Il grido di accusa della sindaca di Appignano Sara Moreschini: “Nessun territorio può essere vocato per sempre alla gestione dei rifiuti, è crudele e scellerato, Lo spazio intorno alla discarica è zona bruciata, la terra in quell’area non ha più alcun valore”
Bisogna ammettere che, con la clamorosa “panzana” sul fantasmagorico Bioparco, il sindaco Fioravanti un risultato comunque l’ha ottenuto. Che l’abbia voluto o meno, il primo cittadino ascolano è comunque riuscito a spostare e catalizzare l’attenzione su quella surreale “bufala”, su un progetto che non esiste, distogliendola dalle discutibili decisioni assunte dall’Assemblea territoriale d’Ambito (Ata) di mercoledì 11 agosto. Che, in concreto, ha stabilito che l’impianto Tmb (trattamento meccanico biologico) sarà a Relluce, dove verrà anche realizzato anche il Biodigestore, mentre la vasca 0 di Geta sarà il punto di riferimento per i rifiuti della provincia. Con la conseguenza che in pratica si sono assunte decisioni pensando soprattutto agli interessi delle aziende private, piuttosto del territorio, con il Comune di Ascoli che non ha certo svolto quel ruolo di guida del territorio stesso che si richiederebbe ad un Comune capoluogo.
Per capire meglio cosa concretamente è accaduto e gli effetti che queste scelte avranno abbiamo incontrato Sara Moreschini, sindaca di Appignano del Tronto, indiscutibilmente con Castel di Lama uno dei territori più colpiti e penalizzati da quelle decisioni. “L’Ata doveva presentare il piano d’ambito – spiega – nel 2017 era stato approvato un preliminare di piano che partiva da una ricognizione generale sulla quantità di rifiuti prodotta dal territorio, una stima sulle previsioni future, anche in considerazione della raccolta differenziata, con anche l’indicazione sulla necessità impiantistica, discarica e impianto tmb, per altro esistente a Spinetoli e migliorabile. La Provincia aveva incaricato l’Oikos di predisporlo e nel preliminare c’era stata anche un’apertura a portare rifiuti fuori, a ragione anche su ambito più grande, Marche Sud, con Fermo e Macerata”.
A complicare le cose, però, il fatto che a Fermo, pur avendo spazio per accoglierli, non hanno più accettato i rifiuti provenienti dal nostro territorio (“alcuni soci di Ascoli Servizi Comunali sono gli stessi della Ecoelpidiense, Asite, Pesaro, quindi per non pestarsi i piedi hanno deciso in tal senso”). Così era arrivata l’ordinanza emergenziale del presidente della Provincia (D’Erasmo) per recuperare la vasca 5 di Relluce, mai chiusa a causa dei ritardi di Ascoli Servizi Comunali, con la possibilità anche di utilizzare la discarica Geta.
“Nell’ultima riunione a fine 2019 – prosegue Sara Moreschini – il progettista del piano d’ambito aveva indicato un cronoprogramma, con modifiche al preliminare, con l’indicazione che sarebbe servito un altro anno per la definizione. Da quel momento, però, non si è più trattato del piano nell’Ata ma solo di covid e tariffe”. Almeno fino al luglio scorso, quando una lettera di 13 sindaci, tra cui quelli di Ascoli e San Benedetto (ma anche alcuni primi cittadini della vallata, come Offida e Spinetoli), chiedeva all’Ata di discutere e votare il progetto presentato da Ascoli Servizi Comunali e Picenambiente. Per altro si sosteneva che bisognava fare in fretta, paventando il possibile commissariamento da parte della Regione. Così, in fretta e furia, veniva convocata una prima assemblea dell’Ata per il 6 agosto e poi il successivo 11 agosto.
“Noi, Castel di Lama e Castorano non abbiamo voluto mai discutere il progetto presentato dalle due aziende private perché il piano d’ambito è un piano politico e devono essere i Comuni a fare le scelte – sostiene la sindaca di Appignano – il piano doveva farlo l’Oikos, naturalmente seguendo gli indirizzi degli amministratori. Oikos doveva dare all’Ata le linee di indirizzo per il tmb e per la discarica. Quanto alla minaccia di commissariamento da parte della Regione è del tutto evidente che non aveva alcun fondamento, non c’è un’Ata regionale che ha ancora predisposto il piano d’ambito. E, in ogni caso, visto che il termine per farlo era il 31 dicembre 2021, c’era tutto il tempo per farlo, non c’era alcuna fretta, c’erano ancora 4 mesi di tempo”.
Va, per altro, sottolineato che la proposta per il Biodigestore non era stata presentata nella prima riunione del 6 agosto, è stata aggiunta l’11 agosto, anche se in tal senso non c’era alcun obbligo di presentarla nel piano d’ambito. E non è un particolare irrilevante che il Biodigestore sia stato inserito al punto 2, prima della discussione sulla discarica. Alla base delle nuove scelte c’è infatti uno scambio di favori, Ascoli (che aveva sempre manifestato la propria contrarietà ad utilizzare la discarica Geta, con tanto di blocchi stradali a cui aveva partecipato anche Fioravanti, allora presidente del Consiglio comunale) per cedere sulla vasca 0 di Geta aveva bisogno di essere certa di avere qualcosa in cambio.
“Non a caso – sottolinea la Moreschini – nella riunione del 6 agosto il vicesindaco di Ascoli Silvestri aveva ribadito che per il capoluogo piceno l’unico punto di riferimento è la discarica di Relluce”. Con simili premesse, si è dunque arrivati alla decisiva assemblea dell’11 agosto con tre punti all’ordine del giorno relativi al piano d’ambito: il tmb, il Biodigestore e la discarica provinciale di riferimento. “Innanzitutto, però, il nuovo piano d’ambito ha escluso e chiuso ogni discorso sulla possibilità di creare un ambito più grande, Marche sud, affermando il principio che ogni territorio deve gestire i propri rifiuti” spiega la sindaca di Appignano. In realtà, però, tale principio viene a cadere quando si tratta di portare negli impianti del territorio rifiuti provenienti da altre zone delle Marche o anche da fuori regione…
“Per quanto riguarda il tmb – prosegue Sara Moreschini – c’è già un impianto a Relluce che però non è funzionante. Sono state quindi presentate 3 differenti possibilità La prima prevedeva di lasciare l’impianto così com’è, tratta i rifiuti che può trattare. La seconda prevedeva due differenti opzioni, partendo dal punto fermo di un revamping (ammodernamento) dell’impianto esistente di Relluce. Nel primo caso, però, era limitato al fabbisogno dell’Ata, circa 30 mila tonnellate. Come controindicazione, però, è stato sottolineato che una simile situazione avrebbe prodotto costi elevati e il rischio di un aumento delle tariffe per i Comuni (e, di conseguenza, poi per i cittadini). E’ singolare che a supporto dei rischi connessi a questa ipotesi non ci hanno mostrato alcun progetto, alcuno studio.
La seconda opzione, che guarda il caso era quella caldeggiata dalle due aziende private, prevedeva un revamping ma di potenzialità elevata fino ai limiti consentiti dalla legge, 80 mila tonnellate. Quindi con l’inevitabile conseguenza dell’arrivo dei rifiuti da altri territori (per altro in una percentuale notevole, più del 50%…). La terza possibilità, invece, prevedeva una rilocalizzazione dell’impianto. La scelta, ovviamente, è caduta sulla seconda opzione della seconda proposta”. Che, guarda il caso, è la più vantaggiosa per l’azienda privata, non certo per il territorio.
“Il secondo punto riguardava il Biodigestore – continua la Moreschini – un progetto presentato dal Comune di Ascoli che prevede il revamping di un impianto esistente. Il problema è che a Relluce c’è solo un piccolo impianto che gestisce 11 mila tonnellate di umido che nella proposta non è neppure nominato e preso in considerazione. Quindi di che revamping stiamo parlando? La realtà è che si tratta di un nuovo Biodigestore da 40 mila tonnellate. Chiarito che nel piano e nei documenti presentati non c’è nulla di quanto annunciato dal sindaco Fioravanti circa il fantasmagorico Bioparco, resta il nodo economico, non è indicata neppure una tariffa”. Il nodo principale, però, è un altro.
“Esiste già un Biodigestore, quello di Force, da 63 mila tonnellate – sottolinea la sindaca di Appignano – per altro, a differenza di quello proposto a Relluce, già approvato. Quindi che bisogno c’è di un altro impianto simile? Per altro l’assessore regionale Castelli ha appoggiato la protesta e le manifestazioni dei sindaci di quei territori, sostenendo che quella valle va difesa e non penalizzata. E, allora, perché la nostra no, perché la nostra valle può essere ulteriormente penalizzata?”. E sarebbe interessante capire il perché di questa imbarazzante disparità di trattamento.
Al di là di questi legittimi interrogativi, con il Biodigestore a Relluce alla fine il territorio piceno avrà tre impianti da quasi 120 mila tonnellate, pur producendo non più di 30 mila tonnellate di umido, di certi vantaggiosi per l’azienda privata ma in gran parte inutili per il territorio. “Terzo ed ultimo punto in discussione – aggiunge la Moreschini – la discarica di riferimento provinciale. Sono stati valutati solo gli impianti già in valutazione di impatto ambientale, quindi la vasca 0 di Geta e la vasca 7 di Relluce. Che, però, ha problemi tecnici e ambientali, per motivi identici sono state già bocciate altre vasche”.
Nel complesso, quindi, è sin troppo evidente che alla fine l’Ata ha preso decisioni che vanno a vantaggio delle aziende private ma non del territorio, colpendo ulteriormente un’area (che comprende Villa Sant’Antonio, Castel di Lama, Appignano, Castignano), una vallata già duramente penalizzata.
“Avevamo chiesto di valutare insieme la redistribuzione dei carichi e la condivisione degli impianti su tutto il territorio – accusa la Moreschini – la nostra richiesta non è stata neppure presa in considerazione, è prevalso un discorso egoistico. Nessun territorio può essere vocato per sempre alla gestione dei rifiuti, è scorretto, crudele e scellerato, non si rendono conto delle difficoltà dei confinanti e della desolazione che hanno creato negli anni accanto alla discarica, non hanno mai fatto niente almeno per provare a migliorare la situazione, su 5 vasche chiuse non hanno mai piantato nulla. Lo spazio intorno alla discarica è zona bruciata, la terra in quell’area non ha più alcun valore”.
La sindaca di Appignano non risparmia neppure il presidente della Provincia Fabiani (“è un presidente inesistente, non ha mantenuto la parola, scrisse che Relluce chiudeva, non è stato corretto”) e in ogni caso non si rassegna. “Aspettiamo la pubblicazione degli atti – afferma – le linee di indirizzo, sulla base di quelle l’Oikos poi deve redigere il piano d’ambito che naturalmente è soggetto ad osservazioni per poi passare in Ata. Proveremo a cambiare qualcosa e, se ci saranno i presupposti, siamo anche pronti a presentare ricorso. Ma oggi è più facile che passi…”. Per la gioia dei “privati” e la disperazione di una parte del territorio piceno…