Djokovic come Berlusconi: per i “sovranisti” italiani norme e regole valgono solo per i “poveracci”…
La vicenda Djokovic fa emergere la visione di una parte dell’informazione italiana “sovranista” secondo cui norme e regole valgono per i cittadini normali e per i “poveracci” ma possono essere eluse e calpestate da chi fa parte di una determinata elite
Alla fine il governo filo comunista australiano non ha voluto sentir storie. Solitamente sempre così comprensivo e accogliente con immigrati e chiedenti asilo, a fornire rifugio e trattamento di favore a terroristi e stragisti, si è inspiegabilmente accanito con il nuovo “messia”, Novak Djokovic, che ha come uniche colpe, al di là di qualche “trascurabile” leggerezza, quelle di essere “pieno di soldi”, di essere un devoto cristiano e di combattere il sistema (ma non chiedeteci quale…). Ma d’altra parte si sa, i comunisti a qualsiasi latitudine sono ossessionati dai soldi, non sopportano chi è troppo ricco o troppo devoto e per questo trovano ogni pretesto per colpire chi ha il difetto di essere entrambe le cose. Soprattutto i comunisti italiani (anche se non sembra c’entrano e poi come con la vicenda del tennista serbo), con quel legalismo “peloso” che li porta ad infierire su Djokovic e non su Carola Rakete, che in fondo non si è comportata in maniera diversa dal tennista serbo, o sul caso Bibbiano.
Sono loro, insieme alla schiera di medici, virologi, infettivologi italiani pro vaccino, al governo Draghi e, in particolare, al ministro Speranza i veri colpevoli, naturalmente insieme al governo “comunista” australiano, dell’enorme ingiustizia subita dal quel “sant’uomo buono” di Djokovic, degna dei peggiori crimini contro l’umanità. Sembra incredibile anche solo a pensarci, ma, sintetizzando, è questo il quadro della squallida vicenda del numero uno del tennis mondiale che emerge dal surreale racconto e dai farneticanti commenti di una parte dell’informazione italiana, quella che fa riferimento alla cosiddetta destra sovranista. Che ha l’incredibile capacità di trasformare qualsiasi evento nel solito insulso teatrino all’italiana, che sfrutta ogni qualsiasi evento per portare avanti la propria guerra contro i mulini a vento (i comunisti) e che in ogni situazione dimostra la propria allergia ad ogni genere regola.
O meglio, nella loro sconcertante visione norme e regole devono valere ed essere rigorosamente rispettate dai cittadini “normali” e, ancora più, dai “poveracci”, mentre non devono valere e possono essere aggirate a piacimento da chi, per un motivo o per un altro, fa parte di una determinata elite. Nella loro folle visione della società è inaccettabile che il tennista migliore al mondo debba sottostare alle stesse norme che valgono per tutti gli altri tennisti e per tutti i cittadini comuni, ancor più che ci sia chi invece ha l’ardire di chiedere conto e pretendere che il serbo, come tutti i “comuni mortali”, paghi le conseguenze dei suoi comportamenti. Bisogna ammettere che, quanto meno, per questo mostrano la più assoluta, per quanto sconcertante, coerenza.
Perché sono gli stessi che per anni hanno sostenuto Berlusconi, considerando quasi un vanto il comportamento oltre i limiti e le leggi dell’ex presidente del Consiglio, e che ora sponsorizzano la sua candidatura, ritenendo assolutamente normale che possa diventare Presidente della Repubblica chi ha preso in giro e mentito in Parlamento (la storia di Ruby nipote di Mubarak), chi ha frodato il fisco e, come ha confermato la sentenza della Cassazione, ha finanziato la mafia. E, allora, se il Cavaliere può legittimamente aspirare a ricoprire la più alta carica dello Stato, figuriamoci se Djokovic non aveva tutto il diritto di giocare comunque gli Australian Open.
Ed esattamente come l’ex presidente del Consiglio, il tennista serbo viene trasformato in una sorta di improbabile martire, contro il quale si è accanito il governo filo comunista (in realtà è retto da un liberale…) australiano. Eppure, fino a qualche settimana prima, i vari Borgonovo Porro, Dal Papa, Mancini, Ferrara ecc portavano come esempio l’Australia e le sue intransigenti politiche sull’immigrazione, per la determinazione nel respingere e non far entrare nel paese anche i più disperati, per il rispetto rigoroso, quasi maniacale, delle proprie leggi che pretende da chi arriva e vuole entrare nel paese stesso. Quel rigore e quell’intransigenza che hanno sempre esaltato, oggi che sono rivolti ad una celebrità come Djokovic improvvisamente ai loro occhi appare così insopportabile e li spinge a “vomitare” di tutto contro chi si limita a sottolineare che (fortunatamente, aggiungiamo) esiste ancora qualche paese dove il “dura lex, sed lex” vale per tutti, senza distinzioni.
Addirittura Massimo Dal Papa, sul blog di Nicola Porro, arriva a definire “topi” quanti hanno condiviso ed applaudito alla decisione del governo australiano. “Eccoli tutti lì che urlacchiano con la bava alla bocca – scrive – che pensa, che miscuglio di ignoranza e malafede. Le regole liberticide si rispettano a prescindere?”. In realtà la malafede è di chi stravolge completamente i termini della questione e, peggio ancora, con sprezzo del ridicolo ora si improvvisa improbabile paladino dei diritti umani, mentre non si è mai degnato di spendere una sola parola per vicende come quella di Mehdi Ali, il 24enne fuggito dall’Iran e dalle discriminazioni per la sua etnia araba, che da 9 anni è prigioniero (lui si che non può tornare in Iran perché rischierebbe la vita) nello stesso hotel dove è stato trattenuto per qualche giorno il tennista serbo (il Park Hotel). Mehdi Ali, però, è un “poveraccio” e ad un certo tipo di informazione (e di politica) dei “poveracci” non interessa nulla.
Piuttosto guai non a toccare, ma anche solo a pensare che leggi e divieti, che devono essere imposti a tutti i costi agli ultimi e ai penultimi, debbano valere anche per chi, a vario titolo, fa parte dell’elite. Di fronte ai quali bisogna inchinarsi ed accettare di tutto, anche che venga completamente stravolta la realtà. . “Immaginatevi cosa sarebbe successo se al posto di Novak Djokovic ci fosse stato non dico un immigrato clandestino ma un’altra persona qualunque, ovviamente vaccinata” scrive Porro con incredibile sprezzo del ridicolo, consapevole dell’enorme “panzana” che prova a far passare. Perché, come abbiamo visto, di immigrati che si trovano in condizioni decisamente peggiori del tennista serbo, e senza avere particolari responsabilità dirette, ce ne sono numerosi in Australia. Ma, soprattutto, perché il motivo per il quale Djopkovic è stato bloccato e non partecipa al torneo dello slam è proprio perché non è vaccinato, quindi è del tutto fuori luogo e fuorviante la considerazione del giornalista Mediaset.
Peggio di lui, però, chi, come ad esempio Borgonovo (secondo il quale il caso del tennista serbo è “il sintomo del comunismo sanitario”…) per difendere e sostenere la causa di Djokovic ricorda che qualche anno fa, quando l’Australia era alle prese con l’emergenza incendi, il tennista serbo (come molti altri tennisti impegnati all’Australian Open, per la verità) aveva fatto una consistente donazione ai territori australiani colpiti. In questa folle visione, quindi, chi hai soldi può permettersi e comprarsi tutto, anche il rispetto delle norme. Eppure, nella sua disarmante semplicità, la vicenda che ha coinvolto Djokovic è di una chiarezza imbarazzante.
A partire dal fatto che si sapeva già da mesi che, per partecipare agli Australian Open, era indispensabile essere vaccinati. Così come il fatto che il governo aveva ribadito agli organizzatori del torneo che tale condizione fosse imprescindibile e che aver contratto e superato il virus negli ultimi 6 mesi non avrebbe comunque dato diritto ad alcuna esenzione a chi arrivava da fuori paese. In tal senso sono stati mostrati documenti inequivocabili (le mail inviate dal governo agli organizzatori) dove per altro si ribadiva come fosse tassativo aver fatto il vaccino per poter anche solamente entrare nel paese (e se gli organizzatori, per la smania di avere il tennista serbo in tabellone, gli hanno fatto credere il contrario ovviamente la loro grave responsabilità non cancella e non diminuisce quella di Djokovic).
Era quindi ampiamente noto a tutti gli attori di questa squallida vicenda quale fosse la situazione, che il vaccino rappresentava per il numero uno al mondo del tennis l’unica possibilità di entrare in Australia e disputare il primo slam dell’anno. Non è mai stato un mistero, però, che lo stesso Djokovic è un convinto no vax. Non serve certo ribadire in questa sede cosa pensiamo in proposito, di certo però il tennista serbo avrebbe meritato il massimo rispetto se, per difendere questa sua (errata) convinzione, avesse deciso di rinunciare al torneo dello slam. Invece molto più banalmente ha cercato di sfruttare la sua posizione, l’essere il numero uno del tennis mondiale, per non rispettare le norme imposte a tutti i tennisti. C’è un dato che, più di ogni altro, chiarisce la situazione.
Dei primi 100 giocatori al mondo nel ranking Atp con Djokovic sono complessivamente solo tre i tennisti non vaccinati e gli altri due non si sono neppure presentati in Australia, consci delle norme che di fatto non gli avrebbero consentito di partecipare. Il tennista serbo, invece, non solo ha cercato in ogni modo di aggirare le norme ma, nel farlo, si è reso protagonista di una serie di comportamenti a dir poco imbarazzanti (le uscite pubbliche quando era già positivo, l’intervista con la tv francese già da positivo senza mascherina, il mancato rispetto della quarantena). Un brutto colpo per la sua già immagine già così compromessa, un ulteriore motivo di vanto per quella sconclusionata “armata Brancaleone” di una parte dell’informazione (e della politica) italiana…