Ad ascoltare gli “sproloqui” di alcuni personaggi del mondo dello spettacolo e di quello del calcio sembra che siano sbarcati ora da un altro pianeta e non abbiano la più pallida idea di quello che sta accadendo in Italia e nel resto del mondo
Mentre i cittadini italiani sostanzialmente stanno rispettando le misure restrittive, a parte una percentuale non elevatissima di trasgressori (i dati ufficiali, riferiti al fine settimana di Pasqua, parlano di un 5% di sanzioni sui quasi 800 mila controlli effettuati), capita ancora di imbattersi con chi non sembra rendersi conto a pieno della drammatica situazione che stiamo vivendo, al punto da far sospettare che sia improvvisamente arrivato da un altro pianeta.
Abbiamo già avuto modo di parlare dell’imbarazzante posizione del vescovo di Ascoli mons. D’Ercole, così come della sconcertante posizione di Confindustria al nord. Per altro è di queste ore la notizia che Confindustria Toscana nella propria sede ha esposto le bandiere a lutto in forma di protesta contro la decisione del governo di prorogare la chiusura fino al 3 maggio, minacciando anche iniziative eclatanti (che tristezza…). Ma è soprattutto dal mondo del calcio e dal mondo dello spettacolo che arrivano il maggior numero di “marziani” come le incredibili vicende di queste ultime ore stanno dimostrando.
Le affermazioni di Tiziano Ferro domenica sera a “Che tempo che fa” e, prima ancora, quelle di Vasco Rossi sui concerti in programma da giugno in poi sarebbero quasi comiche, se non vivessimo una situazione drammatica come quella attuale. Per non parlare del portavoce della Lazio Arturo Diaconale che ha reagito come un bambino capriccioso alle affermazioni del direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore della sanità (Iss) Giovanni Rezza che si è dichiarato contrario alla ripartenza del campionato di calcio.
Quando si parla di calcio in questo periodo il rischio di sconfinare nella demagogia è assai concreto. Ancor più sui social dove la comunicazione si riduce spesso a slogan ad effetto che, inevitabilmente, fanno molto presa su chi li legge ma sostanzialmente sono solamente vuoti ed inutili proclami. Non ci è mai piaciuto e non è nel nostro costume utilizzare certi mezzi e certi slogan e riteniamo che, per una serie di ragioni che vedremo, anche il mondo del calcio (e ancor più dello sport in generale) ha delle ragioni nell’esprimere la propria preoccupazione.
Ma assistere a certe indecorose risse e, ancora più, ascoltare certe surreali richieste è davvero inaccettabile. Il calcio di un certo livello, in Italia e in Europa, probabilmente si è fermato troppo tardi e alcune partite giocate quando già la situazione era preoccupante hanno inciso (Atalanta – Valencia ma anche Liverpool – Atletico Madrid in Champions League). Le conseguenze sono state pesanti ma errori di valutazione ad inizio emergenza li hanno commessi in tanti (compresi virologi e presunti esperti), quindi può essere in qualche modo comprensibile.
Ma certe forzature in questa fase, ora che la situazione è sin troppo chiara a tutti (e, soprattutto, che ci sono solo in Italia più di 20 mila morti) sono francamente inaccettabili. L’insistenza di alcune società e di alcuni presidenti nel voler ricominciare, nel voler tornare già da subito ad allenarsi è semplicemente imbarazzante, così come, è inutile nasconderlo, provoca un certo fastidio ascoltare il piano per consentire la ripresa della preparazione che prevede che tutti i giocatori vengano sottoposti ad un rigido controllo, con tanto di tamponi ripetuti nel tempo.
Ma, come se non bastasse, c’è addirittura di peggio. In queste settimane abbiamo ascoltato gli sproloqui di diversi presidenti e dirigenti calcistici, pronti a minacciare “fuoco e fiamme” nel caso in cui i campionati non riescano a ripartire, con tanto di farneticazioni che vorrebbero che l’eventuale definitivo stop sia determinato non dalla situazione drammatica in cui si trova il Paese ma da chissà quali oscuri complotti per favorire questa o quella squadra.
Semplicemente disarmante (per non usare altri termini) è, ad esempio, l’atteggiamento tenuto sin dall’inizio di questa emergenza dalla Lazio, con il suo presidente Lotito e, soprattutto, con il portavoce del club Arturo Diaconale. Che, sin dai primi giorni, hanno gridato a presunti complotti, a tentativi di favorire questa o quella squadra, come se il crescente numero di morti in Italia fosse un particolare ininfluente e assolutamente trascurabile.
“Non sarà facile imbrogliare il presidente Claudio Lotito da parte di ministri demagoghi e dirigenti irresponsabili” dichiarava Diaconale il 9 marzo scorso dopo aver appreso la decisione di sospendere il campionato di serie A. Secondo il portavoce della Lazio presa non per la gravità della situazione che si stava profilando, ma semplicemente per imbrogliare (non si capisce bene in che modo) la società biancoazzurra. Che, non paga, dopo che il 14 marzo l’associazione dei medici delle società di calcio “in considerazione della grave evoluzione dell’infezione Covid 19” esprimevano “forte preoccupazione circa la tutela della salute dei propri tesserati qualora venissero ripresi a breve gli allenamenti”, con uno stringato comunicato annunciava che da lunedì 23 marzo la Lazio avrebbe ripreso gli allenamenti a Formello (poi sospesi in seguito al nuovo decreto del governo).
Quelli erano i giorni in cui i numeri di morti e contagi continuavano a crescere, con 400-500 decessi e circa 4 mila contagi al giorno. In un crescendo di delirante follia, nei giorni successivi lo stesso Diaconale denunciava un presunto complotto volto a non far ripartire il campionato per favorire alcune società (Juventus e Inter su tutte), mentre nell’assemblea di Lega del 25 marzo Lotito vestiva i panni di improbabile virologo per spiegare ai suoi colleghi, ovviamente per convincerli a ripartire prima possibile, che “il virus se sta a ritirà!”.
Infine lunedì sera, dopo che Rezza, rispondendo alle domande di un giornalista in merito alla possibile ripartenza del campionato, aveva dichiarato “se dovessi dare un parere tecnico non lo darei favorevole e credo che il Comitato tecnico scientifico sia d’accordo”, la sconcertante replica ancora di Diaconale: “gli scienziati facciano gli scienziati e non i tifosi. Sarebbe davvero auspicabile che, invece, di alimentare polemiche calcistiche di cui non si sente il bisogno, si dedicasse ogni energia alla ricerca di una cura o di un vaccino”.
Semplicemente pazzesco, sembra davvero che il portavoce della Lazio viva in un’altra dimensione, in un altro pianeta. Poi, come anticipato, è comprensibile la preoccupazione del mondo del calcio (e dello sport in generale), non tanto e non certo per il destino del campionato, quanto per il fatto che questo lungo stop determina delle pesanti conseguenze per tutto il sistema e mette a rischio non solo il futuro di centinaia di società, ma anche e soprattutto migliaia di posti di lavoro (e non stiamo certo parlando dei calciatori).
Discorso in qualche modo simile per quanto riguarda il mondo dello spettacolo che vive le stesse difficoltà che vivono praticamente tutti i settori produttivi ma, per certi versi, vede ancora più grigio e incerto il proprio futuro. E anche in questo caso è quanto mai opportuno occuparsi della precaria condizione delle centinaia di persone che lavorano in quel campo e, quindi, chiedere sostegno e aiuti anche per loro. Ben altra cosa, invece, è pretendere risposte certe per quanto riguarda lo svolgimento dei concerti estivi il cui destino (almeno per i mesi di giugno e luglio) è sin troppo evidentemente segnato.
“I concerti ora sono formalmente in piedi perché i provvedimenti del governo ad oggi arrivano fino al 3 maggio – ha dichiarato Tiziano Ferro a “Che tempo che fa” domenica sera – io però ho bisogno di chiedere che si faccia chiarezza, che il governo ci dia delle risposte e anche che si esponga e prenda una posizione per noi”. Richiesta analoga era stata fatta qualche giorno prima anche da Vasco Rossi che, secondo il programma originario, il 10 giugno è a Firenze, il 15 a Milano, mentre 19 e 20 a Roma al Circo Massimo (già sold out).
“Il premier Conte ci faccia sapere se si fanno o no i concerti” ha affermato. In una situazione di simile precarietà quella di Tiziano Ferro e Vasco Rossi è una richiesta assolutamente inopportuna e del tutto pleonastica. Anche per loro vale il discorso fatto per Diaconale, sembra che vivano in un’altra dimensione, in un altro pianeta. Perché altrimenti non dovrebbero neppure chiederlo se a giugno si potranno svolgere eventi che prevedono la presenza di 40-50 mila persone ammassate in uno stadio (o anche più al Circo Massimo).
Lo sanno e lo hanno capito tutti, possibile che non siano in grado di comprenderlo anche loro? E’ proprio necessario in questa fase così dura per il nostro Paese alimentare inutili polemiche per il destino di concerti che, evidentemente, in una simile situazione è impensabile che possano svolgersi (ma se addirittura è a rischio la riapertura delle scuole a settembre…). Un po’ più di senso della responsabilità da parte loro non guasterebbe. Poi, come detto, se vogliono farsi portatori delle sacrosante istanze dei lavoratori del settore hanno tutto il nostro appoggio e tutta la nostra ammirazione.
Ma, per decenza e per rispetto della situazione che stiamo vivendo, evitino di parlare di concerti…