Impunità e inaccettabili privilegi a spese dei cittadini, il prepotente ritorno della casta
Le prime avvisaglie con la vicenda Formigoni. Ora gli sconcertanti casi che coinvolgono la presidente del Senato, il ministro Gelmini, il sottosegretario Durigon e il presidente della giunta Gasparri confermano che gli esclusivi privilegi della casta restano “intoccabili”…
Le avvisaglie c’erano da tempo, come dimostra il caso del vitalizio restituito a Formigoni. Ma, dopo i fatti degli ultimi giorni, c’è la conferma che la casta, con i suoi insopportabili privilegi e i suoi inaccettabili comportamenti al di sopra delle norme, è tornata, ammesso che se ne fosse mai realmente andata. Il clamoroso caso della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati con i suoi 124 voli di Stato in 12 mesi, quello surreale della Giunta delle elezioni e delle immunità che salva il suo presidente Gasparri dal processo, la sconcertante ammissione, ripreso inconsapevolmente dalle telecamere, del sottosegretario all’economia Durigon, la nomina a capo della segreteria tecnica del ministero degli Affari regionali, da parte dello stesso ministro Mariastella Gelmini, di Massimo Parisi sono vicende sicuramente differenti ma altrettanto indiscutibilmente legate da un filo comune che è, appunto, quello dell’appartenenza ad una casta esclusiva i cui componenti sostanzialmente possono fare ciò che vogliono, senza mai pagare le conseguenze del proprio comportamento.
Senza troppi giri di parole, in qualsiasi paese civile i comportamenti citati avrebbero inevitabilmente portato alle dimissioni dai rispettivi incarichi. D’altra parte è inaccettabile, dopo quanto è emerso dall’inchiesta (con tanto di video) di Fanpage, che Claudio Durigon (Lega) possa continuare a rivestire la carica di sottosegretario all’economia. “Quello che indaga sulla Lega della Guardia di finanza, il generale, lo abbiamo messo noi, per questo siamo tranquilli” ha affermato Durigon in merito all’inchiesta della procura di Milano che vede i due contabili della Lega (e revisori del partito in Parlamento) ai domicialiari con le accuse di peculato, turbati d’asta e reati fiscali e già a processo, con rito abbreviato. Sarebbe già ampiamente sufficiente questo per rendere incompatibile la permanenza dell’esponente leghista nel governo, ma c’è di più.
Dal video in questione sono emersi anche altri fatti a dir poco inquietanti, come la denuncia di tessere incredibilmente gonfiate del sindacato che dirigeva (Ugl) come vicesegretario (da quanto emerge parliamo di meno di 100 mila iscritti reali a fronte dei 2 milioni dichiarati), con conseguente accesso ad incarichi lautamente retribuiti sul piano nazionale. E poi rapporti equivoci con collaboratori coinvolti in inchieste dell’antimafia, gestione (quanto meno vantata) di incarichi in partecipate come se fosse un suo esclusivo privilegio. “Le dimissioni ora sono l’unica cosa fattibile. Fuori dal governo, fuori da ogni incarico pubblico” sostiene il prof. Saraceni.
Per decenza dovrebbe essere il suo stesso partito (la Lega) a imporre a Dorigon di farsi da parte. Ma, visto che è impensabile che ciò accada, dovrebbe intervenire direttamente il presidente del Consiglio per pretendere che l’esponente leghista non faccia più parte del suo esecutivo. Così come Draghi dovrebbe sentire fortemente l’esigenza di intervenire nell’altra pesante vicenda che coinvolge in queste ore il suo governo, quella che riguarda il ministro per gli affari regionali Mariastella Gelmini. Che ha nominato capo della segreteria tecnica del suo ministero l’ex parlamentare di Forza Italia Massimo Parisi, condannato in primo grado per bancarotta fraudolenta insieme al suo amico Denis Verdini.
Come se non bastasse con questa nomina si crea la surreale situazione che la Presidenza del Consiglio, che ha chiesto e ottenuto il risarcimento e che tuttora è in causa con Parisi, d’ora in poi stipendierà (per la modica cifra di circa 10 mila euro al mese) l’ex parlamentare di Forza Italia. “Se nella mia condanna c’è l’interdizione dai pubblici uffici? Non lo ricordo” afferma lo stesso Parisi rispondendo alle domande di chi ha provato ad incalzarlo sulla vicenda relativa alla condanna.
Prendendo così gioco dei cittadini italiani, insieme al ministro Gelmini che ha fatto questa inaccettabile scelta. E non meno accettabile è il fatto che su queste vicende il presidente del Consiglio taccia, non intervenga, come se chi entra a far parte del suo governo non sia qualcosa che lo riguardi. Certo, sappiamo bene (lo ripetono in continuazione la maggior parte degli organi di informazione) che Draghi è stato chiamato a Palazzo Chigi essenzialmente per predisporre e gestire il Recovery e per far decollare il piano vaccini, sappiamo anche che la partecipazione al suo governo di quasi tutti i partiti presenti in Parlamento inevitabilmente determina che si debba sottostare a determinati compromessi.
Questo, però, non può in alcun modo significare che quindi il presidente del Consiglio debba accettare che chiunque possa entrare a far parte del suo esecutivo, che anche le scelte e le posizioni più inaccettabili di alcuni partiti e di alcuni suoi ministri debbano essere tollerate. Non riguardano direttamente il governo, invece, le altre due vicende citate che, per certi versi, sono ancor più l’emblema del prepotente ritorno della casta e dei suoi odiosi e diffusi privilegi. Come quello, doppio, che è riservato al presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità, Maurizio Gasparri, che non solo può permettersi di offendere chi vuole ma può anche autoassolversi, utilizzando come scudo l’organismo che presiede.
Gasparri nel gennaio scorso aveva definito il viceministro Sileri “un’idiota”, ricevendo immediata querela. Non è neppure pensabile cosa mai potrebbe accadere se un simile insulto un giornalista lo rivolgesse allo stesso Gasparri o a qualsiasi altro politico, oltre la querela come minimo arriverebbe una causa civile con richiesta di ricchissimi risarcimenti. Ma quello che vale per un giornalista o per un qualsiasi cittadino non vale certamente per chi fa parte della casta dei politici, ancor più se poi è presidente di quell’organismo che poi è chiamato a decidere se concedere lo scudo dell’immunità (o meglio impunità) ad un parlamentare (in questo caso un senatore).
Il gip del Tribunale di Roma, che per legge è stato costretto a rivolgersi a Palazzo Madama per procedere contro Gasparri, sosteneva che l’insulto (perché definire qualcuno un’idiota è chiaramente un insulto…) configura una “gratuita e immotivata aggressione alla reputazione e non rientra nell’esercizio del diritto di critica politica”. In supporto di Gasparri, però, è arrivata la senatrice di Italia Viva Nadia Ginetti che nella sua relazione alla Giunta ha sottolineato l’insindacabilità delle opinioni e delle affermazioni di un parlamentare.
In altre parole secondo l’esponente di Italia Viva il semplice fatto di essere eletto in Parlamento autorizza il parlamentare stesso a dire ciò che vuole, ad insultare chiunque , nei termini e nei modi che ritiene più opportuni, tanto poi può sempre ripararsi dietro lo scudo del “diritto di critica di secondo livello rafforzato”. E’ al tempo stesso singolare ed emblematico che ad esprimere questa posizione sia l’esponente di un partito il cui leader vanta un vero e proprio record di querele per diffamazione presentate contro giornali e giornalisti. In pratica siamo di fronte all’esaltazione del famoso concetto espresso in maniera così colorita dal Marchese del Grillo (Alberto Sordi): “perché io so’ io e voi non siete un cazzo”.
Concetto che è ancor più pertinente nella vicenda che coinvolge la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati che, da maggio 2020 ad aprile 2021, ha utilizzato il cosiddetto “aereo blu” (il Falcon 900 a disposizione del presidente del Senato) per ben 124 volte. Solo per rendere un’idea, il presidente della Camera Fico nello stesso periodo ha utilizzato l’aereo di Stato solamente 3 volte. Di quei 124 voli, ben 97 riguardano la rotta Roma-Venezia, cioè la tratta casa-lavoro (la Casellati risiede a Padova), mentre per ben 6 volte (ad agosto) il volo ha riguardato la tratta Roma-Sardegna dove la presidente del Senato ha trascorso le sue vacanze.
Non servirebbe neppure sottolinearlo, anche se in virtù del decreto legge del luglio 2011 la presidente del Senato non deve giustificar ei suoi viaggi, è buona norma utilizzare l’aereo blu per occasioni istituzionali, non certo per i propri interessi privati. Ma a peggiorare la situazione è arrivata la nota di Palazzo Madama che ha sottolineato come la Casellati ha utilizzato i voli di Stato per evitare il rischio di contagiarsi su treni o voli di linea.
Al di là dell’inevitabile ironia che la vicenda ha scatenato, è un vero e proprio schiaffo a tutti quei cittadini che in questi mesi sono costretti a correre quotidianamente dei rischi incalcolabili solo per dover andare a lavorare, con l’ulteriore beffa che il costo per garantire questo inaccettabile privilegio (i treni ad alta velocità viaggiano con misure ad hoc per evitare i contagi e il Frecciarossa impiega poco più di 3 ore per effettuare, nella massima sicurezza, la tratta Roma-Padova) è ovviamente a carico dei cittadini stessi. E parliamo di una cifra consistente, oltre un milione di euro secondo i calcoli del coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli.
“Cara Casellati, sarebbe bello se i politici mostrassero un minimo di rispetto per i comuni cittadini e per i loro soldi. Così, giusto per non dare l’idea di esagerare nel godimento dei vostri molti, e spesso ingiustificati, privilegi” commenta il prof. Saraceni. Sarebbe bello ma, quanto meno nel nostro paese, è quasi sempre un’utopia. Perchè, come abbiamo visto, invece del rispetto la maggior parte dei nostri politici preferiscono usare nei confronti dei cittadini “normali” lo sprezzante atteggiamento perfettamente descritto da quell’affermazione del Marchese del Grillo…