Montanari come Duringon, l’ultima follia estiva dell’indecente teatrino della politica italiana
Lega, Fratelli d’Italia e Italia Viva chiedono “la testa” del rettore dell’Università per gli stranieri di Siena, accusandolo di aver negato la tragedia delle foibe. “Nessuno nega le foibe ma contesto l’uso strumentale che la destra neofascista ne fa” replica Montanari
Montanari per Duringon. E’ questa l’ultima follia dell’estate di quella maionese impazzita che è diventato il mondo politico italiano, nel quale ormai mistificazioni, invenzioni e speculazioni sono all’ordine del giorno. Per semplificare, questa imbarazzante richiesta di improbabile “compensazione” suona così: se alla fine si è dimesso da sottosegretario il leghista Duringon, che aveva proposto di togliere i nomi di Falcone e Borsellino al parco di Latina per tornare alla precedente intitolazione dedicata al fratello di Mussolini, allora stessa cosa bisogna pretenderla per il rettore dell’Università per gli stranieri di Siena, Tomaso Montanari, che avrebbe negato il dramma delle foibe.
Un’autentica farneticazione demagogica, priva di qualsiasi fondamento e basata su una serie impressionante di falsità, che non stupisce che sia stata messa in piedi da Lega e Fratelli d’Italia. In realtà a pensarci bene non è neppure troppo sorprendente che gli attacchi più forsennati e scomposti siano arrivati da Italia Viva, visto che il partito di Renzi da qualche tempo quanto a populismo e demagogia ha di gran lunga superato Lega e FdI, con feroci campagne denigratorie contro chiunque si azzardi a sollevare anche la minima critica nei confronti del presidente del Consiglio Draghi e del suo governo. “Se Duringon, per molto meno, si è dovuto dimettere, non è ammissibile che il negazionista Montanari venga lasciato al suo posto” tuona Salvini, con tutta la Lega che chiede che venga immediatamente rimosso perché “ha negato il massacro delle foibe e la pulizia etnica”.
“Ma vi sembra normale che chi nega il dramma delle foibe diriga un’università pubblica?” aggiunge Giorgia Meloni. “Dopo Duringon stessa sorte deve toccare a Montanari” si legge in un post pubblicato sui social da Italia Viva, mentre il renziano Gennaro Migliore twitta senza esitazioni: “Chi nega una tragedia come quella delle foibe non ha proprio nulla da insegnare”. “Montanari si dimetta da tutti gli incarichi ricevuti” aggiunge l’altro deputato di Italia Viva Gabriele Toccafondi. Un indegno e indecoroso furibondo attacco, nei confronti di chi ha avuto il coraggio di denunciare il cosiddetto “revisionismo di Stato”, basato su un disgustoso mix di falsità, speculazioni, pressapochismo e, per certi versi, anche di imbarazzante ignoranza.
Partendo innanzitutto dal fatto che è a dir poco paradossale anche solo provare a paragonare le due vicende. Sia per la diversa gravità delle due affermazioni, sia soprattutto per il fatto che il leghista Duringon era un rappresentante del governo, nominato dal presidente del Consiglio Draghi, mentre Montanari è il rettore di un’Università. Quindi chiederne la rimozione da parte del governo o del ministro è una solenne cretinata. “Quello che mi sconcerta – commenta ironicamente lo stesso Montanari – è che alcuni deputati della Repubblica siano così ignoranti da non sapere che i rettori non li rimuove il ministro, non li rimuove il Parlamento, sono cariche elettive. Esiste l’articolo 33 della Costituzione che protegge l’autonomia delle Università, una volta che un rettore è eletto solo la magistratura lo può rimuovere e solo per reati gravi. Ci vuole l’interdizione”.
Quello che, però, è il nocciolo della questione è che il forsennato e scomposto attacco contro Montanari parte da un’evidente mistificazione perché il rettore di Siena non ha affatto negato il dramma delle foibe ma ha parlato di quella vicenda, con alcune sottolineature storiche che in realtà non dovrebbero neppure essere in discussione, nell’ambito di una più articolata denuncia per il montante clima di revisionismo di matrice neofascista che, in spregio della Costituzione repubblicana, rischia di intaccare le fondamenta resistenziali dell’Italia nata dalla lotta contro il nazifascismo. Che contro questa denuncia insorgano Lega e Fratelli d’Italia è comprensibile. Che lo faccia, addirittura con toni più duri, anche Italia Viva è francamente sconcertante.
Il lungo articolo del rettore dell’Università di Siena (che pubblichiamo integralmente di seguito) si occupa della battaglia “il cui obiettivo è un revisionismo di Stato” e “la cancellazione della storia che racconta cosa fu davvero il fascismo e cosa è stato il neofascismo criminale della seconda metà del Novecento”, partendo dalla nomina di Andrea De Pasquale fino ad arrivare al caso Duringon, per il quale Montanari mette in evidenza la palese falsificazione dei fatti e il vergognoso silenzio di Draghi.
E nello sviluppo del suo discorso il critico d’arte parla anche delle foibe, sostenendo che la legge del 2004 che istituisce la Giornata del Ricordo in evidente opposizione a quella della Memoria “rappresenta il più clamoroso successo di questa falsificazione storica”, sottolineando quanto sia inaccettabile equiparare “il grande, spaventoso crimine, il genocidio della Shoah con gli avvenimenti al Confine orientale tra Italia e Jugoslavia”. Il senso e il significato dell’intervento di Montanari è chiaro e assolutamente condivisibile (oltre che storicamente fondato). Ma, per non lasciar dubbi, dopo il divampare delle polemiche, lo stesso rettore dell’Università di Siena ha ulteriormente fatto chiarezza.
“La destra italiana sta equivocando (chissà se IV è da considerare “destra”…) – spiega Montanari – sta inventando tutto, per fortuna c’è un testo pubblicato. Nessuno nega le foibe, ma è l’uso strumentale, politico che la destra neofascista fa della foibe che contesto. La destra sta ingigantendo le foibe da un punto di vista storico, numerico e soprattutto cerca di equipararle alla Shoah, dopo aver ottenuto una Giornata del Ricordo messa in calendario. La falsificazione storica è aver creato quella giornata in contrapposizione alla Giornata della Shoah. Questa è la falsificazione, l’equiparazione dei due tragici eventi”.
Lasciando perdere Meloni e Salvini, che per qualche voto in più da sempre strizzano l’occhio al mondo dei nostalgici fascisti, saremmo davvero curiosi di sapere se Migliore, Di Maio, Toccafondi e tutta Italia Viva, che tanto hanno strepitato contro Montanari, hanno il coraggio di sostenere il contrario. E’ deprimente anche solo doverlo sottolineare, dover ricordare che stiamo parlando di due fenomeni accomunati solo dal periodo storico ma non certo paragonabili per dimensioni ed impatto sociale. Da una parte parliamo di un autentico genocidio, programmato scientificamente e messo in atto dalla Germania nazista e dai suoi alleati (compresa l’Italia fascista) che dal 1933 al 1945 ha portato all’uccisione di circa 6 milioni di ebrei (uomini, donne, bambini), praticamente i due terzi degli ebrei presenti nel territorio europeo.
Dall’altra di un’inaccettabile spietata opera di terrorismo politico, una feroce e crudele rappresaglia compiuta dai partigiani comunisti slavi nei confronti di fascisti, loro collaboratori ma anche semplici sospetti, soprattutto italiani ma anche sloveni e croati. Avvenuta in un periodo, la fine della seconda guerra mondiale, di estrema violenza, nel quale vendette e feroci rappresaglie erano purtroppo molto diffuse.
Basterebbe pensare, ad esempio, che gli atti di repressione e le uccisioni extra giudiziali in quel periodo nel Nord Italia, per mano di italiani e con vittime altre italiani, furono decisamente più numerose, così come l’opera di repressione nel proprio paese da parte del leader partigiano e poi dittatore jugoslavo Tito provocò un numero decisamente più elevato di vittime tra gli stessi slavi. Naturalmente questo non rende meno tragici e meno meritevoli di ricordo quei drammatici fatti. Ma è semplicemente inaccettabile paragonarli alla shoah e provare a strumentalizzarli e amplificarli.
Basterebbe pensare, in proposito, che i primi firmatari della legge che nel 2004 ha poi istituito la Giornata del Ricordo, i parlamentari La Russa e Gasparri (all’epoca Alleanza Nazionale) nel promuovere l’iniziativa parlavano di “milioni di infoibati” quando ufficialmente i morti italiani certamente accertati sono poco più di 800, anche se è presumibile che in realtà siano stati qualche migliaio. Va per altro evidenziato come nei suoi interventi e nelle sue affermazioni inerenti le foibe Montanari per i suoi rilievi si basa sulle pubblicazioni di alcuni degli storici più accreditati (Angelo D’Orsi, Angelo Del Boca, Eric Gobetti) che hanno dedicato anni alla ricerca e allo studio delle vicende relative alle foibe. E che, come è giusto che sia, hanno raccontato anche il contesto storico, quello che era avvenuto negli anni della brutale occupazione da parte dei fascisti e dei nazisti in Jugoslavia che, secondo i dati ufficiali, provocò quasi mezzo milioni di morti.
Naturalmente tutto ciò non rende meno orribili o più giustificabili i massacri delle foibe e l’esodo che ne seguì. Ma, come sottolinea giustamente Montanari, dimostra come celebrare solo una parte di questa vicenda sia in effetti un atto di falsificazione, un inaccettabile tentativo politico di riscrivere la storia.
Il contenuto integrale dell’intervento di Montanari pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 23 agosto scorso
“Domenica scorsa il ministro Franceschini si è assunto la responsabilità della nomina di Andrea De Pasquale alla guida dell’Archivio Centrale dello Stato. Lo ha fatto minimizzando indecentemente l’episodio della santificazione di Pino Rauti, di cui De Pasquale fu responsabile. La reazione delle associazioni delle vittime delle stragi fasciste è stata ferma: «La nomina di De Pasquale è un vulnus intollerabile, una operazione che sembra serva a tranquillizzare quegli apparati che ancora oggi hanno paura della verità. Noi non solo vigileremo ma non ci fermeremo qui». Se, come spero, impugneranno la nomina, avranno ottimi argomenti per vincere.
Sarebbe importante, perché ormai da anni è in corso un’agguerrita guerra culturale da parte di una destra più o meno apertamente fascista: una battaglia il cui obiettivo è niente meno che un revisionismo di Stato. E cioè la cancellazione della storia che racconta cosa fu davvero il fascismo, e cosa è stato il neofascismo criminale della seconda metà del Novecento.
Non si può nascondere che alcune battaglie revisioniste siano state vinte, grazie alla debolezza politica e culturale dei vertici della Repubblica. La legge del 2004 che istituisce la Giornata del Ricordo (delle Foibe) a ridosso e in evidente opposizione a quella della Memoria (della Shoah) rappresenta il più clamoroso successo di questa falsificazione storica. In una coraggiosa lettera aperta, lo storico Angelo D’Orsi ha accusato il presidente Mattarella di aver fatto «un grave torto alla conoscenza storica» con il «discorso del 10 febbraio [2020], in cui non si è limitato a rendere onore a quelli che, nella narrazione corrente, ormai sono i “martiri delle foibe”, ma ha usato ancora una espressione storicamente errata, politicamente pericolosa, moralmente inaccettabile: “pulizia etnica”. Ella, signor Presidente, è caduto nella trappola della equiparazione del grande, spaventoso crimine, il genocidio della Shoah, con gli avvenimenti al Confine Orientale, tra Italia e Jugoslavia, fra il 1941 e il 1948, grosso modo». Le cose, ha invano spiegato D’Orsi al Capo dello Stato, andarono diversamente: «la storiografia ci dice tutt’altro […]: le vittime accertate, ad oggi, furono poco più di 800 (compresi i militari), parecchie delle quali giustiziate, essendosi macchiate di crimini, autentici quanto taciuti, verso le popolazioni locali: nessun generale italiano accusato di crimini di guerra è mai stato punito».
La falsificazione agisce a tutti i livelli. Così Matteo Salvini prova a rovesciare la storia, sostenendo che il sottosegretario leghista Durigon, invocando il ritorno dell’intitolazione del Parco di Latina ad Arnaldo Mussolini, non farebbe altro che difendere una storia ininterrotta fino al provvedimento di «un sindaco di sinistra» che nel 2017 lo dedicò a Falcone e Borsellino. È falso: quel parco cambiò nome (come la stessa città, che si chiamava Littoria…) dopo la Liberazione, e solo nel 1996 un sindaco dichiaratamente fascista recuperò la dedica al fratello del Duce (peraltro senza atti formali, ma solo facendo realizzare alcuni cartelli stradali). Quel sindaco, Ajmone Finestra, non era un “innocuo” nostalgico: per i suoi crimini a Salò il pubblico ministero (che era Oscar Luigi Scalfaro…) chiese la pena di morte. È questa la storia che Durigon difende, e questo l’osceno grumo di neofascismo che Salvini accoglie, e su cui Mario Draghi vergognosamente tace.
Ed è questo il quadro culturale in cui si colloca un De Pasquale che, da direttore della Biblioteca Nazionale di Roma, accoglie la donazione del Fondo Rauti con un comunicato che definiva il fascista Pino Rauti «statista», e «organizzatore, pensatore, studioso, giornalista, deputato dal 1972 al 1992. Tanto attivo e creativo, quanto riflessivo e critico». Pura propaganda di parte: che negava la ragione stessa per cui quel fondo andava accuratamente studiato, e quindi eventualmente accettato dopo averne messo in chiaro la natura – giacché era evidentemente stato creato con finalità apologetiche che avrebbero dovuto essere sottoposte a serrata critica, e non amplificate sui media.
Quel che la Destra vuole ottenere è nientemeno che la negazione radicale del presupposto della nostra Costituzione, la quale è anche «un comando sui vinti», cioè sui fascisti: dal 1948 in poi, in Italia il fascismo non è in alcun modo equiparabile all’antifascismo, né è un’opzione praticabile per il futuro. È un tabù assoluto: e tale deve rimanere, se vogliamo che la democrazia sopravviva.
Un leghista bolognese ha difeso la nomina di De Pasquale auspicando che faccia emergere dai fondi dell’Archivio Centrale dello Stato «qualcosa occultato per anni». Dalla riabilitazione dei Ragazzi di Salò perpetrata da Luciano Violante alla legge sulle Foibe, dal parco di Latina al sostegno leghista a De Pasquale l’obiettivo è sempre lo stesso: riscrivere la storia dalla parte del fascismo. Sapendo benissimo che l’unico modo per farlo, è falsificarla”.