“Deliri”, gazzarra e involontaria comicità: al Parlamento peggio che al Bagaglino!


La terrificante uscita infelice sui morti di Bergamo e Brescia di Renzi ha fatto passare in secondo piano il penoso spettacolo offerto da Camera e Senato giovedì 30 aprile nel momento in cui, vista l’attuale situazione, sarebbe servita una dimostrazione di serietà e autorevolezza

C’è qualcosa di ancora più sconcertante e desolante delle orribili parole pronunciate da Matteo Renzi nel corso del suo intervento in Senato giovedì scorso. E’ terrificante, ed è il segno di come ormai il tifo di parte abbia irrimediabilmente travolto ogni briciolo di sentire comune, leggere e ascoltare i bizzarri e pittoreschi tentativi con i quali i fans dell’ex presidente del Consiglio non solo tentano di giustificare l’ingiustificabile ma, addirittura, elogiano il leader di Italia Viva (IV) per quell’uscita a dir poco infelice. Le abbiamo ascoltate più volte, le abbiamo lette e rilette quelle “deliranti” affermazioni. Ed ogni volta il nostro sgomento è cresciuto, abbiamo provato profonda vergogna per chi le ha pronunciate e, dopo oltre 24 ore, non si è neppure sentito in dovere di chiedere scusa.

Quando chiediamo di riaprire, con gradualità e sicurezza, che non sia sottovalutazione del virus, pensiamo di onorare la gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, che ci avrebbe detto ripartite anche per noi, perché ha fatto della vita, in tutti i momenti, un’occasione di sacrificio e fatica” ha testualmente dichiarato Renzi nel corso del suo intervento. Ci sarebbero tante cose da dire, comprendiamo perfettamente chi con fervore accusa l’ex premier di “bassa” speculazione politica.

Ma non ci interessa e non è mai stata nostra abitudine fare il processo alle intenzioni, cercare di interpretare quali fossero le reali intenzione del leader di IV. Non è una questione politica, quelle affermazioni sono inaccettabili e fuori luogo a prescindere dal significato politico, è una questione di sensibilità e di umanità, è una grave mancanza di rispetto nei confronti loro e dei loro familiari l’utilizzo, voluto o involontario che sia, di quei morti in un dibattito politico per cercare di dare più forza e credibilità ad una delle due parti.

Come reagirebbero gli ultras renziani se Conte o qualche esponente del governo affermasse che “le gente che non c’è più di Bergamo e Brescia ci avrebbe detto di ripartire con la massima cautela anche per loro”? In altre parole, al di là di quali fossero le sue reali intenzioni, Renzi con quell’affermazione non ha reso onore (o quanto meno non solo) ai morti di quelle zone ma li ha inopportunamente utilizzati nello scontro politico in atto tra chi (per semplificare) vuole una riapertura più libera e chi invece (come il governo) più controllata e limitata.

Altro discorso sarebbe stato se si fosse fermato alla prima parte dell’affermazione, senza fare quell’inopportuno riferimento su cosa ipoteticamente avrebbero detto coloro che non ci sono più. In quel caso si che il suo sarebbe stato davvero solo un modo per rendere onore a quei morti. Per questo concordiamo perfettamente con quanto dichiarato dal sindaco di Bergamo, Gori, che certo non può essere considerato un nemico di Renzi.

Immagino che il leader di Italia Viva – ha commentato – volesse sottolineare l’attaccamento al lavoro della gente di Bergamo e di Brescia. Ma sostenere che le vittime del virus, se potessero parlare, vorrebbero oggi la riapertura appare purtroppo stonato e strumentale. Sono certo che Renzi ha pieno rispetto del dolore di queste province: quella pronunciata al Senato è però una frase decisamente fuori luogo”. Non c’è bisogno di scomodare presunte speculazioni o, peggio ancora, il cosiddetto sciacallaggio politico.

Nessuno, naturalmente a parte il diretto interessato, può arrogarsi il diritto di sostenere quali fossero le vere intenzioni di Renzi, se ci fosse o meno una bieca volontà di strumentalizzare quelle morti. Non è necessario provare a leggere e interpretare il pensiero, quell’affermazione è pesantemente fuori luogo e inopportuna a prescindere dalle motivazioni che l’hanno determinata. E bene avrebbe fatto l’ex presidente del Consiglio a scusarsi al più presto, ad ammettere l’evidente passo falso.

Invece non solo da parte del leader di IV non è arrivato alcun pentimento ma, addirittura, i suoi più esagitati fans in queste ore stanno cercando di difenderlo, inventando le più bizzarre e fantasiose giustificazioni. Al punto che qualcuno, contro ogni logica e contro ogni evidenza, è arrivato a paragonare l’infelice uscita di Renzi al Senato con la famosa frase pronunciata dal presidente della Repubblica Sandro Pertini dopo il terremoto in Irpinia: “il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”.

E’ sin troppo evidente l’abisso che c’è tra le due affermazioni e, in tutta sincerità, sarebbe un’offesa all’intelligenza dover anche perdere tempo a spiegarne il perché. Quello che, invece, è opportuno sottolineare è che l’infelice affermazione di Renzi e tutte le polemiche che ne sono seguite alla fine hanno fatto passare in secondo piano il penoso spettacolo offerto dal nostro Parlamento giovedì 30 aprile (in occasione delle comunicazioni del presidente del Consiglio e la conseguente discussione), nel momento in cui, visto il difficile e drammatico momento che sta vivendo il nostro paese, sarebbe invece servita una ben più concreta dimostrazione di serietà e di autorevolezza.

Invece più che in Parlamento sembrava di essere a Zelig o, meglio ancora, al Bagaglino. Ascoltando gli interventi che si sono succeduti, più volte ci è venuto il sospetto che in realtà a parlare non fossero davvero i politici quanto, piuttosto, i vari Cornacchione, Cirilli, Finocchiaro o Martufello, Gullotta, Valeria Marini che li stavano imitando. “La situazione è grave ma non seria” ha amaramente commentato qualche osservatore dopo una giornata nella quale Palazzo Madama (Senato) e Montecitorio (Camera) non ci hanno risparmiato nulla del peggior repertorio possibile, dalla rissa fuori dall’aula, alla vergognosa baraonda iniziale per la mascherina non indossata da Conte (come, per altro, era stato stabilito dalla conferenza dei capo gruppo), dalle sceneggiate e i tradizionali “cavalli di battaglia” di bassa demagogia (sono rispuntati fuori i 25 euro agli extracomunitari e persino l’evergreen del presidente del Consiglio non eletto dai cittadini…), fino anche a numerosi momenti di involontario e paradossale umorismo.

Come quando una scatenata Giorgia Meloni, dopo aver accusato Conte di ogni genere di nefandezza, si è rivolta a chi continuava ad interromperla affermando: “e pensate come state messi se vi devo dare io lezioni di democrazia!”. Un vero e proprio lapsus freudiano della leader di Fratelli d’Italia che, evidentemente, è conscia che nella sua natura politica e in quella del suo partito non c’è propriamente il dna della democrazia! Ancora più esilarante, però, è stata la minaccia lanciata al termine del suo intervento dal vicepresidente del Senato e già ministro leghista Roberto Calderoli.

Stiamo parlando dell’ideatore della legge elettorale meglio nota come “porcellum” (da lui stesso ribattezzata in quel modo) e del protagonista di una serie interminabili di “prodezze” e imbarazzanti figuracce, l’ultima delle quali è di pochi giorni fa con il clamoroso autogol sulle tariffe per le cremazioni (vedi articolo “Tariffe alle stelle per le cremazioni, autogol di  Calderoli e della Lega”). “Io domenica andrò a messa, venga Conte a fermarmi se vuole. Io sono un cattolico cristiano e praticante” ha provocatoriamente dichiarato al termine del suo intervento. Lui che, come ogni buon cattolico praticante, ha sposato la sua prima moglie con rito pagano, celtico per la precisione, con un druido a celebrare invece del prete, il sidro di mele al posto del vino e il giuramento davanti al “fuoco sacro che purifica” invece che davanti a Dio. Che dire, siamo ben oltre l’avanspettacolo.

D’altra parte, però, viste le premesse (la sceneggiata dell’occupazione dell’aula parlamentare organizzata da Salvini e la Lega, definita dagli stessi alleati di centrodestra “una pagliacciata”) era impossibile aspettarsi qualcosa di diverso, di più serio. Quell’occupazione che, parole di Salvini, doveva durare “fino a che non verranno date risposte concrete agli italiani”, il 1 maggio è già terminata. Volendo prendere sul serio il leader del Carroccio se ne deduce che dal governo sono effettivamente arrivate le auspicate “risposte concrete agli italiani”.

Già, ma ci vuole una buona dose di incoscienza per prenderlo davvero in parola…

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