguito e conosce questa vergognosa vicenda conosce già le risposte. Che “inchiodano” l’amministrazione comunale alle proprie responsabilità…