L’improbabile dittatore della “Repubblica delle banane”
Tutti contro Conte per i provvedimenti per la fase 2 che non allentano come sperato le restrizioni. Per la Cei è in ballo “la libertà di culto”, Renzi l’accusa di violare la costituzione. Ma, guardando alle possibili alternative come premier, poteva andarci decisamente peggio…
Non vorremmo mai esserci, soprattutto in un momento come questo. Ma se fossimo nei panni di Conte non esiteremmo neppure un minuto ad andarcene, a rassegnare le dimissioni. Quale pazzo masochista può aver voglia di guidare una nazione in preda ad una crisi isterica, nella quale l’epidemia che ha fatto fino ad ora 26 mila morti (il triplo rispetto ai decessi annuali connessi all’influenza stagionale e, come concordano tutti gli studi, senza lockdown sarebbero stati almeno 70-80 mila…) è un particolare irrilevante per molti e dove da giorni c’è una gara a chi fomenta di più gli animi.
Ed il picco di questa isteria generalizzata si è toccato in queste ore, dopo l’annuncio (in conferenza stampa) da parte del premier delle disposizioni per la fase 2. Quelli che una splendida canzone di Bennato definiva “dotti, medici e sapienti”, che oggi trovano terreno fertilissimo sui social, si sono scatenati nello scagliarsi contro il nuovo “dittatore” che “viola la costituzione” (se non ci fosse stato l’indecente documento della Cei il punto più basso e più infimo l’avrebbe raggiunto Renzi, molto più dei vari Salvini e Meloni…) evidentemente per un suo capriccio, non certo perché certi provvedimenti drastici li richiede la difficile situazione che stiamo vivendo.
D’altra parte la schiera di esperti epidemiologi e infettivologi che, a differenza di quegli stolti che hanno studiato anni all’Università e che tutt’ora continuano a studiare e aggiornarsi, in poche ore su internet ha raggiunto un livello di conoscenza di quelle materie almeno pari se non superiore, non ha dubbi sul fatto che si possono riaprire le scuole, le chiese (per altro il vescovo di Ascoli ci ha spiegato che in chiesa non c’è alcun rischio di contagio e se lo dice lui bisogna credergli, anche se i fatti in realtà dimostrano esattamente il contrario…), tutti i negozi, le attività, magari anche gli spostamenti liberi e senza condizioni tra regioni e, perché no, anche gli allenamenti delle squadre di calcio per poi far ripartire al più presto il campionato (magari non necessariamente a porte chiuse…).
Allora, se gli esperti dell’Accademia di internet assicurano che non ci sono rischi, è inevitabile che si siano levate critiche da ogni parte, dalla Cei alla Lega Calcio, da Confindustria a Confartigianato e Confcommercio e così via. Di fronte ad un simile scenario sinceramente non comprendiamo come Conte abbia ancora la voglia e la forza di sopportare tutto ciò, per altro con l’aggiunta che non ha un partito alle spalle che quanto meno possa difenderlo per davvero. Anzi, anche quelli che dovrebbero essere i suoi alleati non si sono certo dimostrati tali.
Lasciamo perdere Renzi che, abbiamo imparato da tempo a conoscerlo, è più affidabile come avversario che come presunto alleato. Ma una stoccata non da poco al premier l’ha data, ad esempio, il capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marucci, che in un certo senso ha appoggiato la protesta della Cei. E lo stesso M5S non si è certo speso più di tanto per difendere e sostenere le ragioni del premier. Allora ribadiamo che al posto di Conte non ci penseremmo due volte ad andarcene. Certo una bella crisi di governo non sarebbe il massimo nel pieno dell’emergenza coronavirus.
Ma in queste settimane abbiamo capito che in ogni caso siamo in una “botte di ferro”, che il presidente Mattarella se deve preoccuparsi di trovare un sostituto di Conte ha solo l’imbarazzo della scelta. Sarebbe sufficiente navigare un po’ sui social per trovare centinaia e centinaia di persone così esperte e preparate da essere in grado di gestire questa difficile crisi molto meglio dell’attuale premier e senza bisogno di comitati tecnici e scientifici. Ma, restando in un alveo un po’ più tradizionale, anche nell’attuale panorama politico italiano il presidente della Repubblica avrebbe solo l’imbarazzo della scelta.
Già solo il leader dell’opposizione, Matteo Salvini, sarebbe sicuramente una guida autorevolissima, quanto meno avrebbe reso la nostra quarantena molto meno monotona, chiudendo e riaprendo a giorni alterni. Basandoci esclusivamente sulle sue dichiarazioni, a fine febbraio sicuramente il leader della Lega avrebbe chiuso l’intero Paese, salvo riaprire tutto una settimana dopo, evitando per giunta lo smacco di far giocare la partitissima Juve-Inter a porte chiuse.
Naturalmente, è quasi superfluo sottolinearlo, non ci sarebbero state limitazioni per le messe e magari, forzando un po’ la mano, avrebbe persino potuto convincere/obbligare papa Francesco a celebrare i riti pasquali con piazza San Pietro gremita di fedeli. E se qualcuno aveva ancora dei dubbi, il profilo altamente istituzionale di Salvini è emerso in tutta chiarezza in questi giorni, con quel suo appello a scendere in piazza, esattamente quello che serve al Paese per superare di slancio la fase 2 (e tornare immediatamente alla fase 1).
Non meno affidabile e spendibile sarebbe l’alternativa Giorgia Meloni, anche lei ci avrebbe fatto divertire di più della monotonia di Conte, alternando giorni di chiusura e di apertura, senza dimenticare che se fosse stato per la leader di Fratelli d’Italia ora saremmo nel pieno di una bella campagna elettorale (a marzo, nel pieno dell’epidemia, ha sostenuto che si poteva tranquillamente votare ad inizio maggio…), esattamente quello che servirebbe di più a questo paese in questo momento. E, poi, se fosse lei il presidente del Consiglio finalmente verrebbero eliminate le odiose tariffe per la scuola pubblica (che in realtà sarebbe già non a pagamento).
Anche in questo caso se qualcuno aveva ancora dei dubbi sulla sua statura e sulla sua credibilità politica i fatti di queste ore hanno spazzato via ogni residua incertezza. Infatti il 25 aprile la Meloni aveva proposto di applicare l’Iva al 4% per mascherine e dispositivi di protezione, il giorno dopo, quando Conte ha annunciato “niente iva sulle mascherine”, si è precipitata ad intestarsi il merito di aver fatto per prima questa proposta, sottolineando per giunta “che il provvedimento sarebbe stato più efficace se la proposta di FdI non fosse stata bocciata dal governo giorni fa”.
Oltre ai due leader dell’opposizione ci sarebbe sempre Matteo Renzi (che in realtà ancora nessuno ha capito bene se sta con la maggioranza o con le opposizioni), con lui presidente del Consiglio questa discussione su chiusure e riaperture da tempo sarebbe stata superata, fabbriche e attività già da metà aprile sarebbero tutte aperte, mentre le scuole nella peggiore delle ipotesi sarebbero in procinto di farlo (“un’idiozia, è pura demagogia” ha commentato l’infettivologo milanese Massimo Galli la settimana scorsa a “Piazzapulita”).
A pensarci bene, ricordandoci quali potrebbero essere le alternative, siamo davvero contenti che Conte non la pensi come noi, che nonostante tutto non sembra aver alcuna intenzione di dimettersi. Non siamo certo tra i fans “a prescindere” dell’attuale premier, abbiamo commentato negativamente il suo arrivo a Palazzo Chigi e in passato più volte l’abbiamo pesantemente criticato. Ma ora siamo davvero contenti che sia lui a guidare il Paese in questo momento di difficoltà, visto l’attuale scenario politico italiano (ma guardando anche fuori dai nostri confini) non poteva esserci guida migliore della sua, non fosse altro per il fatto che finalmente (ovviamente per necessità, vista la situazione) è tornata di moda anche in Italia la competenza.
E così è stato anche per i provvedimenti per la fase 2, con le scelte fatte sulla base di un documento di 22 pagine, firmato dal presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, che, su basi scientifiche, evidenzia tutti i rischi a cui si andrebbe incontro in caso di riapertura più ampia, il prossimo 4 maggio, di quanto previsto. In particolare quello più concreto e probabile è che a giugno le terapie intensive potrebbero nuovamente essere sotto forte pressione.
Allora sarebbe opportuno che tutti coloro che da domenica sera sbraitano senza cognizione di causa lo facessero cercando di argomentare, smontando con basi solide e non con vuoti proclami quanto affermato in quel documento. Altra cosa, naturalmente, è poi sollevare dubbi e perplessità, è innegabile che ci sono ancora molti punti del decreto che non sono per nulla chiari (ma da qui al 4 maggio c’è tutto il tempo per chiarirli), così come è lecito ragionare sul fatto che magari si poteva concedere qualche libertà in più.
Però, a tal proposito, è opportuno fare un paio di considerazioni. La prima prende spunto dalla famosa foto che circolava alcuni giorni fa e che mostrava, sulla spiaggia di un fiume, famiglie tedesche rigorosamente distanti le une dall’altra, impeccabili nel rispettare le norme sul distanziamento. Venerdì scorso, girando per le vie del centro di Ascoli, oltre a notare molta più gente in giro (e molti meno controlli) rispetto alle settimane passate, abbiamo potuto osservare diversi “assembramenti”, con gruppi di persone che chiacchieravano tra loro incuranti della cosiddetta distanza di sicurezza (e per giunta quasi tutti senza mascherina).
Può sembrare banale e un po’ demagogico, ma è chiaro che se avessimo lo stesso spiccato senso civico dei tedeschi forse sarebbe più semplice allentare un po’ di più le maglie. La seconda parte dai dati sui contagi nel nostro paese. L’8 marzo scorso, quando è stato deciso il lockdown su tutto il territorio nazionale, viaggiavamo ad una media di 1300-1500 contagi al giorno. Ora, secondo i dati degli ultimi giorni, siamo ad una media di circa 2 mila nuovi contagi al giorno. Certo, allora la famosa curva era in crescita mentre ora è in lenta diminuzione.
Ma se questi sono i dati dopo 50 giorni di chiusura, il timore che già semplicemente questa serie di riaperture possa far nuovamente impennare i contagi (almeno in alcune zone) non è certo così infondato. Quello che, invece, a nostra avviso è il limite maggiore del nuovo decreto è quello di non aver previsto percorsi differenziati in base alla situazione delle regioni. Non ci appare corretto mettere sullo stesso piano regioni come Lombardia e Piemonte, che hanno ancora numeri importanti e ancora in crescita (Piemonte), con regioni che hanno numeri contenuti e hanno nuovi contagi zero (o quasi).
Serviva un po’ di coraggio in più, anche se è sin troppo facile immaginare quale sarebbe stata la reazione di una certa parte politica se Conte avesse posto limitazioni maggiori a Lombardia e Piemonte. Comprendiamo che sarebbe stato difficile per chiunque, che un simile più che motivato provvedimento avrebbe ulteriormente infuocato infiammato lo scontro politico in un momento nel quale in realtà di tutto ci sarebbe bisogno meno che di questo clima perenne di “guerra”. Che, poi, a guardar bene è uno dei principali limiti del nostro Paese.