Guerre che hanno provocato milioni di morti e di sfollati, diritti e libertà negate, aumento del gap tra le nazioni ricche e quelle più povere: desolante in quadro che emerge dall’annuale rapporto di Amnesty International. Che evidenzia criticità da “terzo mondo” anche in Italia…
Meno diritti e più conflitti. Sintetizzando, come fa il titolo della rivista “Left”, è questo il desolante quadro che emerge dall’annuale rapporto (2021-2022) di Amnesty International, presentato martedì 29 marzo. Magari per molti, per i più disattenti, potrà suonare strano, ma in effetti, non c’è nulla di sorprendente. Siamo preoccupati e seguiamo con attenzione e interesse ciò che sta accadendo in Ucraina perché mai prima d’ora era accaduto, dopo la seconda guerra mondiale, di avere un conflitto così vicino a noi, con il rischio di finire per l’essere coinvolti. Purtroppo, però, le guerre nel mondo non si sono mai fermate.
“Nel 2021 – si legge nel rapporto di Amnesty International – sono scoppiati o sono proseguiti conflitti in Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Israele/Territorio palestinesi occupati, Libia, Myanmar e Yemen. Tutti gli attori sul terreno hanno violato il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani”. Il rapporto, che analizza a 360 gradi ciò che avviene nel mondo ma anche nei continenti e nei singoli paesi (Italia compresa), nuove da alcuni fondamentali interrogativi: come se l’è cavata la gente sotto le politiche dei potenti nel 2021? I diritti sono stati difesi meglio nelle caotiche competizioni mondiali per ottenere profitto, privilegio e rilievo? I detentori dei diritti sono stati ascoltati, rispettati e protetti meglio mentre la pandemia da covid 19 continuava a diffondersi e i conflitti si aggravavano? E le risposte che emergono non sono affatto rassicuranti, anzi.
“Il 2021 avrebbe dovuto essere un anno di ripresa e recupero – scrive la segretaria generale di AI Agnes Callarmard – invece è diventato l’incubatrice di una più profonda disuguaglianza e di una maggiore instabilità, caustiche eredità per anni a venire”. In generale è stato un anno pieno di slogan accattivanti (“ricostruiremo un mondo migliore”) e di tante belle promesse. Come quella di un reset globale dell’economia, di un’agenda comune mondiale per arginare gli abusi delle multinazionali, di una ripresa sostenibile a livello ambientale, di una solidarietà globale per creare un grande cambiamento.
“Ma gli slogan – prosegue la Callarmard – lasciano il tempo che trovano, le promesse non sono state mantenute e sempre più persone sono state abbandonate a loro stesse, in più luoghi e con maggiore frequenza. Pur avendo altre opzioni, i governi hanno ancora una volta scelto politiche e strade che hanno ulteriormente allontanato molti di noi da dignità e diritti”. Nel complesso il rapporto si occupa in particolare di tre grandi tematiche: la pandemia, i danni collaterali dei vari conflitti e le libertà individuali. Per quanto riguarda il covid, secondo il rapporto di AI “malattie e morti erano incredibilmente prevedibili e dolorosamente evitabili”. Ma l’aspetto su cui ci si sofferma maggiormente è sulla clamorosa differente situazione tra le cosiddette nazioni ricche e quelle povere, con inevitabili e gravi conseguenze anche per le prime.
“Mentre i governi dei paesi ricchi si congratulavano con se stessi per i piani di vaccinazione – si legge nel rapporto – a fine anno il loro sfrenato nazionalismo vaccinale aveva lasciato più della metà del mondo ancora da vaccinare o vaccinata soltanto in parte”. I vaccini hanno offerto la speranza di vedere più vicina la fine della pandemia che, a fine 2021, secondo l’Oms aveva causato almeno 5,5 milioni di morti (ma studi e stime attendibili suggeriscono che il numero reale dei decessi potrebbe essere dalle 2 alle 3 volte superiore). Molti governi hanno annunciato il loro impegno a sostenere una copertura vaccinale globale e il G7 e il G20 si sono presi impegni rilevanti per questo obiettivo. Tuttavia, nonostante gli sforzi di alcuni governi del sud del mondo in particolare, la cooperazione internazionale è in larga parte fallita.
I paesi ad alto reddito hanno accantonato nei loro magazzini milioni di dosi in più di quante ne avrebbero potuto utilizzare, un surplus che avrebbe permesso ad alcuni paesi di vaccinare in media dalle tre alle cinque volte la loro intera popolazione. A settembre è stato calcolato che alcuni di questi stati disponevano di un surplus di oltre 500 milioni di dosi. Mentre l’Ue aveva un tasso di vaccinazione oltre il 70%, molti paesi del sud del mondo erano ancora in attesa di accedere alla prima dose. A fine 2021 era stato vaccinato con doppia dose meno dell8% dei 1,2 miliardi di abitanti dell’Africa. I paesi ricchi come gli stati membri dell’Ue, Norvegia, Svizzera e Regno Unito hanno inoltre sistematicamente bloccato i tentativi di aumentare la produzione globale di vaccini, che avrebbe accresciuto l’accesso da parte dei paesi a basso e medio reddito, rifiutando di sostenere la temporanea sospensione dei diritti di proprietà intellettuale.
Allo stesso tempo, le aziende farmaceutiche, appoggiate da governi potenti, hanno dato massima priorità alla fornitura di vaccini ai paesi ad alto reddito. Questa disuguaglianza vaccinale a livello globale ha rafforzato l’ingiustizia razziale. Al tempo stesso, come sottolinea la segretaria generale di AI “i bassi tassi di immunizzazione hanno consentito il fiorire di nuove varianti, ponendo tutti noi a rischio di mutazioni vaccino-resistenti e allungando i tempi della pandemia”.
Per quanto riguarda i conflitti, quelli sopra citati hanno provocato milioni di persone sfollate, migliaia uccise, centinaia sottoposte a violenza sessuale e sistemi economici e sanitari già fragili collassati a causa di nuovi o irrisolti conflitti “Il fatto che il mondo non sia stato in grado di affrontare questo moltiplicarsi dei conflitti – si legge nel rapporto – ha prodotto ulteriori instabilità e devastazione. Questa vergognosa mancanza d’azione, la costante paralisi degli organismi multilaterali e la mancata assunzione di responsabilità delle potenze hanno contribuito a spalancare la porta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha violato nel modo più evidente il diritto internazionale”.
Situazione non certo migliore per quanto riguarda il tema della libertà, in almeno 67 Paesi sono state introdotte nuove leggi per limitare le libertà di espressione, di associazione o di manifestazione. In particolare sotto i riflettori ciò che avviene in Russia e in Cina ma anche nell’occidente non mancano situazioni oltre i limiti. In 36 Stati degli Usa, ad esempio, sono stati approvati provvedimenti che in qualche modo restringono la libertà di manifestazione, mentre il governo del Regno Unito ha proposto una legge che, se approvata, penalizzerebbe gravemente la libertà di riunione pacifica. Come detto nel rapporto viene analizzata la situazione in tutte le zone del mondo.
Molto interessante (ma sarà oggetto di un approfondimento a parte) è il quadro che emerge in Russia, Ucraina, Donbass e Crimea. Sotto la lente di AI è finita anche l’Italia ed il quadro che emerge presenta diverse criticità, non degne di un paese che vuole definirsi civile. In particolare per quanto riguarda i diritti dei lavoratori, la tutela della salute, le violenze contro le donne, i diritti del mondo Lgbt, la situazione dei migranti. Alcuni passaggi, per altro legati alla pandemia, sono davvero sconcertanti.
“Gli operatori sanitari e sociosanitari che avevano sollevato preoccupazioni per le condizioni di lavoro precarie e insicure nelle strutture residenziali per anziani durante la pandemia – si legge nel rapporto – sono stati sottoposti a procedimenti disciplinari ingiusti e hanno subìto ritorsioni da parte dei datori di lavoro. Invece di affrontare le loro preoccupazioni sull’uso di dispositivi di protezione individuale e sul numero reale di casi di Covid-19 nelle strutture residenziali per anziani, i datori di lavoro hanno utilizzato licenziamenti ingiusti e misure antisindacali per metterli a tacere”.
Secondo AI negati anche i diritti dei residenti anziani nelle case di riposo ad una vita privata e familiare, con le visite vietate, in molte strutture, anche quando le norme le consentivano. Non serviva, invece, il rapporto di AI per scoprire che nel nostro paese resta elevato il numero e i casi di violenze contro le donne (nel 2021 sono state 102 le donne uccise in casi di violenze domestiche), così come la discriminazione e la scarsa tutela dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate. Situazione non migliore per quanto riguarda migranti e rifugiati, è stato stimato che, a fine anno, almeno 300 mila migranti erano ancora senza documenti, circostanza che ha reso difficile per loro il godimento dei diritti e li ha lasciati esposti agli abusi.
Il rapporto di AI, infine, segnala altre due gravi criticità per quanto concerne i diritti sessuali e riproduttivi e la tortura e altri maltrattamenti. “L’accesso all’aborto ha continuato ad essere ostacolato a causa di un numero costantemente elevato di medici e altri operatori sanitari che si rifiutano di fornire assistenza all’aborto” si legge nel rapporto. Che, poi, per quanto riguarda l’Italia conclude evidenziando il problema ancora presente dei maltrattamenti. “Non sono cessate le preoccupazioni per la tortura e altri maltrattamenti delle persone in carcere e in custodia di polizia mentre erano in corso diversi procedimenti giudiziari contro i presunti perpetratori” si legge ancora nel rapporto che cita, poi, la bruttissima vicenda del carcere di Santa Maria Capua Vetere che ha coinvolto ben 120 guardie carcerarie e altri funzionari dell’amministrazione penitenziaria. A dimostrazione che la strada è ancora lunga per poterci definire compiutamente un “paese civile”…