Il razzismo in Italia? Non c’è ma si vede…


Da Lecce a San Benedetto, da Bergamo al Veneto solo negli ultimi giorni si moltiplicano gli episodi ma guai a parlare di razzismo. Così non stupisce che, per il tragico omicidio di Willy Monteiro Duarte, ci si preoccupi di palestre e arti marziali e non di altro…

Yvan Sagnet è un 35enne nato in Camerun e giunto in Italia per motivi di studio. Si è laureato in Ingegneria delle telecomunicazioni al Politecnico di Torino e dal 2011, dopo aver visto morire per il caldo Paola Clemente (bracciante italiana che lavorava a 2 euro all’ora), è diventato il leader e il portavoce dei braccianti. Sempre in quell’anno organizzò e guidò il primo sciopero dei braccianti agricoli, italiani e migranti, alla Masseria Boncuri di Nardò (provincia di Lecce) dove i lavoratori vivevano in condizioni igienico sanitarie inaccettabili.

Grazie anche al suo impegno, alla battaglia che ha condotto in quegli anni nel nostro paese è stato introdotto il reato di caporalato e si è celebrato in Europa il primo processo sulla riduzione in schiavitù. Per il suo straordinario impegno, nel febbraio del 2017 il presidente della Repubblica Mattarella gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Due giorni fa, 9 anni dopo lo sciopero di Nardò, il Comune di Lecce ha deciso di riconoscere a Sagnet la cittadinanza onoraria, ovviamente con cerimonia ufficiale in Consiglio comunale. Alla quale, però, non hanno partecipato i rappresentanti dell’opposizione di centrodestra.

Anzi, per l’esattezza, i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia e Lega hanno abbandonato l’aula in segno di protesta. Contro cosa è sin troppo facile immaginarlo, la cittadinanza onoraria ad un camerunense di colore è per i sovranisti di casa nostra qualcosa di inaccettabile. Cosa conta il fatto che quell’uomo si è battuto (ottenendo, per altro, risultati concreti) per cercare di tutelare i più deboli (stranieri ma anche italiani), ignobilmente sfruttati e schiavizzati. Nulla, almeno per quei rappresentanti della destra, di fronte al fatto che è uno straniero e, soprattutto, che ha la pelle nera.

Un po’ di chilometri più a nord della Puglia, precisamente a San Benedetto del Tronto, martedì scorso (8 settembre) il direttore della Caritas Diocesana, don Gianni Croci, ha raccontato del messaggio denuncia che gli è arrivato in chat da parte di Mohamed, giovane cameriere di colore che da tempo vive in Riviera ospite della casa di accoglienza. Il ragazzo, mentre era a lavoro in un ristorante locale, quando si è rivolto ad un cliente per prendere l’ordinazione si è sentito rispondere “non mi devi servire tu perché sei nero”. Un suo collega italiano è subito intervenuto in sua difesa ma nel ristorante si è scatenata una furente discussione, con qualche altro cliente che incredibilmente sosteneva le ragioni di quel signore che non voleva farsi servire da un cameriere di colore. “In quel momento volevo sparire” ha confessato amaramente Mohamed.

Spostandoci ancora più a nord, precisamente a Como, 2 giorni fa prima sui social poi anche in tv è spuntato un video che mostra l’assessora leghista alle politiche sociali mentre strappa e butta via la coperta ad un extracomunitario senza fissa dimora che stava dormendo (insieme ad altri clochard) sotto il portico dell’ex chiesa di San Francesco. La stessa assessora, nelle ore successive, ha pubblicato un post nel quale, oltre a spiegare l’accaduto, ha affermato di non essere in alcun modo pentita. Post che, non solo ha ottenuto centinaia di “mi piace”, ma sotto il quale si possono trovare commenti di un certo tenore nei confronti di quel senzatetto extracomunitario.

A pochi chilometri di distanza da lì, esattamente a Bergamo, ad inizio settimana la Lega ha chiesto al prefetto di intervenire per separare gli italiani dagli extracomunitari sugli autobus, chiedendo che i richiedenti asilo non utilizzino gli autobus negli orari scolastici, quando i mezzi pubblici sono utilizzati dagli studenti. Solo qualche anno fa o in qualsiasi paese civile nessuno avrebbe avuto l’indecenza di spingersi fino a questo punto, con una proposta che dovrebbe essere considerata unanimemente ripugnante. Invece non solo ad appoggiarla sono anche due parlamentari della Lega ma, addirittura, è corredata dalle firme di quasi mille cittadini.

Spostandoci un po’ più ad est, il Veneto nei giorni scorsi è stato teatro di alcuni importanti appuntamenti di atletica leggera, prima con i campionati italiani a Padova, poi con il meeting internazionale di Rovereto. Due eventi che hanno visto brillare la stessa di Larissa Iapichino, figlia di Gianni Iapichino (salto con l’asta) e Fiona May (salto in lungo), destinata a ricalcare le orme della madre. La ragazza, appena diciottenne, a Padova ha conquistato il primo titolo italiano, mentre a Rovereto ha lottato contro le migliori interpreti internazionali del salto in lungo, conquistando un ottimo terzo posto.

Come, però, avviene purtroppo da due anni a questa parte (da quando ha iniziato ad ottenere risultati di prestigio), la Iapichino sui social continua ad essere oggetto di insulti e commenti pesanti, con tanti che ancora sottolineano come non bisognerebbe attribuire il titolo italiano (e, addirittura, neppure permettere la partecipazione ai campionati italiani) ad un’atleta di colore. D’altra parte, come hanno ribadito alcuni tra quanti in questi giorni sono intervenuti per commentare la tragica vicenda dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, “i veri italiani sono bianchi, non di colore”.

E, restando a quel drammatico episodio, uno dei familiari dei presunti carnefici ci ha tenuto ad evidenziare che  “in fin dei conti cosa hanno fatto? Niente. Era solo un extracomunitario!”. Come se non bastasse sui sociale sono spuntati video, post e commenti che definire “vomitevoli” è un eufemismo (“tanti italiani vengono massacrati ogni giorno da Mao Mao”, “per me resti sempre un immigrato, sei italiano se sei bianco”, “Avete tolto di mezzo uno scimpanzé”, “ Siete degli eroi”, “Gli avete dato la lezione che si meritava” solo per citarne alcuni tra i più ignobili), sempre accompagnati da centinaia e centinaia di “mi piace”.

Un paese serio e coscienzioso di fronte a tali imbarazzanti evidenze e, ancor più, dopo quanto accaduto a Colleferro si interrogherebbe su come sia potuto accadere che il germe del razzismo si sia così profondamente diffuso in una così consistente parte della nostra comunità. Già, in un paese normale, non certo in quel posto sempre più bizzarro e cervellotico che è diventato l’Italia dove non solo i sovranisti ma anche una buona parte dell’informazione continua a negare l’evidenza, cioè che il razzismo dilagante sia un concreto problema che sta minando profondamente il nostro paese.

Al punto che, di fronte ad un episodio come quello che ha portato alla tragica morte di Willy, invece che riflettere su questo si è finito per discutere di altro, di palestre e arti marziali. “Ciao Willy, ragazzo coraggioso e generoso. Ma ora, puniti i due esaltati energumeni che lo hanno massacrato, vogliamo bandire certe discipline marziali e chiudere le relative palestre” ha scritto su twitter nelle ore successive all’omicidio non Feltri, Belpietro, Porro o Senaldi ma Massimo Giannini.

A riportare il tutto nel giusto ambito ci ha pensato la più nota e più seguita influencer italiana, Chiara Ferragni. “Due giorni fa è stato ucciso Willy italiano 21enne dalla pelle nera da un gruppo di 4 fasci che l’hanno ammazzato a calci – scrive la Ferragni – I giornali si sono prodigati a estremizzare l’avvenuto in due modi: 1 umanizzando gli aggressori (“bravi ragazzi”); 2 mettendo tutta colpa sulle arti marziali che praticavano. I giornali, però, non mettono il loro focus sul fascismo e sulla cultura predominante nella vita di queste persone. Addirittura c’è chi propone di eliminare queste arti marziali per risolvere il problema. No Amo, il problema lo risolvi cambiando e cancellando la cultura fascista sempre resistente in questo paese di merda, non cancellando il mezzo tramite il cui i fasci hanno fatto violenza. II problema non lo risolvi nascondendolo sotto al tappeto, lo si risolve con la cultura e l’istruzione, qualcosa che manca in questo paese”.

Ci sono madri e nonne che esultano sui social leggendo di bambini migranti morti annegati. Perché vi stupite se i loro figli e i loro nipoti vivono di risse e droga? Perché vi stupite se i loro figli e nipoti girano con la svastica?” aggiunge Fabio Salamida. C’è poco da stupirsi ma ancora meno da preoccuparsi. Perché in fondo i problemi che minano il vivere civile del nostro paese sono altri, palestre e arti marziali…

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