L’antitaliano


Mentre l’Italia è in ginocchio ed è diventata il bersaglio di un pesante attacco mediatico internazionale, Salvini prima chiede unità per superare la crisi poi in un’intervista ad un giornale spagnolo sferra un colpo letale sull’immagine già malridotta del nostro paese

Scusandoci anticipatamente per il gioco di parole, più che per l’ennesimo atto di sciacallaggio compiuto da Matteo Salvini, c’è da stupirsi per chi si stupisce di un simile comportamento da parte del leader della Lega. Chi ha un briciolo di memoria e non è offuscato dal tifo di parte non scopre certo oggi chi è l’ex ministro dell’interno, da sempre il più “antitaliano” tra i principali esponenti politici dell’ultimo decennio. E che solo in un paese che per convenienza e superficialità si affretta a dimenticare tutto molto rapidamente poteva essere scambiato come una sorta di patriota, come l’unico vero difensore dei più profondi interessi della patria.

Non è mai stato così, per chi voleva vedere (ed era in grado di ricordare) era del tutto evidente che si trattava di un improbabile personaggio costruito dall’incessante e, bisogna ammetterlo, efficace propaganda della “bestia”. Ora però l’antitaliano che è in Salvini, insieme al suo vergognoso cinismo, è nuovamente venuto fuori in maniera emblematica ed evidente mercoledì 4 marzo.

Con un paese che è in ginocchio, che tra mille difficoltà sta cercando di fronteggiare questa emergenza. Con un’economia che soffre e il turismo che rischia il tracollo perché dall’estero piovono disdette di prenotazioni in Italia. Con la nostra nazione e i nostri concittadini che sono visti come degli appestati e la conseguente crescente campagna mediatica internazionale contro l’Italia. Con una simile situazione bisogna davvero odiare il proprio paese ed essere profondamente cinici per rilasciare un’intervista come quella rilasciata dal leader del Carroccio al giornale spagnolo “El Pais” nella quale, in sostanza, si afferma che l’Italia (e in particolare il governo) non è in grado di fronteggiare l’emergenza, che le cose stanno andando molto peggio di quello che dal nostro paese si cerca di far credere.

In altre parole un colpo mortale per il Belpaese, un gesto che definire vile è riduttivo e che sta già avendo un effetto devastante sull’immagine malridotta dell’Italia in Europa. E’ evidente l’atto di sciacallaggio politico, di certo non il primo (e sicuramente non l’ultimo) dell’ex ministro dell’interno. Che d’altra parte ormai ha ampiamente dimostrato di non fermarsi di fronte a nulla, non si è fatto alcuno scrupolo di utilizzare persino i bambini per le sue battaglie politico-elettorali, per altro dopo aver pesantemente apostrofato (in agosto) chi aveva utilizzato la vicenda del figlio per attaccarlo.

Non bisogna certo essere dei geni, perfino un bambino è in grado di capire che un simile attacco sulle colonne di un giornale straniero è un durissimo colpo per il nostro paese (e non di meno per due regioni come Lombardia e Veneto a guida leghista). Evidentemente, però, può mascherarla quanto vuole, può far passare, grazie all’imponente macchina propagandistica, esattamente il messaggio opposto, ma alla fine la vera natura di Salvini viene fuori.

Quella, cioè, di un politico che ha sempre disprezzato il concetto di patria, che per anni non ha perso occasione per dimostrare di non sentirsi per nulla un italiano ma piuttosto un padano, che ha costruito la sua carriera politica sul dogma dell’indipendenza della Padania. Non lo ha mai mascherato e nascosto, come quando ai mondiali 2006 (in occasione della semifinale) ha dichiarato apertamente di tifare la Germania perché “l’Italia è il peggio del peggio”. E, dopo la vittoria della formazione di Lippi sui tedeschi, addirittura non si è fatto scrupoli di sostenere la Francia nella finale di Berlino.

O come quando scriveva che per lui il 2 giugno (festa della Repubblica) non c’era niente da festeggiare perché la sua patria non era l’Italia ma la Padania (“Padania is not Italy” era il suo motto). Non a caso già ai suoi esordi politici, su Radio Padania, dirigeva la trasmissione “Mai dire Italia” il cui titolo era tutto un programma. Per carità, nella vita si può sempre cambiare idea ma non così radicalmente, passando da un opposto all’altro. E, soprattutto, se davvero la “giravolta” a 360 gradi fosse frutto di un radicale cambio di convincimento, come minimo c’era da aspettarsi un serio e onesto “mea culpa”, un taglio radicale con il passato.

La realtà, come sappiamo, è ben differente, Salvini si è costruito la maschera di patriota per meri interessi politico-elettorali, perché è stato abile a comprendere che nella situazione sociale che stava vivendo il nostro paese un paio di anni fa quella poteva essere politicamente la mossa vincente. E, come detto, ci è riuscito  grazie anche e soprattutto ad una buona parte del paese che cancella in fretta, che non ha praticamente memoria. Inutile sottolineare come quella intervista in poche ore ha subito fatto il giro della Spagna, con le conseguenze che sono sin troppo facili da immaginare.

Ad ulteriore conferma che l’interesse e il benessere della nostra nazione è l’ultimo dei pensieri di Salvini, il leader della Lega anche nell’intervista con “El Pais” ha confermato la sua vicinanza e il suo apprezzamento nei confronti del leader ungherese Orban. Che continua a rivendicare il rapporto con lo stesso Salvini ma, al tempo stesso, anche ad essere tra i leaders europei più duri e intransigenti contro l’Italia. Lo ha dimostrato in occasione del trattato di Dublino, lo ha ripetuto quando ha chiesto all’Europa la massima intransigenza nei confronti del nostro paese riguardo la manovra (con il suo “amico” Salvini al governo), lo ha confermato ora, guidando senza esitazioni il fronte anti-italiano.

Il paradosso è che, poche ore prima di dare il colpo di grazia al nostro paese, proprio Salvini scriveva che “è un momento in cui l’Italia ha bisogno di unirsi nel nome della speranza e del lavoro, quando qualcuno ci vorrebbe divisi, isolati e sconfitti. Ritroviamo l’orgoglio di vivere nel paese più bello del mondo e, insieme, supereremo anche questi giorni difficili”.

Anche in questo caso solo uno sprovveduto può stupirsi, la storia recente di Salvini e della Lega dimostra ampiamente che la coerenza è un concetto sconosciuto. Proprio in queste ore, ad esempio, il Carroccio ha annunciato che a Merano presenterà come candidato sindaco Sergio Armanini, noto alle cronache perché qualche tempo fa aveva augurato ad una giornalista milanese di essere stuprata 100 volte.

Ricordiamo tutti, solo un paio di mesi fa, la durissima campagna promossa dalla Lega e da Salvini contro la partecipazione del rapper Junior Cally a Sanremo. “Gli italiani, le donne e le ragazze non meritano la vergogna di vedere salire sul palco chi ha inneggiato allo stupro e alla violenza nei confronti delle donne” dichiarava allora Salvini. Per il quale, evidentemente, se inneggi allo stupro non puoi andare a Sanremo ma puoi tranquillamente fare il sindaco…

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