Decessi ed eventi avversi, i dati ufficiali certificano la sicurezza del vaccino
Secondo il rapporto di famacovigilanza dell’Aifa su 84 milioni di dosi somministrate le reazioni avverse gravi accertate sono lo 0,005% mentre i decessi correlabili al vaccino lo 0,000019% (16). Primi dati anche sulla terza dose, una sola segnalazione su 46 mila dosi
Sono appena lo 0,12%, su oltre 84 milioni di dosi, le segnalazioni di sospetta reazione avversa al vaccino covid 19 pervenute alla Rete nazionale di farmacologia dal 27 dicembre 2020 (data di avvio della campagna di vaccinazione) fino a fine settembre 2021. E di queste l’85,5% sono riferite a sospetti eventi avversi non gravi, mentre il 14,5% sono quelli classificati gravi. Per quanto riguarda i decessi, quelli fino ad ora correlabili al vaccino sono 16, pari allo 0,000019%. E’ quanto emerge dal nono Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini covid 19 pubblicato nei giorni scorsi dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. Che, per la prima volta nel rapporto di farmacovigilanza, si occupa anche della terza dose di vaccino, partita nel corso del mese di settembre e che nelle prime 46 mila somministrate ha fatto registrare un solo sospetto evento avverso, per altro non grave.
E’ chiaro, però, che si tratta di un numero di dosi ancora troppo esiguo per poter trarre qualsiasi conclusione. Ben più significativi e rilevanti sono invece i dati relativi alla campagna vaccinale italiana nel suo complesso, con le oltre 84 milioni di dosi somministrate (84.010.605 per la precisione, dato riferito al 26 settembre 2021) dalle quali sono scaturite complessivamente 101.110 segnalazioni di sospetta reazione avversa, pari a 120 eventi segnalati ogni 100 mila dosi (0,12%).
“Nessun prodotto medicinale può essere mai considerato esente da rischi. Ognuno di noi, quando decide di servirsi di un farmaco o di sottoporsi a una vaccinazione, dovrebbe avere presente che quello che sta facendo e bilanciare i benefici con i rischi. Verificare che i benefici di un vaccino siano superiori ai rischi e ridurre questi al minimo è responsabilità delle autorità sanitarie che regolano l’immissione in commercio dei prodotti medicinali” si legge nell’introduzione al rapporto.
Che poi ricorda come “il nostro Paese è dotato di un sistema di farmacovigilanza che, ormai da molti anni, dedica un’attenzione particolare e un apposito impianto organizzativo proprio al monitoraggio di quello che succede dopo la somministrazione di un vaccino. Si tratta di un sistema aperto, dinamico, cui tutti (professionisti sanitari, pazienti, genitori, cittadini) possono inviare le proprie segnalazioni contribuendo al monitoraggio dell’uso sicuro dei vaccini e dei medicinali in genere”. Nella guida alla lettura dei dati, poi, viene spiegato come le segnalazioni di reazioni dopo la somministrazione del vaccino non sono necessariamente causate dal vaccino stesso e come il compito della farmacovigilanza è proprio quello di indagare sul significato e sulle cause di queste reazioni.
“Il processo di analisi del segnale segue modalità standardizzate in modo che sia sempre possibile confrontarle con altri segnali e altri processi analoghi” si legge nella guida sottolineando come il Comitato consultivo globale per la sicurezza dei vaccini dell’Oms abbia messo a punto un algoritmo specifico che tiene conto della relazione temporale (tra vaccino e reazione), della presenza di possibili spiegazioni alternative, delle prove a favore dell’associazione tra vaccino e reazione, delle precedenti evidenze di letteratura, della frequenza dell’evento segnalato nella popolazione generale (anche non vaccinata) e della plausibilità biologica.
Sulla base di quell’algoritmo e del processo di valutazione i casi segnalati vengono, poi, catalogati come correlabili (l’associazione causale tra l’evento e il vaccino è considerata plausibile), non correlabili (altri fattori giustificano l’evento) o indeterminata (l’associazione è compatibile ma le prove non sono sufficienti). Le segnalazioni prive di informazioni sufficienti, per cui sono necessari ulteriori approfondimenti, si definiscono non classificabili. Come anticipato, secondo il Rapporto di farmacovigilanza sono complessivamente 101.110 le segnalazioni di sospette reazioni avverse, in oltre il 69% dei casi per il vaccino Pfizer (d’altra parte di gran lunga il più utilizzato, mentre il 24,7% dei casi riguarda Astrazeneca e il 5,2% Moderna.
L’età media delle persone oggetto di segnalazione di sospetto evento avverso è di 47,8 anni, mentre nel 71% dei casi le segnalazioni riguardano donne rispetto al 28% dei casi che interessano uomini (per l’1% delle segnalazioni non è riportato il sesso), a fronte di una percentuale di somministrazione quasi identica (52% donne, 48% uomini). Indipendentemente dal vaccino, dalla dose e dalla tipologia di evento, la reazione si è verificata nella maggior parte dei casi (76%) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo, solo più raramente entro le 48 ore successive.
La stragrande maggioranza di segnalazioni (85,4% pari a 86.361) riguardano sospette reazioni avverse non gravi, cioè dolori in sede di iniezione, dolori muscolari, stanchezza, astenia, cefalea, febbre, meno frequentemente nausea, vomito e diarrea, in oltre il 70% dei casi già in guarigione o comunque in netto miglioramento nel momento stesso in cui è stata effettuata la segnalazione. Le sospette reazioni gravi sono invece il 14,4%, complessivamente 14.605.
I tassi di segnalazione di eventi avversi gravi sono praticamente simili per Pfizer e Moderna (rispettivamente 14 e 15 casi ogni 100.000 dosi, lo 0,014 e lo 0,015%) un po’ più elevati per Astrazeneca (35 ogni 100.000, pari allo 0,035%). Il nesso di causalità secondo l’algoritmo dell’Oms è stato ritenuto valido per 10.681 segnalazioni, con 4.301 che sono risultate correlabili, 3.848 indeterminate, 1.845 non correlabili, mentre 339 segnalazioni sono state valutate inclassificabili per mancanza di informazioni sufficienti. Questo significa che, su oltre 84 milioni di dosi somministrate, gli eventi avversi gravi sicuramente riconducibili al vaccino sono lo 0,005%.
Per quanto riguarda le segnalazioni gravi con esito decesso complessivamente sono 608 (0,72 ogni 100 mila dosi). Il 48,2% riguarda donne, il 50,8% uomini (nell’1% dei casi non viene riportato il dato), l’età media delle persone decedute è di 76 anni ed il tempo intercorrente tra la somministrazione e il decesso varia da poche fino ad oltre 6 mesi. Non sono segnalati decessi a seguito di shock anafilattico o reazioni allergiche importanti, nella maggior parte dei casi il decesso si verifica a seguito di complicanze di malattie o condizioni già presenti prima della vaccinazione. Sono 435 su 608 i decessi a cui è applicabile il nesso di causalità con l’algoritmo dell’Oms in base al quale 259 casi risultano non correlabili al vaccino (59,5%), 133 indeterminati (30,6%), 27 inclassificabili (6,2%).
Sono, invece, 16 sui 435 valutati i decessi correlabili al vaccino, in pazienti con una condizione di fragilità per pluripatologie, in alcuni casi deceduti poi per covid 19. Per quanto riguarda la fascia d’età tra 12 e 19 anni, al 26 settembre sono 5.623.923 le dosi di vaccino somministrate (56% prime dosi, 44% seconde), con complessivamente 1.358 segnalazioni di sospetto evento avverso (24 ogni 100 mila dosi), di cui 1041 (76,7%) non gravi e 314 (23,1%) gravi. Non risultano segnalazioni di decessi in quella fascia di età. Da segnalare, infine, che il 94% delle segnalazioni sono state effettuate dal personale sanitario (47% medico, 22% farmacista, 25% altro operatore sanitario), mentre il 6% direttamente dal paziente/cittadino.
Questi sono i dati ufficiali dell’Aifa, verificabili da chiunque. Numeri che parlano chiaro (almeno a chi ha voglia di guardarli) che non hanno bisogno di ulteriori commenti.