E’ vergognoso che si possa anche solo discutere della possibile candidatura al Quirinale di Silvio Berlusconi come qualcosa di assolutamente normale e plausibile e non come un grave e insanabile vulnus per la nostra Repubblica, dimenticando quanto accaduto
In quel bizzarro e schizofrenico paese che è diventato l’Italia può tranquillamente accadere che esponenti politici e parte della stampa perdano tempo a commentare e inveire contro la surreale ipotesi che Fedez si presenti alle prossime elezioni politiche del 2023 (avrebbe acquistato il dominio fedezelezioni2023.it), come se fosse chissà quale sciagura, facendo quasi scivolare in secondo piano come qualcosa di assolutamente normale quello che invece sarebbe un gravissimo e insanabile vulnus per la nostra Repubblica: la possibile elezione di Silvio Berlusconi a nuovo presidente della Repubblica.
Qualcuno, comprensibilmente e giustamente inorridito da questa ipotesi, ha annunciato che se realmente dovesse accadere non esiterebbe un minuto a restituire il passaporto. In realtà, però, non è necessario che si arrivi fino a tal punto, fino all’indecente catastrofe di avere un simile nuovo presidente della Repubblica, per pensare di restituire il passaporto o chiedere di non essere più considerato cittadino italiano.
Perché è già ampiamente sufficiente verificare con profonda indignazione e altrettanto sgomento che si discute e si considera la candidatura dell’ex presidente del Consiglio, come successore di Mattarella, come se fosse una cosa assolutamente normale, plausibile, come se davvero Berlusconi, al di là delle differenti opinioni politiche, possa avere i requisiti e l’autorevolezza per proporsi come massima carica dello Stato, per provare ragionevolmente il fortissimo desiderio di farlo. Senza troppi giri di parole, c’è ampiamente da vergognarsi già così, già solamente perché si continua a prendere in considerazione quella candidatura che in qualsiasi altro luogo civile sarebbe stata spazzata via unanimemente nel giro di pochissimi minuti.
E d’altra parte come si fa a non vergognarsi profondamente di essere cittadini di un Paese nel quale importanti forze politiche (che, sulla base dei sondaggi, rappresentano oltre il 40% degli italiani) hanno l’impudenza di sostenere, senza provare un fortissimo senso di disagio, che Berlusconi è il loro autorevole candidato al Quirinale. E dove ci sono diversi esponenti politici della parte avversa, oltre che una parte dell’informazione, che ritengono che quella candidatura meriti comunque di essere presa in considerazione.
Da anni ormai le surreali vicende della politica italiana ci hanno spinto più volte a sostenere di aver toccato il fondo, salvo poi dover spostare l’asticella dello “schifezzometro” sempre più in basso. Ora, però, si ha la certezza che dopo questa vergogna sarà praticamente impossibile sprofondare ulteriormente, non si può davvero scendere più in basso. Già così, semplicemente considerando plausibile e autorevole quella candidatura, si può legittimamente sostenere (e senza più la possibilità di correggere poi nuovamente il tiro) che stavolta davvero siamo al punto più basso della storia nella nostra Repubblica, che neppure nei tempi bui del terrorismo o in quelli di “mani pulite” si era arrivati a tanto.
E’ importante sottolineare che non si tratta in alcun modo di una questione di appartenenza o anche di capacità politica. Per spiegarci meglio, per quanto politicamente discutibile (almeno agli occhi di chi scrive) potrebbe apparire, un’eventuale candidatura di Giorgia Meloni (che ancora non è in età per diventare presidente della Repubblica) o di Matteo Salvini (anche lui non ancora in età) sarebbe giusto considerarle assolutamente plausibili e non rappresenterebbero certo quel vulnus istituzionale che invece rappresenta la candidatura di Berlusconi.
Non è una novità che siamo un Paese che dimentica presto e in fretta, ma in questo caso è doveroso ricordare chi è e cosa ha fatto Silvio Berlusconi, che cosa lo rende assolutamente inadeguato anche solo a candidarsi al Quirinale. Partendo innanzitutto dal fatto che l’ex presidente del Consiglio ha subito una condanna definitiva per frode fiscale (nel procedimento sui diritti Mediaset). E se è vero che ha già scontato la relativa pena, cosa che lo rende un cittadino libero, comunque una simile “macchia” lo rende assolutamente impresentabile anche solo come candidato al Quirinale.
Per altro occorre ricordare che lo stesso Berlusconi ha ancora diversi procedimenti giudiziari in corso, a Milano e Roma per i presunti pagamenti alle ragazze che partecipavano alle famose cene ad Arcore, è indagato per l’inchiesta sulle stragi. Sarebbe più che sufficiente solo questo per chiudere ogni discorso ma c’è molto più. Il braccio destro di Berlusconi, l’uomo insieme al quale il Cavaliere ha fondato Forza Italia, Marcello Dell’Utri, ha subito e scontato una condanna a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafioso, con la Corte di appello e la Corte di Cassazione che hanno confermato i suoi stretti rapporti con Cosa nostra.
La stessa Corte di Cassazione, con una sentenza dell’ottobre scorso, ha di fatto confermato che l’azienda dell’ex presidente del Consiglio finanziava Cosa nostra. “Scrivere che la Fininvest ha finanziato Cosa nostra ed è stata in rapporti con la mafia è assolutamente legittimo” scrive la Cassazione nel processo intentato dalla Finivest contro il magistrato Tescaroli, il giornalista Pinotti e la Rcs che ha pubblicato il libro “Colletti Sporchi” nel quale si parla del rapporto tra i vertici della magia siciliana e la società di Berlusconi che, secondo quanto è riportato nel libro stesso, “avrebbe versato periodicamente 200 milioni di lire a titolo di contributo a Cosa nostra”.
Nulla di nuovo, in realtà, perché nelle motivazioni della sentenza definitiva del processo Dell’Utri si legge che “grazie all’opera di intermediazione svolta da Dell’Utri veniva raggiunto un accordo che prevedeva la corresponsione da parte di Silvio Berlusconi di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione da lui accordata da Cosa Nostra palermitana. Tale accordo era fonte di reciproco vantaggio per le parti che a esso avevano aderito grazie all’impegno profuso da Dell’Utri: per Silvio Berlusconi esso consisteva nella protezione complessiva sia sul versante personale che su quello economico; per la consorteria mafiosa si traduceva invece nel conseguimento di rilevanti profitti di natura patrimoniale. Tale patto non era stato preceduto da azioni intimidatorie di Cosa Nostra palermitana in danno di Silvio Berlusconi e costituiva piuttosto l’espressione di una certa espressa propensione a monetizzare per quanto possibile il rischio cui era esposto”.
Come si fa a non provare un profondo senso di vergogna anche solo a pensare di candidare o di discutere come se nulla fosse della candidatura stessa di chi negli anni è provato che ha messo in atto simili comportamenti? Quanto basso (praticamente a zero) è il senso e il rispetto delle istituzioni che ha chi propone e pensa legittimo di umiliare in questo modo la più alta e più rappresentativa istituzione della nostra Repubblica, quella intorno alla quale tutti gli italiani, a prescindere dal rispettivo credo politico, dovrebbero riconoscersi?
Il messaggio che quei politici e quella parte dei media sta lanciando ai cittadini è semplicemente terrificante, si sta praticamente sostenendo che le istituzioni dello Stato non meritano neppure la minima forma di rispetto, non sono per nulla “sacre” come invece qualcuno ancora si illudeva che fossero. Le conseguenze potrebbero essere devastanti. Ma non basta. Il presidente della Repubblica in Italia ha relativamente pochi compiti ma è il capo del Csm, il tutore delle istituzioni e l’arbitro che garantisce con imparzialità che tutti rispettino e siano uguali di fronte alle regole. Se non fosse una cosa terribilmente seria, pensare a Berlusconi come capo della magistratura potrebbe essere considerata una delle più divertenti barzellette degli ultimi decenni.
Quanto al garante delle istituzioni e l’arbitro che garantisce imparzialità e l’uguaglianza di tutti di fronte alle regole basterebbe ricordare un numero: 38. Tante sono, infatti, le leggi ad personam che, nei vari periodi in cui era presidente del Consiglio, Berlusconi ha fatto approvare per sfuggire a processi o per evitare guai alle sue aziende. Si potrebbero ricordare il “lodo Alfano” (con il quale bloccò il processo per corruzione in atti giudiziari), il legittimo impedimento per bloccare i processi Mediaset e Mills, la legge sul falso in bilancio che in un attimo cancellò 5 procedimenti in corso a suo carico per quel reato, la legge Cirami per spostare i suoi processo da Milano a Brescia.
E poi ancora il decreto Tremonti (giugno 1994), che detassava del 50% gli utili reinvestiti e che consentì a Mediaset di risparmiare 247 miliardi, il decreto interpretativo ex post che consentì di sanare le irregolarità delle liste del Pdl presentate fuori tempo massimo, il condono fiscale del 2002 con il quale sanò, pagando 1.800 euro, l’evasione di 301 miliardi di lire che gli contestavano i giudici. Non è neppure e non serve certo affrontare poi l’aspetto meramente politico della possibile candidatura al Quirinale di Berlusconi, di fronte a simili imbarazzanti macigni è davvero impensabile anche solo di iniziare una discussione “meramente politica” sulla questione.
Così come non vogliamo neppure ragionare sui “numeri”, su quanti voti avrebbe bisogno o mancano a Berlusconi per poter realmente coronare il suo sogno, un vero incubo per il nostro Paese. Nonostante le ripetute dimostrazioni contrarie di questi anni, vogliamo ancora illuderci che i nostri parlamentari abbiano ancora un briciolo di dignità e di rispetto per la patria che non merita di subire un simile vulnus. Per questo non vogliamo neppure credere alle voci di questi giorni secondo cui Renzi ed Italia Viva sarebbero pronti ad assicurare a Berlusconi i voti che potrebbero essere decisivi, tanto meno al fatto che il leader di IV lo avrebbe assicurato a Dell’Utri (Elena Boschi lo ha decisamente negato in un’intervista al Corriere della Sera, mentre Dell’Utri in un certo senso l’avrebbe confermato). Ci rifiutiamo di credere che Renzi e il suo gruppo possano ridursi a tanto.
Certo, però, sarebbe sufficiente che lo stesso Renzi affermi senza esitazioni che quella di Berlusconi sarebbe comunque una candidatura inaccettabile per chiudere il discorso. Che, invece, probabilmente resterà aperto fino ai giorni in cui i grandi elettori inizieranno a votare. Non vogliamo davvero credere che si possa arrivare a tanto. In quel caso, più che aver toccato il fondo, si potrà legittimamente rispolverare una vecchia definizione che Zavoli aveva coniato per il periodo buio e drammatico del terrorismo, “La notte della Repubblica”. Con l’atroce sospetto che, nel caso si concretizzasse quella vergogna, da quelle tenebre stavolta sarebbe molto più difficile uscirne…