Riaperture e rischio calcolato: controlli e responsabilità dei cittadini per evitare l’effetto boomerang
Le graduali riaperture dal 26 aprile preoccupano gli esperti, soprattutto sulla base di dati in miglioramento ma ancora non rassicuranti. L’appello della virologa Viola: “servono gradualità, controlli e responsabilità per non trasformare le riaperture in un boomerang”
“Perché queste riaperture non siano un boomerang e non ci facciano ripiombare nell’emergenza sanitaria servono tre ingredienti: gradualità, controlli e
responsabilità”. Le parole della virologa Antonella Viola come spesso accade fotografano alla perfezione la situazione che ci apprestiamo a vivere dal prossimo lunedì 26 aprile. Quando, come tutti ormai sapranno, torneranno le zone gialle e con esse una serie di riaperture graduali. A partire dalla possibilità di spostarsi tra regioni (ovviamente tra quelle che sono “gialle”, anche se è in arrivo la tessera vaccinale che permetterà di spostarsi anche nelle regioni arancioni e rosse), passando dalla riapertura di bar e ristoranti (all’aperto), cinema, teatri e spettacoli (sempre all’aperto), sport e centri sportivi fino al ritorno in presenza ovunque (50% nelle scuole superiori nelle zone rosse).
Aperture che gradualmente diventeranno sempre più estese con il passare delle settimane. Anche se ufficialmente non è stato confermato, è certo che la decisione di procedere con le graduali riaperture è stata esclusivamente politica, nel senso che il governo Draghi l’ha presa senza ascoltare preventivamente il parere del Comitato tecnico scientifico. La “stanchezza” degli italiani dopo oltre un anno di pandemia, la situazione sempre più critica di tante attività unite alle nuove convinzioni che il rischio di contagio all’aperto è assai ridotto (naturalmente se si osservano determinate precauzioni), alla speranza che l’arrivo della buona stagione contribuisca a migliorare la situazione e, soprattutto, alla probabilità che con il passare dei giorni si inizieranno a sentire gli effetti dei vaccini ha spinto il governo ad assumersi questa responsabilità.
E’ evidente che comunque è stato preso un rischio, quanto calcolato lo vedremo. Ma è altrettanto evidente che probabilmente non si poteva fare altrimenti, che la situazione del paese è tale che è assolutamente indispensabile iniziare a programmare riaperture e un lento ma graduale ritorno verso qualcosa che assomiglia alla normalità pre covid. Però non ci si può certo nascondere che in realtà i dati e la situazione del paese non sono certo tali da consentire una graduale riapertura in sicurezza. In particolare i numeri, pur se in indiscutibile lento miglioramento, continuano ad essere alti, così come la situazione degli ospedali (anche in questo caso in miglioramento) sono ai limiti (in diverse regioni oltre i limiti) e la possibilità che con le riaperture tornino a crescere è concreta. Non a caso tutti gli esperti, pur se con diverse sfumature, sono a dir poco perplessi.
“Rischio calcolato? Si, calcolato male – afferma il professor Gallli – abbiamo ancora 500 mila casi attivi che significa averne il doppio perché non possono che essere più di così visto che ce ne sono sfuggiti molti. Abbiamo somministrato appena 23 dosi e mezzo di vaccino ogni 100 abitanti e ci sono ancora molti anziani non vaccinati. In Inghilterra hanno situazione decisamente migliore della nostra ma lo stesso Boris Johnson ha espresso che riaprire lo fanno per necessità di tipo economico ma già prevede casi, morti, difficoltà”.
“Mi auguro che abbiano delle proiezioni ma i numeri non li vediamo, non c’è trasparenza – aggiunge Crisanti – l’espressione ragionato è vuota e decisamente politica e non scientifica. Il rischio è dato da due componenti, la probabilità e l’intensità del rischio. Per la prima sappiamo già che i contagi aumenteranno e non è una probabilità, con le riaperture accadrà questo. Servirebbe un programma di vaccinazioni a tamburo battente per evitarlo. L’intensità è la gravita del fenomeno e i nostri dati sono ancora alti, con le aperture aumenteranno e dovremmo chiudere proprio in estate, quando invece gli altri Paesi saranno fuori dal tunnel”.
“Mentre gli altri paesi del mondo sono ancora in lockdown e stanno uscendo dopo mesi di serrata e milioni di vaccinazioni, noi stiamo riaprendo con 15 mila casi e 400 morti al giorno – aggiunge il direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali Andreoni – In termini epidemici riaprire ora è un azzardo che ha una solo motivazione, quella politica e non certo un avallo scientifico. In un momento cruciale della campagna vaccinale italiana dovremmo essere più rigorosi, pensare alle chiusure e non ad aprire. Ricordo che le terapie intensive vivono ancora una situazione molto complicata di allerta che non è risolta“.
“La decisione di riaprire è una decisione politica e non scientifica. Questo l’ho scritto un anno fa ma è estremamente attuale” twitta Roberto Burioni, mentre Matteo Bassetti sottolinea che “la decisione sulle riaperture è di buon senso e si attendeva, anche perché non viene detto che da domani si apre tutto indiscriminatamente. Ma è giusto iniziare dalle aree esterne dei ristoranti e dei bar perché sappiamo che il contagio all’aria aperta è pari a zero. E’ chiaro che non c’è per questo tipo di decisioni il rischio zero, bisogna fare attenzione e monitorare, nelle aree dove le misure non vengono rispettate si deve tornare alla zona rossa I furbi che non rispettano i protocolli vanno sanzionati subito“.
E a tal proposito ci si ricollega alle parole di Antonella Viola che hanno un significato semplice e allo stesso tempo chiaro. Posto che si decide di riaprire principalmente per altri motivi e non su basi “scientifiche”, per evitare il disastro (perché il dover poi tornare indietro sarebbe più che disastroso e probabilmente letale per il nostro paese) servono i tre ingredienti indicati dalla virologa. In altre parole, ognuno deve fare in maniera coscienziosa e concreta la propria parte. Alla gradualità ci penserà (ci ha già pensato) il governo, non solo con la programmazione delle riaperture già fatta ma anche monitorando concretamente e celermente la situazione in maniera da poter intervenire tempestivamente. I controlli, invece, spetteranno alle autorità preposte e sarà fondamentale che in questo periodo così delicato vengano fatti in maniera seria e non superficiale come è avvenuto negli ultimi tempi.
Ma prima di ogni altra cosa serve una seria assunzione di responsabilità da parte dei cittadini. “Perché le riaperture siano definitive serve che lo stato controlli e che i singoli cittadini siano responsabili – afferma ancora Antonella Viola – se la data del 26 aprile venisse interpretata come un “liberi tutti”, se tornassero gli assembramenti davanti ai locali e nelle strade del centro, se si smettesse di usare la mascherina e di rispettare il distanziamento, queste riaperture durerebbero poche settimane e ci farebbero sprofondare in una crisi insostenibile. Mai come nelle prossime settimane sarà la nostra responsabilità individuale a fare la differenza. E la nostra responsabilità passa prima di tutto attraverso l’adesione alla campagna vaccinale”.
E’ una prova che dobbiamo affrontare con la massima serietà perché stavolta davvero non si può sbagliare. “Dovremo essere responsabili, questo non perché lo Stato voglia scaricare la responsabilità sui singoli ma perché comunque ci vuole corresponsabilità, cioè lo Stato sta accettando dei rischi e dobbiamo farlo insieme perché una progressione che possa essere confermata e che desideriamo tutti sia confermata, si basa si un’adesione dei protocolli e su una responsabilità dei singoli” spiega il virologo Fabrizio Pregliasco. La cui conclusione, però, è semplicemente agghiacciante.
“Il piano di riaperture – conclude – è graduale ma è un rischio, ci sarà un prezzo da pagare e dovremo essere tutti molto consapevoli. Si è parlato di rischio accettato, quindi si sa che i morti ci saranno. Sono morti nell’esigenza di una ripresa sociale ed economica”. Una prospettiva che, pur nella consapevolezza della necessità di ripartire, è davvero difficile da accettare…