Il racconto della vicenda degli assistenti civici e, prima ancora, dei casi Ricciardi e Silvia Romano conferma che l’informazione italiana non assolve più al suo compito primario ma si comporta come quelli che Scanzi definisce gli “ultrà violenti e incarogniti”
Secondo Andrea Scanzi, l’Italia è un “malato terminale di tifo”. “Questo paese è intriso di ignoranza, nonché malato terminale di tifo – affermava la settimana passata ospite della striscia serale di Lilli Gruber “Otto e mezzo” – troppe persone non sanno leggere, non sanno scrivere, non sanno ascoltare. E ragionano come ultrà violenti e incarogniti. Esattamente la categoria mentale che mi fa più schifo: il tifoso che non ragiona”. Non possiamo che essere d’accordo, anche perché da tempo abbiamo più volte sottolineato come la sindrome da ultras accecati sia una delle principali piaghe del nostro paese ed è anche alla radice di questa incontrollabile esplosione di odio che infesta i social (e non solo) e che non si è certo attenuata in questo periodo di emergenza.
Alla condivisibile e giusta analisi di Scanzi, però, a nostro avviso manca un tassello importante: il ruolo sempre più determinante della maggior parte dell’informazione italiana (tv, giornali, radio, siti internet). Che non solo non assolve più al suo compito primario, che è quello di riportare e raccontare i fatti, ma sempre più spesso si comporta esattamente come quelli che Scanzi chiama “ultrà violenti e incarogniti”, non facendosi alcuno scrupolo di arrivare al punto di mistificare e falsificare la realtà dei fatti per seguire e alimentare il sentiment prevalente dell’opinione pubblica o della parte politica e sociale a cui si fa riferimento.
E’ inutile negarlo, il sistema dell’informazione (o gran parte di esso) ormai da troppo tempo ha deragliato, non insegue più i fatti ma li modella, li distorce, li falsifica per sostenere una tesi, una posizione. E così facendo di fatto spesso fornisce una solita base e concrete giustificazioni a chi poi semina odio. Di esempi in proposito in questo periodo ne abbiamo in continuazione, quasi quotidianamente. Basterebbe alla vicenda da 48 ore sulla bocca di tutti, quella degli ormai famosi assistenti civici. Grazie anche alle improvvide e inopportune dichiarazioni del ministro Boccia (nomen omen…), inizialmente è passata l’idea che il governo volesse creare delle sorte di ronde o, peggio ancora, di spie incaricate di vigilare e sanzionare i comportamenti non corretti dei cittadini.
Messa in questi termini sarebbe qualcosa di abominevole e di assolutamente inaccettabile. In realtà le cose stanno in maniera decisamente differente, come già lunedì sera aveva sottolineato il governatore Bonaccini a Rai 2, spiegando che in realtà i 60 mila volontari erano stati richiesti dai Comuni (attraverso l’Anci), quindi non si tratta di un’iniziativa del governo, e che avrebbero avuto ben altri compiti, non certo ispettivi. Come se non bastasse, nelle ore successive è arrivato il comunicato stampa di Palazzo Chigi a fare ulteriormente chiarezza e a spazzare via i dubbi.
“L’iniziativa – si legge – mira a soddisfare la richiesta dell’Anci di potersi avvalere, per tutta la durata dell’emergenza sanitaria, di soggetti chiamati ad espletare, gratuitamente, prestazioni di volontariato, con finalità di mera utilità e solidarietà sociale, anche attraverso la rete del Terzo Settore”. Eppure nelle ore successive stampa e tv hanno continuato come se niente fosse, come se quella nota non fosse mai stata diramata. “I delatori del virus”, “Grottesca deriva autoritaria del governo”, “La guardia civile”, “Il governo sceglie la strada della repressione”.
Questi sono solo alcuni dei titoli letti sui giornali e sui internet dopo quel comunicato. Ancora più paradossale la sfilata di presunti opinionisti di grido nei vari programmi tv di approfondimento politico nei quali si è continuato a discutere in certi termini degli assistenti civili, senza che mai nessuno si premunisse neppure di citare la nota di Palazzo Chigi.
Semplicemente paradossale il lunghissimo dialogo tra Myrta Merlino e Corrado Formigli a “L’Aria che tira” (La7) che, coinvolgendo anche altri ospiti, per circa 20 minuti hanno discusso praticamente del nulla, visto che hanno sottolineato tutti gli aspetti negativi dei compiti degli assistenti civili che, però, sappiamo (e anche loro dovevano sapere) non verranno di certo attribuiti ai volontari. Per non parlare degli “sproloqui” di Annalisa Chirico sulle reti Mediaset (“Ci fanno pedinare da assistenti civici” tra le sue tante “perle”).
Quasi superfluo sottolineare l’effetto che questo comportamento dell’informazione ha avuto sui social, sulla crescente schiera di “ultrà incarogniti e violenti”. Non è una questione di parteggiare, legittimamente, per l’una o per l’altra parte politica (certi titoli li abbiamo letti su quasi tutti i giornali, non solo su quelli che sono dichiaratamente contro il governo), né tanto meno è in alcun modo in ballo il sacrosanto diritto di critica.
Per altro tra le dichiarazioni improvvide di Boccia e altri aspetti di spunti per criticare l’iniziativa ce ne erano a iosa. Però, ancora una volta, pur di farlo nei modi e con i contenuti che sicuramente hanno avuto più presa su una larga parte dell’opinione pubblica, si è rinunciato a raccontare la realtà dei fatti che, pure, poteva e doveva essere ben nota a chi fa con rigorosa serietà il mestiere del giornalista.
Qualcosa di simili, anzi, per certi versi di peggiore, è accaduto pochi giorni prima con la dichiarazione alla Camera del deputato del M5S Riccardo Ricciardi, vittima di un vero e proprio linciaggio mediatico, con il solito corollario di insulti e minacce. Anche in questo caso alimentato e favorito dall’ignobile comportamento di una larga parte del mondo dell’informazione che ha trasformato quella che era una sacrosanta denuncia nei confronti della politica sanitaria della Regione, per altro basata su fatti incontestabili e portata avanti senza rivolgere offese e insulti a nessuno, in un attacco indiscriminato contro la Lombardia e i cittadini lombardi in genere. Semplicemente surreali e vergognosi i titoli letti sui quotidiani on line e sulla maggior parte dei giornali.
Per non parlare, poi, vergognoso comportamento di Mentana che, addirittura, ha pesantemente insultato il deputato grillino: “se non fosse un eletto le direi che è un coglione, ma temo di essere querelato, dagli incolpevoli testicoli” (qualche ora dopo ha rimosso gli insulti sostenendo però che “lo cancello non per chissà quale timore, ma perché ho deciso di andargli a parlare di persona”). Si è decisamente passato il segno, con quale faccia Mentana d’ora in avanti potrà criticare e mettere al bando gli odiatori che impazzano sui social, visto che lui stesso si è comportato esattamente come loro?
Ma, Mentana a parte, è sconcertante e inaccettabile il comportamento in questo caso di gran parte dell’informazione, non possiamo credere che giornali e giornalisti di simile esperienza non conoscano la differenza abissale che c’è tra il contestare le scelte politiche fatte dalla Regione in campo sanitario negli anni passati e nella gestione dell’emergenza coronavirus (come ha fatto il deputato del M5S) e l’accusare indiscriminatamente e senza distinzioni un’intera regione e tutti i cittadini lombardi, senza rispetto per le migliaia di morti in quella regione.
Al di là del fatto che a nostro avviso le affermazioni di Ricciardi sono ineccepibili perché basate su fatti concreti e incontestabili, era ed è del tutto lecito comunque contestarle e non condividerle (possibilmente con qualche argomentazione concreta). Non lo è e non può mai esserlo, invece, distorcere e peggio ancora falsare il contenuto del suo intervento, per altro prendendo spunto da questa palese mistificazione per giustificare poi i peggiori insulti nei suoi confronti. Che, per giunta, non sono arrivati solo sui social e per opera dei cosiddetti ultrà ma anche e soprattutto sui tradizionali media.
Coglione, teppista, picchiatore, pagliaccio, nullità, buffone, così si sono rivolti al deputato del M5S giornali e illustri (si fa per dire) giornalisti. Falsità e insulti, ormai una larga parte dell’informazione, più o meno consapevolmente, si muove esattamente come gli odiatori sui social.
Qualcosa di simile, anzi per certi versi di peggiore, era accaduto in occasione della liberazione di Silvia Romano. Quando, nonostante fosse stata fatta ampiamente chiarezza, per giorni (e in certi casi tutt’ora) “autorevoli” giornali e giornalisti hanno continuato a rilanciare le storie sul presunto matrimonio con uno dei carcerieri, la conseguente gravidanza, la favoletta della jilbab (che indossava la ragazza milanese quando è arrivata in Italia) come divisa tipica del terrorismo islamico.
Autentiche “falsità” ripetute sistematicamente (addirittura utilizzate come base da Marcello Veneziani per uno dei suoi deliranti articoli così seguiti da certi ambienti di destra) per costruire una realtà virtuale che finisce per giustificare e quasi sdoganare l’odio, gli insulti, le minacce.
E proprio un’informazione in grado di svolgere il proprio ruolo, a prescindere poi dalle simpatie e dalle posizioni politiche, che non insegue e cavalca le peggiori pulsioni che alimentano i social, ma che ha il coraggio di riportare fedelmente i fatti, potrebbe essere un importante argine al crescente odio di quegli “ultrà incarogniti e violenti”. Peccato che, di questo modo di fare informazione, ormai da tempo non ce ne è quasi più traccia nel nostro paese.