Nel corso del 2020 in Italia si sono verificati 112 femminicidi, praticamente uno ogni 3 giorni. E 4 di questi si sono verificati nelle Marche dove si è registrato anche un aumento delle donne che si sono rivolte ai Centri anti violenza. L’identikit delle vittime e dei “carnefici”
Fiorella aveva 69 anni, viveva insieme al marito in un appartamento di un complesso residenziale dell’ex Smia, alle porte della zona industriale di Jesi. Da qualche tempo era in apprensioni per i comportamenti e le attenzioni del suo vicino, un ragazzo di 25 anni con qualche problema psichico. Quella mattina del 7 luglio dei rumori provenienti dal salotto l’hanno svegliata, si è alzata e si è trovata di fronte quel ragazzo. Qualche parola, il tentativo di respingerlo e di salvarsi chiamando il marito ma il giovane l’ha colpita alla gola con vetro rotto e non le ha dato scampo. Ida di anni ne aveva 59 e da qualche mese aveva problemi fisici. Così quel pomeriggio del 28 giugno il marito, che non sapeva più cosa fare, ha preso la pistola che aveva in casa a Filottrano e ha sparato alla moglie, uccidendola sul colpo, per poi farla finita a sua volta.
Simona, invece, aveva 41 anni e la speranza di potersi rifare una vita. Era originaria della Sardegna, poi si era trasferita a Novilara insieme a quello che credeva fosse l’uomo della sua vita, il marocchino Chouaye Mourad. Si erano sposati e dalla loro unione erano nate due figlie, di 7 e 12 anni. Simona, però, aveva poi scoperto che l’uomo era legato al mondo della droga e in seguito era finito dietro le sbarre anche per violenza sessuale nei confronti di un’altra donna. E mentre si trovava agli arresti domiciliari lo aveva denunciato per violenze e maltrattamenti. A fine novembre 2020 l’uomo era stata scarcerato, con divieto di avvicinamento all’ex compagna. Cosa, che, però non gli ha impedito l’11 dicembre di recarsi a casa della donna e sgozzarla con diversi fendenti che quasi hanno decapitato la povera Simona.
Rosina di anni ne aveva 78 e il martedì dopo Natale 2020 aveva appuntamento con un avvocato che si occupa di violenze sulle donne. I vicini di casa a Montecassiano ricordano come lei che era una donna spigliata e socievole da qualche tempo era sempre cupa e con lo sguardo triste. A quell’appuntamento, però, Rosy (come la chiamavano gli amici) non ci è mai andata. La sera di Natale è stata massacrata di botte e uccisa per soffocamento, secondo l’improbabile racconto dei familiari da dei rapinatori. Una messa in scena presto smascherata da un’atroce verità: Rosy è stata uccisa dal marito in collaborazione con il figlio e la nipote.
Femminicidi: la pandemia ombra
Non si può che partire dal ricordo dei 4 femminicidi avvenuti nelle Marche, sui 112 complessivi che si sono registrati in Italia nel corso del 2020, in questa giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un numero impressionante, praticamente ogni 3 giorni in Italia una donna viene uccisa, si verifica un femminicidio. Ed è impossibile non pensare che, nonostante questi drammatici dati e quelli contenuti nel Rapporto sulla violenza di genere nelle Marche (Anno 2020) a cura dell’Agenzia sanitaria regionale, nella nostra zona c’è chi continua a negare o comunque a ridimensionare quella che è invece è a tutti gli effetti una vera e propria emergenza nazionale.
Come dimenticare, ad esempio, l’imbarazzante battaglia portata avanti dall’ex assessora alle pari opportunità del Comune di San Benedetto, Antonella Baiocchi, cercando di mettere sullo stesso piano tutte le vittime di violenza, fingendo di non comprendere quella che il Rapporto dell’Agenzia sanitaria regionale definisce “la dimensione socio antropologica, pubblica, di problema sociale” che si racchiude in quel termine. A tal proposito è opportuno ricordare che il termine “femminicidio” è nato in occasione della strage delle donne di Ciudad Juarez in Messico (non ci sono dati esatti ma si parla di oltre 400 donne uccise) ed indica la violenza fisica, psicologica, economica, istituzionale rivolta contro la donna “in quanto donna”. Che, con la pandemia da covid 19, ha purtroppo subito una preoccupante impennata.
“Rispetto al fenomeno della violenza contro le donne – si legge nel Rapporto – ha contribuito ad un aumento dei casi. Il confinamento forzato determinato dal lockdown, l’isolamento, la perdita di lavoro che ha riguardato soprattutto le donne e la conseguente maggiore dipendenza economica, tutti elementi che sono propri delle strategie messe in atto dai maltrattanti per esercitare il controllo individuale sulle loro vittime e isolarle, ha determinato da una lato una notevole difficoltà per le donne a rivolgersi ai servizi di supporto e, dall’altro, una iniziale difficoltà degli stessi servizi a gestire e ad attrezzarsi rispetto a quanto stava accadendo”.
Come conferma l’indagine pubblicata dall’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto una delle più gravi conseguenze della pandemia è stato proprio l’aumento dei casi di violenza di genere nel mondo, al punto che le Nazioni Unite hanno definito questo fenomeno la “pandemia ombra”, proprio per sottolinearne l’impatto devastante. Che, come detto, nel nostro paese ha prodotto nel corso dell’anno passato ben 112 vittime.
Non solo “femmicidi”: nelle Marche aumentano le segnalazioni di violenze
Un dato che dovrebbe far riflettere e che, seppure già così decisamente preoccupante, non fotografa a pieno la portata di un fenomeno. Innanzitutto perché, come sottolineato nel Rapporto stesso, sono esclusi e sfuggono “tutti quegli eventi causati da violenza di genere che portano alla morte della donna in maniera indiretta, come ad esempio i suicidi. Ne sono esclusi anche i tentati omicidi, in cui la donna riesce a salvarsi, o, ancora, i casi di donne scomparse che magari solo dopo anni sono classificate come omicidi”. E poi perché è segnalato in crescita anche un altro dato, quello relativo al “reato di deformazioni dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”.
Situazione preoccupante, almeno secondo i dati del Rapporto, anche nella nostra regione. Le Marche, infatti, innanzitutto ha un trend di femminicidi simile a quello di regioni con un maggior numero di abitanti come Lazio, Puglia, Calabria. In aumento anche il numero di donne che nel corso del 2020 si sono rivolte ai vari Centri Antiviolenza (Cav) regionali, 483 rispetto alle 471 donne del 2019. E’ importante sottolineare che i 48 casi sono tutti nuovi contatti, nel senso che sono fuori da questo conteggio le donne che si erano già rivolte ai Cav prima del 2020, e che l’aumento è oltremodo significativo perché si verifica nonostante gli impedimenti e le difficoltà che si sono registrati in questo anno di pandemia.
Come già negli anni passati a chiedere aiuto ai Cav sono soprattutto donne italiane (67,2% dei casi), con un età prevalentemente compresa tra i 30 e i 49 anni, nella maggior parte dei casi (61%) che ha o ha avuto una relazione affettiva significativa (39% coniugata/convivente, 22% separata o divorziata). Per quanto concerne l’autore della violenza i dati raccolti dai Cav delle Marche confermano la tendenza a livello nazionale che evidenzia come nell’84% dei casi l’uomo violento è di origine italiana, in genere di un’età compresa tra i 30 e i 60 anni, in oltre il 50% dei casi con un lavoro stabile e senza precedenti problemi con la giustizia.
Violenze degli uomini in un contesto di coppia
Significativo il fatto che quasi il 50% non ha psicopatologie conclamate o dipendenze, un dato che unito al fatto che il 67% delle vittime non presentano problematiche conclamate, evidenzia come la coppia in cui si manifesta la violenza ha una “condizione di salute di coppia” definibile propriamente “normale”. Un dato importante che contribuisce a smentire l’idea diffusa che le violenze intra-familiari avvengono in condizioni di possibili “sofferenze” o disturbi delle personalità dell’uomo violento o della donna vittima. Significativo anche il fatto che nel 79% dei casi gli uomini autori di violenza avevano un legame di coppia o una relazione intima(mariti, fidanzati, conviventi o ex) con la vittima.
Si conferma, quindi, che la violenza degli uomini contro le donne si manifesta e trova le sue spiegazioni in un contesto di coppia in cui però la relazione poggia su un rapporto di prevaricazione e potere dell’uomo sulla donna. Importante anche segnalare che non tutte le donne hanno dichiarato il loro rapporto con il maltrattante. Da segnalare, infine, altri due aspetti significativi che emergono dai dati del Rapporto. Nel 2020 nelle Marche i figli che vivono in un contesto familiare in cui si registrano comportamenti violenti sono 595 di cui 219 maggiorenni e 376 minorenni, un dato che, seppure in aumento, conferma il trend degli anni passati.
Questo significa che i figli sono una presenza rilevante all’interno del contesto familiare violento e, quindi, sono anch’essi destinatari o testimoni della violenza familiare, in modo quindi diretto o indiretto, con effetti che incidono sulla loro crescita e salute psico-fisica in tempi di medio e lungo temine.
Solo una donna su 3 denuncia
Infine c’è da sottolineare che poco meno della metà delle donne marchigiane che si sono rivolte ai Cav (206 su 483) successivamente non ha fatto nessuna azione di tutela e solo il 34% (165) ha poi deciso di procedere a denuncia. Un dato che conferma quanto emerso dall’indagine condotta a livello europeo dalla European Union Agency for Fundamental Rights (FRA) che ha anche individuato le motivazioni che scoraggiano una donna dal denunciare una violenza subita tra le mura domestiche: paura di non essere creduta, paura della reazione della persona violenta, paura che possano allontanarle i figli, timore di essere attaccata in un momento di estrema vulnerabilità, paura di subire una vittimizzazione secondaria a livello sociale, mediatico e giuridico.
Ad aggravare la situazione nel nostro paese c’è il fatto che il sistema giuridico italiano è ancora estremamente in difficoltà nella gestione delle denunce per maltrattamenti in famiglia, ci sono numerose falle nel sistema che rischiano di mettere a rischio la donna, invece di proteggerla. Difficoltà che le donne vivono sulla propria pelle e che dimostrano che, se denunciare è importantissimo, non meno fondamentale è analizzare le dinamiche che ciò scatena in un contesto di violenza domestica.
Di seguito i centri anti violenza e le strutture di accoglienza residenziale delle Marche:
Provincia di Pesaro
Centro Antiviolenza “Parla con noi” – via Diaz n. 10, Pesaro – tel. 0721/639014 email: parlaconnoi@comune.pesaro.pu.it;
Casa di Emergenza “IPAZIA” – email: casaemergenza@labirinto.coop
Casa Rifugio di prima accoglienza “LA MIMOSA” email: info@cante.it
Provincia di Ancona
Centro Antiviolenza “Donne e Giustizia” via Cialdini n. 24/a, Ancona – tel. 071/ 205376 – Numero verde 800 032 810 – email:donne.giustizia@gmail.com
Casa rifugio di prima accoglienza ”Zefiro” – email zefiro@polo9.org
Casa Rifugio di seconda accoglienza per la semi-autonomia “La Casa di Demetra” – reperibilità telefonica: 3666955019
Provincia di Macerata
Centro Antiviolenza “Sos Donna” – P.zza Mazzini n.36 Macerata – tel. 0733/1990133 – email: cavsosdonna@comune.macerata.it.
Casa rifugio di prima accoglienza “Casa Giuditta” – email: accoglienzagiuditta@gmail.com
Casa rifugio di prima accoglienza “Casa Eva” – email: casaeva@ilfarosociale.it
Casa rifugio di seconda accoglienza per la semi-autonomia “Alma Libera” – casa.almalibera@ilfarosociale.it
Provincia di Fermo
Centro Antiviolenza “Percorsi di Donna” tel. 800.21.58.09 – e-mail percorsidonna@ontheroad.coop
Casa rifugio di prima accoglienza – interprovinciale “La casa dei fiori di mandorlo”– email: info@ontheroad.coop
Provincia di Ascoli
Centro Antiviolenza “Donna con te” V.le Marcello Federici c/o Consultorio Familiare, Ascoli Piceno – numero verde 800.02.13 – email: donnaconte@ontheroad.coop