Fontana e la giunta regionale allo sbando: un giorno protestano perché “c’è troppa gente in strada”, e quindi non migliorano i dati, il giorno dopo vogliono riaprire tutto. E migliaia di cittadini lombardi chiedono il commissariamento…
“Troppa gente in strada”. “Riapriamo dal 4 maggio nel rispetto delle 4 D”. “La curva sta scendendo, di fatto stiamo entrando nella fase 2”. “Troppi decessi, siamo ancora pienamente nella fase 1”. Queste sono solo alcune delle dichiarazioni fatte dagli esponenti della Regione Lombardia non dall’inizio dell’emergenza coronavirus ad oggi ma, molto più semplicemente, nelle ultime 48 ore. Poche idee ma confuse, verrebbe da dire, un imbarazzante balletto di proclami e repentine marce indietro che, senza i drammatici dati sul coronavirus, provocherebbe un’incontenibile ilarità.
Invece c’è poco da ridere ma molto da riflettere sulla situazione di una regione che è stata travolta dallo tsunami coronavirus e che, nel giro di poco più di un mese, ha visto sgretolarsi il mito della “prima della classe”, ritrovandosi ad essere la “pecora nera” del nostro Paese. Soprattutto, però, una regione che, nel momento di maggior bisogno e di maggiore difficoltà, di fatto si è ritrovata senza una guida, con i propri governanti che, dopo aver commesso una serie incredibile di errori e di orrori, sono nella più completa e totale confusione, preoccupati esclusivamente di provare a salvare (per quanto possibile) la faccia più che cercare di risollevare le sorti della propria regione.
Ci rendiamo perfettamente conto che è praticamente impossibile, che un simile atto in un panorama politico come quello italiano accenderebbe ulteriormente gli animi e renderebbe ancora più cruento lo scontro. Ma l’unica soluzione per cercare di salvare il salvabile sarebbe quella di commissariare la Regione Lombardia, almeno per quanto riguarda la gestione di questa crisi. Certo politicamente una simile decisione avrebbe un pesante impatto.
Ma ancora più devastanti potrebbero essere le conseguenze se la guida di questa delicatissima fase, nella regione più colpita e più in difficoltà, venisse lasciata a governanti in palese stato confusionario. Lo ripetono in continuazione da giorni gli esperti, lo ha ribadito in queste ore anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’avvio della cosiddetta fase 2 è sicuramente il momento più difficile e delicato, sbagliare i tempi e le modalità potrebbe avere conseguenze deleterie, la ripresa e il rafforzamento dei contagi produrrebbe effetti devastanti sia in termini di vite umane, sia in termini sociali ed economici.
Ed il presidente Fontana e la sua giunta stanno quotidianamente dimostrando di non avere la necessaria lucidità per affrontare una simile situazione, di non avere compiutamente il polso della situazione, di non avere la più pallida idea di come muoversi. Come ha sapientemente scritto Roberto Maggioni su “Il Manifesto” “commissariare la sanità lombarda. Più che un appello è quasi un grido di disperazione, quello dei lombardi che stanno firmando la petizione online lanciata dalla rete di associazioni e partiti Milano 20230”. Petizione che, nel giro di poche ore, ha raggiunto oltre 50 mila firme, a dimostrazione di quello che è un sentimento decisamente diffuso tra gli stessi cittadini lombardi.
D’altra parte un’eloquente dimostrazione di quale fosse il sentire comune in Lombardia si era già avuta con il durissimo atto di accusa sottoscritto unanimemente dall’Ordine dei medici lombardi (non certo un partito o un’associazione politica…) contro la Regione. Abbiamo già sottolineato i tanti e gravi errori commessi in queste settimane dal presidente Fontana e dalla sua giunta, così come abbiamo ampiamente evidenziato come, alla prova dei fatti, il tanto decantato modello sanitario lombardo è letteralmente franato (vedi articolo “Frana il sistema sanitario della Lombardia, Fontana e la Regione spalle al muro”).
Il problema è che il governatore e gli assessori lombardi non sembrano aver imparato nulla da quanto accaduto e, ovviamente, si guardano bene dal fare un minimo di autocritica (“non abbiamo sbagliato nulla, abbiamo azzeccato tutte le mosse” ha avuto il coraggio di dichiarare 15 giorni fa l’assessore regionale alla protezione civile Foroni). Non solo, da un lato cercano di scaricare responsabilità che sono in gran parte le loro e dall’altro cercano di fare finta di nulla, di lanciare messaggi che vanno esattamente in senso contrario rispetto alla realtà dei fatti.
Così prima hanno cercato di attribuire al governo la colpa della mancata zona rossa nel Bergamasco (fino a che l’assessore Gallura non si è accorto dell’esistenza di una legge, quella che istituisce il servizio sanitario, del 1978…), mentre ora Fontana prova a scaricare sull’Ats (Agenzia di tutela della salute) la responsabilità per l’ecatombe nelle Rsa.
Come se non bastasse, la giunta regionale non ha trovato di meglio da fare che spendere migliaia di euro per acquistare spazi pubblicitari sui giornali per esaltare il modello sanitario lombardo e, in particolare, la sanità privata. “28.224 vite salvate. Sanità privata insieme alla sanità pubblica” è lo sconcertante slogan pubblicitario utilizzato dalla Regione per esaltare quel sistema che ha prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. “Bisogna avere un buco nero nella calotta cranica per realizzare manifesti auto-celebrativi di questo tipo quando la tua Regione conta il 9,5% delle vittime mondiali e 52% di quelle nazionali” ha ironicamente commentato qualcuno sui social.
Al di là di tutto, però, quello che preoccupa maggiormente è che i governanti lombardi sembrano davvero allo sbando e danno l’impressione di procedere a caso. Basterebbe la vicenda dell’ospedale della fiera di Milano per dimostrarlo. Ma, se non fosse sufficiente, di imbarazzanti conferme negli ultimi giorni ne sono arrivate in continuazione Ad inizio settimana, ad esempio, l’assessore Gallura, di fronte a numeri che testimoniavano come il Lombardia il numero dei positivi non diminuisse in maniera considerevole (e, purtroppo, tanto meno quello dei decessi), ha attribuito la responsabilità a chi continua ad uscire.
“I dati ci dicono che a Milano c’è un 40-45% di persone in giro” ha affermato. Dimenticando però che, quegli stessi dati, evidenziavano anche come su circa 100 mila controlli meno del 4% erano risultati i trasgressori. Ciò significa che la stragrande maggioranza di quel 40-45% di persone in giro per Milano era regolarmente autorizzata, in gran parte perché al lavoro. Come è possibile? Molto semplice, per il fatto che gli stessi dati confermano che in Lombardia, grazie alla Regione, sono migliaia le fabbriche e le attività aperte in deroga ai divieti.
Non a caso Fontana, come il premier Conte ha riaperto le librerie, si è affrettato con un proprio provvedimento a tenerle chiuse in Lombardia. Decisione sostanzialmente condivisibile ma a dir poco paradossale perché, è del tutto evidente, il governatore lombardo semmai dovrebbe preoccuparsi di autorizzare qualche deroga in meno per fabbriche e attività. Sempre a proposito di coerenza il giorno successivo, dopo aver chiesto al sindaco di Milano Sala un’ulteriore stretta nel capoluogo, ha annunciato senza titubanze (e in barba al lavoro che stanno facendo i tecnici e gli esperti per capire come impostare la cosiddetta fase 2) che “dal 4 maggio la Lombardia riapre tutto” aggiungendo che di fatto la sua regione stava già entrando nella fase 2.
Nonostante i quasi 2 mila contagi nuovi al giorno e il numero di morti giornalieri che continua ad aggirarsi tra i 250 e i 300. Poi giovedì, nel corso della consueta conferenza stampa giornaliera, il vicepresidente della Lombardia, Fabrizio Sala, ha testualmente dichiarato: “abbiamo alcuni dati che possiamo giudicare migliorativi, come i dismessi e le terapie intensive, ma abbiamo ancora tanti decessi, quindi dobbiamo dire chiaramente che siamo ancora in piena Fase 1. Siamo ancora nella fase dell’epidemia (forse dovrebbe spiegarlo al suo presidente…). Se rispettiamo le regole riusciremo ad abbassare sempre più il tasso del contagio. La Fase 2 dipende da quanto noi saremo capaci di rispettare queste regole e di rallentare nel modo più forte l’epidemia”.
Soprattutto la Fase 2 dovrebbe essere differenziata sulla base della situazione delle singole regioni e, è del tutto evidente, la Lombardia dovrebbe essere quella che riparte con più cautela e con maggiori restrizioni. Ma perché ciò avvenga, e non si corra invece il rischio di una disastrosa e pesantissima ricaduta, servirebbero un governatore e un’amministrazione pienamente consapevole. I fatti di questi ultimi giorni (ma tutto il periodo dell’emergenza) dimostrano chiaramente che non ci sono.
Allora, per evitare il peggio, il governo dovrebbe avere il coraggio quanto meno di commissariare di fatto la Lombardia, almeno per la gestione di questa delicatissima fase…