Il primo turno delle amministrative sorride al centrosinistra che conquista nettamente Milano, Bologna e Roma e va al ballottaggio a Roma e Torino. In difficoltà il centrodestra, incapace di scegliere candidati credibili, male la Lega, bocciati i sindaci del M5S
La premessa è d’obbligo. Quelle che si sono svolte domenica 3 e lunedì 4 ottobre e che hanno coinvolto oltre 13 milioni di votanti, sono elezioni amministrative (comunali e regionali). Quindi sarebbe azzardato, praticamente folle, sbilanciarsi in considerazioni che valgano anche in riferimento al quadro politico nazionale. Per altro in diversi comuni ci saranno dei ballottaggi i cui esiti potrebbero in parte modificare gli scenari. Di sicuro, però, dal voto di questa prima domenica di ottobre arrivano delle indicazioni interessanti che non si possono sottovalutare ed un esito che per una volta sembra abbastanza chiaro. Infatti, numeri alla mano, non ci possono essere dubbi sul fatto che i veri vincitori di questo primo turno sono il centrosinistra ed il Pd di Letta, così come non ce ne sono che i grandi sconfitti sono la Lega di Salvini e il Movimento 5 Stelle che nelle grandi città dove ha governato (Roma e Torino) praticamente non ha neppure conteso la vittoria.
Non sorprende affatto, invece, che chi ha provato a sfruttare o anche solo ad ammiccare alla squinternata galassia dei no vax e dei no pass elettoralmente parlando è uscito con le ossa rotta. Partendo dai vincitori, che la tornata sia molto positiva per il centrosinistra lo dicono innanzitutto i numeri. Con i 6 comuni capoluogo conquistati al primo turno (contro solamente 3 del centrodestra), comprese 3 grandi città (Milano, Napoli e Bologna) il cui peso in termini politici era ovviamente maggiore. Vittoria netta e indiscutibile, con ampio scarto nei confronti del centrodestra, anche nei collegi di Siena e Roma Primavalle dove si sono svolte le elezioni suppletive per la Camera, con il pieno successo di Letta (quasi al 50%) in Toscana e il seggio strappato al M5S (e al centrodestra che lo sentiva in tasca) a Primavalle. Al di là dei numeri, però, la vittoria assume contorni più marcati se si pensa che nelle tre grandi città citate quello del centrosinistra è stato un vero e proprio trionfo, con il 57% a Milano (+30% rispetto al centrodestra) ed oltre il 60% a Napoli (addirittura +40%…) e a Bologna (+30%).
“Dopo la Regione, conquisteremo anche il Comune di Bologna” dichiarava Salvini prima delle elezioni regionali in Emilia del settembre 2020. E’ passato appena un anno, sembrano secoli visto come è cambiato lo scenario politico. Per altro a Bologna il secondo consigliere comunale più votato, dietro ad Emily Clancy, è risultato il leader delle Sardine Santori che, per la sua candidatura nelle fila del Pd, era stato sbeffeggiato e duramente attaccato da giornali e politici della destra. A rendere più consistente il successo del centrosinistra, però, contribuiscono anche i risultati in alcuni dei comuni che andranno al ballottaggio.
A partire dalle altre due grandi città, Roma e Torino, le cui prospettive solo qualche mese fa erano (ovviamente per il centrosinistra) decisamente più nere. Nella Capitale, prima della scelta del proprio candidato (a dir poco sballata), il centrodestra addirittura accarezzava il sogno della vittoria al primo turno. E nelle ultime settimane sembrava sempre più probabile che al ballottaggio arrivasse Calenda. Invece alla fine l’ha spuntata il candidato del centrosinistra Gualtieri, per altro quasi alla pari con quello del centrodestra Michetti. E l’ex ministro dell’economia probabilmente partirà favorito al ballottaggio, anche se la storia insegna che al secondo turno praticamente si riparte da zero ed è sempre azzardato fare previsioni. A Torino, invece, per mesi la vittoria al primo turno del centrodestra non sembrava neppure in discussione, poi pian piano nelle ultime settimane si è sempre più fatta strada l’ipotesi ballottaggio.
Ma neppure i più ottimisti all’interno del centrosinistra potevano ipotizzare di arrivarci addirittura con il proprio candidato, Lorusso, in vantaggio e anche abbastanza nettamente (43,9% contro 38,9%). Per completare il quadro, considerando complessivamente i 111 comuni (compresi i comuni capoluogo) con oltre 15 mila abitanti (quindi con l’eventuale ballottaggio) che sono andati al voto, dei 53 aggiudicati al primo turno 26 sono andati al centrosinistra, 9 ai civici (di cui almeno 4 chiaramente di centrosinistra e 1 solo chiaramente di centrodestra), 1 al M5S e 18 al centrodestra. Mentre nei 58 che andranno al ballottaggio, in 26 è chiaramente in vantaggio il centrosinistra, in 18 il centrodestra, negli altri candidati civici o del M5S. Non possono, quindi, esserci discussioni sulla vittoria in questo primo turno del centrosinistra che potrebbe addirittura trasformarsi in un trionfo se al ballottaggio si aggiungessero anche Roma e Torino.
“Non vedo una grande vittoria del centrosinistra” ha invece commentato Giorgia Meloni. Che, d’altra parte, non è certo una novità che abbia seri problemi di vista, considerato che non vede neppure la presenza di simpatizzanti fascisti nel suo partito … Battute a parte non si può certo annoverare Fratelli d’Italia tra gli sconfitti, visto che comunque quanto meno ha sorpassato (all’interno del centrodestra) la Lega. Ma di certo la stessa Meloni si aspettava e si auspicava un risultato migliore per un partito che cresce in maniera decisamente minore rispetto a quanto ipotizzato. E che non può certo rallegrarsi più di tanto per la netta affermazione del centrodestra in Calabria, ottenuta da un uomo di Berlusconi, per altro con Forza Italia che è di gran lunga il primo partito.
Un bilancio non troppo esaltante per la Meloni, quindi, che rischia di diventare negativo in caso di sconfitta al secondo turno del “suo” candidato a Roma, Giorgio Michetti. Non ci sono, invece, dubbi sul fatto che per la Lega e, ancor più, per Salvini questo primo turno si è trasformato in una pesante “mazzata”. Durissima nelle grandi città del Nord (Milano e Torino), dove non solo il Pd torna ad essere di gran lunga il primo partito ma, addirittura, anche FdI scavalca il Carroccio. Che se negli ultimi 3 anni esultava per l’inaspettata avanzata anche nel meridione, ora al sud non solo arretra ma, in gran parte dei casi, crolla. Che lo “stellone” di Salvini fosse in calo lo si era capito già da tempo. La Lega di lotta e di governo non funziona e non giova al Carroccio, così come non giova l’atteggiamento ambiguo del leader e di alcuni esponenti leghisti sui vaccini e sul green pass.
Ancora più pesante, pur se in parte prevedibile, è però la debacle del Movimento 5 Stelle. Resa ancora più imbarazzante dal fatto che nelle due grande città dove amministravano i “grillini” hanno ottenuto risultati disastrosi. A Torino, dove per altro la sindaca uscente Appendino neppure si è ripresentata, non sono neppure arrivati in doppia cifra, mentre a Roma Virginia Raggi addirittura è arrivata quarta, dietro anche a Calenda. Al di là delle tante improbabili giustificazioni che nelle ultime 24 ore si sono lette sui social, la realtà è chiara e inappellabile: il M5S ha miseramente fallito la prova, nel momento in cui i suoi esponenti si sono trovati a governare città importanti come Roma e Torino non sono stati capaci di farlo in maniera adeguata, venendo impietosamente bocciati dai cittadini stessi.
Si dirà, non completamente a torto, che il M5S va sempre meglio alle politiche rispetto alle amministrative. Ma anche il confronto con le comunali di 5 anni fa è impietoso. Gli unici piccoli squarci di luce, in un quadro complessivamente più che grigio, per il M5S arrivano dalla Campania, non solo da Napoli, dove l’alleanza organica con il Pd e il centrosinistra sembra dare qualche frutto. E non è un caso che Conte e Di Maio abbiano già ribadito che quella deve essere la strada. D’altra parte non sembrano esserci alternative, per evitare di sprofondare ulteriormente, ad un accordo con il centrosinistra e con il Pd.
Per il quale, per assurdo, proprio il risultato così negativo del M5S rappresenta l’ombra principale di questa tornata elettorale. Perché in previsione di un’alleanza organica in vista delle prossime elezioni se il M5S non si mantiene almeno intorno al 15% le cose si complicano notevolmente per tutto il centrosinistra. E se dovessimo fare riferimento ai dati di queste amministrative non è affatto scontato che i “grillini” riescano a raggiungere quella cifra. Detto che non vale la pena di spendere più di due parole su quanti pensavano di sfruttare gli ammiccamenti con la sgangherata galassia no vax e no pass per ottenere consensi, ed invece ha finito per ottenere pochissimi voti (è una gioia l’esclusione dal Consiglio comunale di Milano di Paragone…), tutti gli osservatori politici hanno posto l’accento sulla bassa affluenza, considerato come un chiaro segnale della crisi del nostro sistema democratico.
Una scoperta che, però, arriva con discreto ritardo, visto che ormai sono anni che, politiche a parte, la percentuale di votanti è di poco superiore al 50%. Alle amministrative del 2014 votò il 57,2% degli aventi diritto, alle regionali del 2016 il 53,9%, alle comunali del 2016 il 61%, alle europee del 2019 54,5%, alle regionali del 2020 il 57,9%. In altre parole percentuali assolutamente in linea con i54,7% dell’attuale tornata. Per altro, pur se con percentuali maggiori, questa tendenza si è progressivamente manifestata anche alle politiche, visto che a quelle del 2006 l’affluenza sfiorava l’85% mentre alle ultime elezioni politiche (2018) ci si è fermati al 72%. Stupisce, quindi, che ci si accorga solo di questa disaffezione. E che ci si trinceri dietro all’affluenza per cercare di giustificare o ridimensionare l’esito negativo del voto.