Il tribunale di Milano manda ai domiciliari Francesco Bonura e Matteo Salvini e Fratelli d’Italia accusano il decreto Cura Italia. Che, però, esclude dai benefici previsti dalla legge 199/2010 (approvata dal governo Berlusconi) i detenuti sottoposti al regime del 41 bis
Ci avevano provato dopo l’adozione del Cura Italia a parlare di “svuotacarceri” ma le polemiche erano durate lo spazio di poche ore ed erano naufragate nel momento in cui era emerso che quel provvedimento non conteneva disposizioni differenti, per quanto riguarda i detenuti, rispetto alla legge 199 del novembre 2010 (approvata dal governo Berlusconi, sostenuto dalla Lega e con Giorgia Meloni ministro).
Da qualche giorno, però, è ripartita sui social ma anche su giornali e tv l’ennesima dura campagna da parte dell’opposizione che ora ha addirittura alzato il tiro parlando di un provvedimento del governo (sempre il Cura Italia) che consente anche ai mafiosi di uscire di galera. “Con la scusa del virus il governo sta facendo uscire i mafiosi di galera” afferma, in un video postato su facebook, Matteo Salvini. Che, poi, ha rilanciato le accuse nel corso della sua partecipazione a “Fuori dal Coro” (Retequattro) del 21 aprile: “grazie al decreto Cura Italia rischiano di uscire dal carcere mafiosi come Nitto Santapaola, Pippo Calò, Leoluca Bagarella”.
Dopo Salvini è stata la volta di Fratelli d’Italia, con il deputato Andrea Delmastro che si scaglia contro il ministro della giustizia. “A Bonafede ricordo che, dopo aver letto lo scellerato, indegno provvedimento contenuto nel Cura Italia avevo presentato interrogazione con cui avvisavo della pericolosità della proposta che fatalmente avrebbe influenzato anche sui mafiosi le scelte della magistratura di sorveglianza” accusa Delmastro.
A riaccendere le polemiche la vicenda di Francesco Bonura, 78enne palermitano al regime dell’articolo 41 bis, a cui a fine marzo il tribunale di Milano ha concesso gli arresti domiciliari per “motivi di salute”. Salvini e Fratelli d’Italia hanno immediatamente collegato quella scarcerazione ai provvedimenti in materia presenti nel Cura Italia, denunciando la possibilità che anche boss storici della mafia, come quelli citati dal leader del Carroccio, potrebbero presto sfruttare quelle disposizioni.
A rafforzare questa ipotesi ci sarebbe una circolare del 21 marzo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), inviata ai direttori delle carceri italiani, che suggerirebbe la scarcerazione dei detenuti affetti da determinate patologie (ne vengono indicate 9 nella circolare) che hanno superato i 70 anni. E come sottolinea “L’Espresso”, che ha raccontato la storia di Bonura, “con questa caratteristica sono 74 i boss che oggi sono al 41 bis”, tra cui appunto anche Santapaola, Calò e Bagarella. In realtà sarebbe sufficiente leggere (e magari sforzarsi di comprenderla) quella circolare e quanto previsto dal Cura Italia per capire che la situazione è completamente differente, soprattutto che non c’è alcun rischio che possano essere scarcerati quei boss mafiosi.
Come ha sottolineato lo stesso Dap , in un comunicato stampa nel quale smentisce questa fantasiosa ricostruzione, non è stata diramata “alcuna disposizione a proposito dei detenuti appartenenti al circuito di alta sicurezza o, addirittura, sottoposti al regime previsto dall’art. 41 bis”. D’altra parte la circolare è chiarissima e, come sottolinea il Dap, invita a compiere “un semplice monitoraggio con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni”.
Per altro è sufficiente conoscere determinate norme, comprese quella contenute nel Cura Italia, per non avere dubbi in proposito. Anche perché il decreto in discussione nello specifico non ha apportato particolari novità né tanto meno ha allargato ad una differente platea di detenuti i benefici previsti dalla legge 199/2010 (governo Berlusconi). Che, appunto, prevedeva la possibilità, per i detenuti che devono scontare una pena non superiore a 18 mesi, di farlo nelle proprie abitazioni, controllati a distanza con i braccialetti elettronici.
Disposizione che vale anche per chi ha ricevuto una pena superiore all’anno mezzo ma che deve ancora scontare non più di 18 mesi di detenzione. Rispetto alla legge 2010 il Cura Italia ha semplicemente introdotto un paio di novità procedurali per snellire e velocizzare il procedimento. Non è prevista alcuna novità riguardo alle categorie di detenuti che possono usufruire di questi benefici. Quindi restano esclusi, come già con la normativa del 2010, i cosiddetti “delinquenti abituali” (quelli condannati per più volte e a pene di più anni), quelli sottoposti al regime di sorveglianza particolare (perché minacciano la sicurezza di altri detenuti) e quelli condannati per una serie di reati considerati gravi (cosiddetti “reati ostativi”).
Ed in questa categoria rientrano i condannati per maltrattamenti contro familiari e conviventi, i condannati per atti persecutori e i condannati per una serie di reati indicati dall’art. 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario, tra cui ci sono quelli per associazione di stampo mafioso o di scambio elettorale politico-mafioso. In altre parole i benefici previsti dal Cura Italia (esattamente come quelli previsti dalla legge 199/2010) non riguardano e non possono in alcun modo riguardare i detenuti per reati legati alla mafia.
Non servirebbe (o meglio non dovrebbe servire in un paese “normale” nel quale politici e giornalisti, prima di sparare a zero, si preoccupassero almeno di leggere e capire i provvedimenti e le leggi di cui stanno parlando…), ma gli stessi avvocati di Francesco Bonura hanno ampiamente spiegato che il tribunale di Milano ha concesso i domiciliari al proprio assistito semplicemente per motivi di salute e come né il decreto Cura Italia né la circolare del Dap hanno minimamente influito.
“E’ del tutto errato – spiegano gli avvocati Giovanni Di Benedetto e Flavia Sinatra – il riferimento al recente decreto Cura Italia che non si applica al caso in specie e che non ha nulla a che vedere con il differimento pena disposto per comprovate ragioni di salute e sulla base della previgente normativa”. I due legali hanno poi raccontato come Bonura debba ancora scontare 9 mesi di pena e come sia malato di un cancro al colon, per il quale è stato sottoposto ad un’operazione di urgenza e a cicli di chemioterapia.
Alla base della decisione del giudice di sorveglianza del tribunale di Milano c’è, quindi, il peggioramento delle sue condizioni, unito all’attuale emergenza coronavirus. Naturalmente, poi, è chiaro che un simile provvedimento si possa prestare a polemiche e discussioni. Dal mondo della magistratura sono arrivate dure critiche alla decisione del tribunale di Milano, il Partito democratico ha chiesto l’immediata convocazione della Commissione antimafia, mentre il ministro della giustizia Bonafede ha annunciato verifiche e accertamenti sul caso.
Altra cosa, però, è la miserabile speculazione politica, l’indecente e disperato tentativo di stravolgere la realtà per cercare in ogni modo di gettare fango sulla parte avversa. Che, a parte un numero fortunatamente sempre minore di “boccaloni” pronti a bersi qualsiasi amenità, alla fine si trasforma nell’ennesimo autogol e nell’ennesima brutta figura…