I dati dell’ultimo Bollettino di sorveglianza integrata dell’Iss sono sin troppo chiari e confermano l’efficacia del vaccino, soprattutto per evitare terapia intensiva e decessi. Intanto i tribunali italiani e la Corte europea danno il via libera al green pass
E’ stato un post ferragosto semplicemente disastroso per la variegata galassia dei no vax e dei no pass che, soprattutto negli ultimi giorni, hanno dovuto incassare una serie di pesantissimi “schiaffi”, sia dal punto di vista strettamente scientifico che dal punto di vista legale. Naturalmente nessuno si illude che questo possa servire a far aprire gli occhi a chi è abituato ad alimentare la propria ignoranza (intesa come mancanza di conoscenza) con “bufale” e “panzane” di ogni genere e con una pseudo informazione di terza e quarta mano.
Però magari chi non è così “lobotomizzato” potrebbe quanto meno riflettere e farsi assalire da qualche dubbio. Per assurdo i colpi più grossi da digerire per i no-vax e i no-pass sono proprio quelli cosiddetti legali, anche perché dal punto di vista medico e scientifico le novità degli ultimi giorni non fanno altro che confermare quanto già sin troppo chiaro. E cioè che i vaccini sono attualmente l’unica soluzione, non solo per riprendere una vita che assomigli sempre più a quella pre-covid, ma anche e soprattutto per ridurre al minimo i rischi per la propria salute.
In particolare i dati dell’ultimo Bollettino di sorveglianza integrata (18 agosto scorso), elaborati dall’Istituto superiore della sanità (Iss), che mettono a confronto le diagnosi di covid, le ospedalizzazioni, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi, sono sin troppo chiari (vedi tabella a fianco). E dicono che i ricoverati in terapia intensiva tra i vaccinati con 2 dosi sono lo 0% nella fascia d’età tra 12 e 39 anni, il 5,1% nella fascia 40-59, il 19,3% nella fascia 60-79 e il 41,9% tra gli over 80. Tra i non vaccinati, invece, i ricoveri in terapia intensiva sono il 96,1% della fascia 12-39, l’89% in quella 40-59, il 74,9% nella fascia 60-79 e il 55,8% tra gli over 80.
Numeri pressoché simili per quanto riguarda i decessi, con, tra i vaccinati con ciclo completo, lo 0% (100% tra i non vaccinati) nella fascia 12-39 anni, il 5,7% in quella 40-59 (80% tra i non vaccinati), il 6,3% nella fascia 60-79 (84,2% tra i non vaccinati) e il 36,4% tra gli over 80 (59,1% tra i non vaccinati). Nello stesso Bollettino l’Iss ha anche calcolato l’efficacia vaccinale nella riduzione proporzionale del rischio di osservare un verto evento tra le persone vaccinate rispetto a quelle non vaccinate. Ed è emerso che tra i vaccinati con ciclo completo il rischio di contrarre l’infezione si riduce dell’83% rispetto ai non vaccinati, mentre l’efficacia nel prevenire l’ospedalizzazione è dell’84,2% per i vaccinati con ciclo incompleto (in pratica chi ha fatto una sola dose) e del 94,9% per i vaccinati con ciclo completo.
Per quanto riguarda la prevenzione dei ricoveri in terapia intensiva è del 90,8% per i vaccinati con ciclo incompleto e del 97% per quelli con ciclo completo, mentre la prevenzione dei decessi è dell’84% per i primi e del 97,2% per i secondi. I numeri, veri, certi e certificati, parlano sin troppo chiaro. Il resto sono solo chiacchiere di chi, per ottusità e preconcetto, rifiuta di accettare la realtà. Per altro, proprio nei giorni a cavallo di ferragosto, uno studio condotta da un’equipe di medici italiani (di Università e del Consiglio direttivo nazionale della Società di Malattie infettive e tropicali) ha evidenziato che, oltre alla nota protezione clinica (confermata dai dati sopra citati), nei vaccinati il tempo di declino della carica virale, pur partendo dalla stessa concentrazione virale dei non vaccinati, risulta alla fine circa 5 volte più rapido.
In altre parole, la fase di eliminazione virale nasofaringea nel gruppo di vaccinati è tanto breve da apparire quasi impercettibile. Quindi i vaccinati albergano il virus variante per molto meno tempo e a cariche virali molto più basse. Questo significa, come ben può comprendere chi si intende di virologia, che i vaccinati hanno una probabilità molto più bassa dei non vaccinati sia di contagiare che di elaborare una mutazione del virus. Per altro questo studio italiano conferma quanto evidenziato da altri studi effettuati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, a Singapore, alcuni dei quali sono stati anche pubblicati su Nature (la rivista scientifica ritenuta di maggior prestigio nell’ambito della comunità scientifica internazionale).
La cosa paradossale è che quegli studi sono stati accolti con favore e spesso citati dalla galassia no vax e no pass, evidentemente abituata a fermarsi alle prime righe e a non approfondire correttamente le informazioni. Così facendo hanno potuto esultare per il fatto che in effetti, come sottolineato, inizialmente la concentrazione virale è identica tra vaccinati e non vaccinati. Peccato per loro, però, che poi c’è tutto un seguito che è decisamente meno positive per le loro farneticazioni. D’altra parte, però, quella di non capire neppure determinate informazioni e, di conseguenza, ritenerle erroneamente a sostegno delle proprie tesi, è un’altra caratteristica tipica dei no vax e dei no pass.
Emblematico, a tal proposito, quanto accaduto nei giorni scorsi con la notizia dell’approvazione in via definitiva, da parte della FDA (Food and Drug Administration), del vaccino Pfizer. In particolare l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici ha approvato in via definitiva il vaccino per tutti gli individui con età superiore a 16 anni, mentre ha confermato l’utilizzo in via emergenziale e ancora sperimentale per i ragazzi tra 12 e 15 anni.
Una “tegola” per chi, come appunto no vax e no pass, continuava a ripetere (comunque in maniera non corretta) la favoletta del vaccino sperimentale. Invece il senatore Gianluigi Paragone, uno dei più accaniti sostenitori dei no vax e dei no pass, ha capito “fischio per fiasco”, e così ha pubblicato un video, sulla sua pagina facebook nel quale accusava l’informazione italiana (e in particolare il “Corriere della Sera”, il primo a dare la notizia) di aver fornito una notizia falsa sull’approvazione del vaccino, sostenendo che la FDA aveva confermato che il vaccino è ancora sperimentale.
Se le cose per no vax e no pass continuano ad andare malissimo dal punto di vista prettamente scientifico, non vanno certo molto meglio dal punto di vista giuridico-legale. In queste settimane sui social hanno sempre mostrato un’incomprensibile sicurezza sul fatto che i vari ricorsi annunciati e presentati contro il green pass sarebbero stati accolti. “Tanto sono provvedimenti incostituzionali che i giudici e la Corte europea annulleranno” erano il refrain nei giorni scorsi ripetuto dai no pass. Anche in questo caso la realtà è completamente differente.
Infatti nei giorni scorsi il Tar del Lazio ha dato il via libera sia all’obbligo di green pass per il personale scolastico che alla sospensione dal lavoro, a decorrere dal quinto giorno, respingendo i ricorsi collettivi partiti dai sindacati, tra cui l’Anief. Nella giornata di giovedì 26 agosto, poi, i giudici del lavoro di Firenze e Prato, in 3 distinte ordinanze, hanno respinto i ricorsi presentati da 4 operatori socio-sanitari di una Rsa toscana contro il green pass.
Il giorno precedente, il 25 agosto, la doccia fredda era arrivata dalla Corte europea dei diritti umani che ha respinto il ricorso di circa 600 vigili del fuoco francesi contro l’obbligatorietà del vaccino. Un colpo dopo l’altro per sgretolare le illusioni di no vax e no pass. Che ora dovranno provare ad “inventarsi” qualche altra “panzana” per tentare di dare una parvenza di fondamento alle loro farneticazioni. Di contro, però, l’esito inequivocabile degli ulteriori studi citati, i dati ufficiali e le sentenze dei tribunali italiani ed europei potrebbero e dovrebbero spingere il governo italiano a fare il passo finale e stabilire l’obbligatorietà del vaccino, la strada più rapida e sicura per provare a vincere definitivamente la battaglia contro il covid.