“Nessun beneficio”: studio scientifico mette la parola fine sulla cura al plasma iperimmune
Lo studio condotto dall’Iss e dall’Aifa, al quale hanno partecipato 27 centri clinici di tutto il territorio nazionale, ha confermato quanto già evidenziato da tutti gli studi internazionali: “il plasma non ha nessun impatto sulla mortalità o sull’andamento clinico della malattia
La cura al plasma è stata uno dei “tormentoni” di questa interminabile pandemia. Ora il risultato dello studio dell’Istituto superiore della Sanità e dell’Aifa dovrebbero aver scritto la parola fine. “Lo studio – si legge nel comunicato stampa con il quale l’Aifa presenta le conclusioni – non ha evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni”. Quello che stupisce non è tanto il risultato stesso, per altro anticipato da altri studi internazionali che erano arrivati alla stessa identica conclusione, quanto il fatto che la notizia non ha avuto su stampa e tv il risalto che ci si aspettava e che avrebbe meritato.
Eppure per mesi intorno alla cura al plasma si erano costruiti i soliti sospetti. Con il solito atteggiamento complottistico tanto caro ad una parte del nostro paese, a lungo abbiamo ascoltato il solito ritornello che lasciava immaginare chissà quale trama oscura si nascondesse dietro all’incomprensibile fatto che quella cura contro il covid, giudicata dai soliti esperti dei social “miracolosa”, non veniva utilizzata in maniera massiccia e continua. Addirittura alcuni programmi televisivi di approfondimento giornalistico (si fa per dire…) hanno dedicato intere puntate al presunto mistero, ipotizzando neppure troppo velatamente che dietro al mancato utilizzo di questa cura ci fosse la volontà di favorire le “solite” aziende farmaceutiche.
“Che fine ha fatto la cura al plasma?” titolava nel novembre scorso una puntata di “Fuori dal coro” di Mario Giordano, al termine della quale, a chi non conosce a fondo il conduttore, poteva legittimamente venire più che un sospetto che si stesse boicottando una cura che funzionava per chissà quale altri “loschi” motivi. Naturalmente la politica non ha perso tempo per buttarsi e provare a sfruttare un simile argomento, in particolare il leader della Lega Matteo Salvini ha subito cercato di cavalcare la vicenda, rilanciando in ogni modo i sospetti. Già nel maggio 2020, in una diretta social, Salvini aveva citato le posizioni in proposito del dottor De Donno, lanciando forti sospetti sul governo e sull’Istituto superiore di Sanità.
“Non si interessano a questa cura – accusava il leader del Carroccio – in quanto gratuita e senza un business di qualche industria farmaceutica alle spalle”. Al di là del fatto che in realtà la cura non era niente affatto gratuita, pochi giorni dopo Salvini rilanciava le accuse anche al Senato. Da quel momento in poi il leader della Lega per mesi ha regolarmente rilanciato le accuse nei suoi interventi televisivi, in quelli al Senato e soprattutto sui social, postando continuamente video di presunte testimonianze che confermano quanto miracolosa fosse quella cura, sempre conditi con i sospetti sulle ragioni per cui il governo si ostinava a non promuovere tale cura.
Ancora ad inizio 2021, in uno dei suoi consueti interventi da Giletti, Salvini aveva parlato della cura al plasma e accusato il governo e le istituzioni sanitarie del paese di preoccuparsi di chissà quali interessi privati piuttosto che della salute dei cittadini. Poi, improvvisamente, da febbraio in poi improvvisamente il leader della Lega ha cancellato dai suoi interventi ogni riferimento alla cura al plasma. Un improvviso cambiamento probabilmente dovuto al fatto che proprio a febbraio sulla prestigiosa rivista scientifica Jama era stato pubblicato l’esito di uno studio scientifico internazionale che, sulla base delle analisi su oltre 11 mila pazienti, aveva confermato che “il plasma dei guariti non ha nessun impatto sulla mortalità o sull’andamento clinico della malattia”.
Confermato perché già altri studi internazionali erano giunti alla stessa conclusione. Ora, nei giorni scorsi, è arrivato anche il risultato dello studio nazionale comparativo (randomizzato) e controllato effettuato dall’Istituto superiore di Sanità e Aifa e al quale hanno partecipato diversi centri nazionali. Lo studio, avviato nel maggio 2020 e denominato “Tsunami” ha dato risultati negativi. Sono stati messi a confronto pazienti a cui veniva data la terapia standard con pazienti a cui veniva data la terapia standard più il plasma convalescente al titolo di anticorpi neutralizzanti (plasma iperimmune). Alla fine lo studio non ha evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi 30 giorni.
“Lo studio – si legge nel comunicato stampa finale dell’Aifa – ha confrontato l’effetto del plasma convalescente ad alto titolo di anticorpi neutralizzanti (1:160), associato alla terapia standard, rispetto alla sola terapia standard in pazienti con COVID-19 e polmonite con compromissione ventilatoria da lieve a moderata (definita da un rapporto PaO2/FiO2 tra 350 e 200). Hanno partecipato allo studio 27 centri clinici distribuiti in tutto il territorio nazionale che hanno arruolato 487 pazienti (di cui 324 in Toscana, 77 in Umbria, 66 in Lombardia e 20 da altre regioni). Le caratteristiche demografiche, le comorbidità esistenti e le terapie concomitanti sono risultate simili nei due gruppi di pazienti, 241 assegnati al trattamento con plasma e terapia standard (231 valutabili), e 246 alla sola terapia standard (239 valutabili).
Non è stata osservata una differenza statisticamente significativa nell’end-point primario (“necessità di ventilazione meccanica invasiva, definita da un rapporto tra PaO2/FiO2 < 150, o decesso entro trenta giorni dalla data di randomizzazione”) tra il gruppo trattato con plasma e quello trattato con terapia standard. Nel complesso TSUNAMI non ha quindi evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni. L’analisi dei differenti sottogruppi ha confermato l’assenza di differenze significative tra i due trattamenti”.
“L’analisi dei differenti sottogruppi ha confermato l’assenza di differenze significative tra i due trattamenti. Solo nel caso dei pazienti con una compromissione respiratoria meno grave è emerso un segnale a favore del plasma che non ha però raggiunto la significatività statistica. Questo potrebbe suggerire l’opportunità di studiare ulteriormente il potenziale ruolo terapeutico del plasma nei soggetti con covid lieve-moderato e nelle primissime fasi della malattia” si legge ancora nel comunicato stampa che, poi, conclude ribadendo che “i risultati dello studio Tsunami sono in linea con quelli della letteratura internazionale”.
In un paese “normale” chi nei mesi scorsi ha cavalcato e speculato anche politicamente si questa vicenda dovrebbe quanto meno chiedere scusa, ma sappiamo perfettamente che non è pensabile attendersi qualcosa del genere nel nostro paese. Così come probabilmente è vana la speranza che questa ennesima esperienza possa servire a far capire che, a maggior ragione in un momento così drammatico come quello che stiamo vivendo, è inaccettabile alimentare false speranze nei cittadini e, ancora più, spingere lo Stato a prendere decisioni che non siano fondate su solide basi scientifiche.