Sugli organi di informazione prima e sui social poi il solito stravolgimento dei fatti, fino alla surreale colpevolizzazione della moglie dell’uomo considerata più o meno velatamente corresponsabile della tragedia solo perché si era separata dal marito
Di fronte ad una tragedia come quella di Margno (Lecco), già così difficile da accettare, bisognerebbe avere il buon senso e la coscienza di riflettere e ponderare bene ogni parola. Un padre che uccide i suoi due figli di appena 12 anni soffocandoli nel sonno, per altro in maniera premeditata (come dimostra inequivocabilmente il messaggio che l’uomo, prima di togliersi la vita, ha mandato alla moglie) è un orrore che sconvolge, che scuote profondamente la nostra sensibilità.
Come se non fossero già sufficienti i crudi fatti, a rendere il tutto assolutamente più insopportabile è il solito inaccettabile costume di cercare di trovare nel difficile rapporto con la moglie (o in altri casi con la compagna) una sorta di giustificazione, fino a spingersi pian piano ad una surreale colpevolizzazione della donna stessa che, più o meno velatamente, viene additata come se fosse in qualche modo corresponsabile della tragedia. Naturalmente i primi ad essere responsabili di questa sconcertante deriva sono gli organi di informazione (almeno alcuni di essi) che, come sottolinea la deputata marchigiana Beatrice Brignone, “devono smetterla di empatizzare con gli uomini violenti”.
Poi, come ormai avviene in qualsiasi vicenda, tutto viene ulteriormente enfatizzato sui social che ci rimandano uno spaccato della mentalità e del sentire comune semplicemente agghiacciante. Che evidenza innanzitutto la cultura ancora così profondamente maschilista di questo paese, nel quale la volontà di indipendenza di una donna è comunque considerata una sorta di ingiustizia subita dal suo compagno (quindi in qualche modo una colpa…) che, di fatto, da carnefice viene dipinto come una sorta di vittima.
“L’uomo ha commesso l’omicidio perché non poteva sopportare l’idea della separazione” scrive l’Ansa nel riportare la notizia. “Separazione difficile, uomo strangola i due figli e si toglie la vita nel Lecchese” titola invece Tgcom24. Terribilmente più esplicito è “Il Mattino” che presenta la notizia come “Il dramma dei papà separati”. E poi, di seguito, l’immancabile interminabile collezione di articoli che evidenziano come chi ha compiuto l’orribile duplice omicidio in realtà sia sempre stato un marito modello e un padre di famiglia esemplare, un uomo buono “tutta casa e oratorio, mai una parola fuoriposto e sempre pronto alla solidarietà, ad aiutare il prossimo”. Una persona squisita, quindi, che in questo genere di racconto ovviamente ha fatto quello che ha fatto per “colpa” della fine della relazione con la moglie.
“Ogni volta, tutto il repertorio: il “dramma” dei padri separati (senza citare quello della madre cui sono stati uccisi due figli), la foto sorridente con i bimbi, il ritratto da padre e marito modello. Non se ne può più” commenta amaramente Beatrice Brignone. Se questa è la reazione dei media, se questo è il taglio dato alla notizia da alcuni giornali e tv, poi non ci si può certo stupire e non sorprende leggere certi allucinanti commenti sui social. In particolare nella bacheca della pagina facebook dell’uomo (inspiegabilmente e colpevolmente lasciata aperta).
Dove si possono leggere affermazioni del tipo “comprendiamo il tuo dolore, avevi costruito una famiglia fino a quando tua moglie per noia o per capriccio ha deciso di cambiare vita”, “chissà cosa ti aveva fatto tua moglie per farti uscire di testa in questa maniera” e tante altre atrocità simili. Purtroppo questo genere di “oscenità” si trovano praticamente sotto ogni post in cui si parla di questa tragedia. Emblematico (e da brividi) il commento (con tanti “like” sotto) alla vicenda di un ragazzo di 22 anni.
“Bisogna vedere, se ha lasciato il marito perché la tradiva o la maltrattava è un conto. Ma se, come negli ultimi anni avviene di solito, ha lasciato il marito per andarsene con qualcun altro, allora la moglie ha molte responsabilità, è colpevole della depressione del marito. Prima quando le donne erano ancora delle brave mogli queste cose non si sentivano”. Davvero non ci sono parole (e soprattutto non c’è rispetto per l’accaduto, per il dramma), siamo tornati al medioevo.
Quei titoli, quei commenti, quelle affermazioni da un lato sono la più imbarazzante ed emblematica dimostrazione di come in questo paese, al di là delle apparenze, la cultura maschilista sia ancora imperante, con quell’inaccettabile convinzione che una donna, una moglie quando lascia il marito o il compagno è giustificata solo se tradita (e, come vedremo, a volte neppure in quel caso…) e maltrattata. Perché in tutti gli altri casi, se per qualsiasi motivo scopre di non amare più il proprio compagno, di non voler più condividere la propria vita con lui e, al tempo stesso, di voler essere indipendente e libera allora commette una grave ingiustizia, è da considerare sempre e comunque colpevole.
Dall’altro, però, sono anche la conferma di qualcosa per certi ancora peggiore, di come sia ancora prevalente quel pensiero comune che vede la famiglia come una scala gerarchica, con a capo naturalmente l’uomo, il padre che è colui che ha costruito la famiglia stessa e ha in esclusiva il compito “sacro” di preservarne l’unità e l’indissolubilità. Il problema è che reazioni come questa che stiamo osservando per il caso di Margno purtroppo sono la norma, anzi in alcuni casi è addirittura peggio.
Ne sa qualcosa Giovanna Zizzo di San Giovanni La Punta (Catania), madre di Laura uccisa nel sonno a 12 anni (la sorella di 14 anni si è invece salvata) dal padre per ritorsione nei confronti di sua moglie che aveva deciso di porre fine al loro matrimonio. Giovanna aveva scoperto che il marito da 7 anni la tradiva, aveva un’altra donna. L’uomo sosteneva di aver chiuso quella relazione e si era dichiarato pentito, chiedendo alla moglie di perdonarlo. Comprensibilmente, però, per la donna il rapporto con il marito si era definitivamente ed irrimediabilmente incrinato e, di conseguenza, aveva deciso di porvi fine.
I giudici del tribunale di Catania che hanno condannato all’ergastolo l’uomo nelle motivazioni della sentenza scrivono che “era sua intenzione infliggere un castigo alla loro madre per le sofferenze che aveva dovuto subire e per aver coinvolto i figli nella loro crisi coniugale”. Però, come raccontano la vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus Simona Lanzoni e la stessa Giovanna, nel paese siciliano paradossalmente la donna viene vista non come vittima ma come corresponsabile della tragedia perché avrebbe dovuto comunque perdonare il marito e, invece, separandosi da lui in qualche modo (sempre nell’assurda mentalità dei suoi compaesani) avrebbe provocato la sua follia omicida.
“A Giovanna oggi non rimane che l’amarezza di sentirsi accusata dagli sguardi di alcuni compaesani che la scrutano con sospetto per essersi voluta allontanare da quel nucleo familiare che non esisteva più. Un paese che, a partire dall’amministrazione, non le ha mai fatto sentire calore umano e vicinanza” afferma Simona Lanzoni. “Ho vissuto questo periodo con la certezza di essere una figura fastidiosa per il paese – spiega amaramente Giovanna – quel che è peggio è che in molti sguardi leggo atti d’accusa che mi dicono che sono stata io ad aver armato la mano del mio ex marito per essermi allontanata dopo aver scoperto che aveva un’altra, sono io ad avere la colpa di non aver lasciato correre”.
Una mostruosità semplicemente inaccettabile. Non possono esserci giustificazioni, non si possono avere dubbi, non ci possono essere alibi in alcun modo riconducibili alle sempre legittime scelte di indipendenza di una donna, di una moglie, di una compagna, a prescindere da quali motivazione le determini. E con altrettanta chiarezza è opportuno una volta per tutte puntualizzare, pur nel doveroso rispetto che si deve comunque a chi non c’è più, che chi si è macchiato di un delitto così efferato come quello di Margno (o anche di San Giovanni La Punta) va considerato un assassino e della peggior specie, una parvenza di padre che non si è fatto scrupoli di uccidere due bambini per vendicarsi e distruggere quella donna che aveva deciso di ledere la sua maestà.
“La notizia dell’omicidio dei due fratellini di Margno – si legge in uno splendido articolo, dal titolo sin troppo emblematico (“Un padre non uccide i figli”), pubblicato sul blog “Tracce Volanti” – ci deve raccapricciare, ma purtroppo non stupire, perché potrà accadere di nuovo se continuiamo a non vedere quale sia la degenerazione culturale in cui anche chi dovrebbe raccontarcela è avviluppato”. Impossibile non condividere.