Calcio e razzismo: Italia e Inghilterra, trova le differenze…


In Inghilterra il tifoso del City protagonista di episodi di razzismo nei confronti di 2 giocatori dello United è stato  arrestato, grazie anche alla collaborazione dello stesso City, e rischia addirittura il licenziamento. In Italia, invece, non avviene esattamente la stessa cosa…

E’ in corso il secondo tempo del derby di Manchester quando un tifoso del City ha mimato il gesto della scimmia nei confronti di due giocatori di colore dello United, Fred e Lingard. Al termine della partita, conclusasi con la vittoria per 2-1 dello United, negli spogliatoi dell’Etihad Stadium tiene banco più che l’impresa dei reds, sfavoriti nei confronti del City, l’episodio di razzismo accaduto nel secondo tempo. Le reazioni sono unanimi, passano solamente un paio d’ore e il Manchester City (la società ospitante) in un comunicato condanna duramente quanto accaduto.

Il Manchester City – si legge nel comunicato – è a conoscenza dei video che stanno circolando sui social network nel quale si vede un tifoso fare dei gesti razziali durante il secondo tempo del match con il Manchester United. Funzionari del club stanno lavorando con la polizia di Manchester per identificare le persone interessate e fornire tutta l’assistenza necessaria. Il Club sta lavorando con la polizia per alcuni oggetti lanciati sul campo di gioco. Il Club applica una politica di tolleranza zero in materia di discriminazione di qualsiasi tipo e chiunque venga ritenuto colpevole di abusi razziali sarà bandito dal club a vita“.

E’ un gesto inaccettabile, giusta e condivisibile la posizione della società” aggiunge l’allenatore del City Pep Guardiola. Ancora poche ore e la polizia britannica annuncia di aver individuato e arrestato il 41enne autore degli insulti razzisti nei confronti dei due giocatori di colore dello United.

Il razzismo non può essere tollerato in nessuna forma nel calcio e nella nostra società – afferma il sovrintendente della Greater Manchester Police Chris Hill – spero che questo arresto possa dimostrare la nostra determinazione. Continuiamo a collaborare con le società del Manchester City e dello United per ulteriori indagini”. Poche ore dopo l’azienda presso cui lavora il tifoso 41enne arrestato comunica di averlo sospeso e che sta valutando l’ipotesi del licenziamento.

Il giorno successivo tutti i quotidiani inglesi plaudono la reazione immediata e decisa del club di Manchester e la prontezza con cui la polizia ha subito individuato e fermato il protagonista dell’episodio, nessuno cerca di minimizzare, tutti sono concordi nel colpire duramente e nel non tollerare questo genere di episodi. Confessiamo di aver provato una certa invidia, oltre ovviamente ad una sincera ammirazione, nei confronti del Regno Unito per come affronta e dimostra tolleranza zero nei confronti degli episodi di razzismo (per la verità isolati) negli stadi. Ed anche un certo imbarazzo ed una discreta dose di vergogna per quello che, invece, avviene nel nostro paese in situazioni simili.

Non bisogna, purtroppo, andare troppo indietro nel tempo per fare il paragone. Era il 3 novembre scorso quando, nel corso di Verona – Brescia, l’attaccante bresciano Mario Balotelli ha reagito stizzito ai buu razzisti rivolti nei suoi confronti da uno spicchio della curva veronese. Nel dopo partita e nei giorni successivi, però, lo spettacolo a cui abbiamo assistito per certi versi è stato ancora più vergognoso e disarmante. Ha iniziato l’allenatore del Verona Juric che ha cercato subito di sminuire l’accaduto (“non ho sentito nulla”) e, anzi, ha addirittura accusato l’attaccante bresciano sostenendo che “ciò che ha fatto Balotelli è inspiegabile perché senza alcun motivo ha avviato una gogna mediatica su una tifoseria”.

Che, solo per ricordare di chi e di cosa stiamo parlando, nella parte più calda da sempre espone in curva indisturbata svastiche e croce celtiche senza che nessuno, né Juric né i dirigenti della società gialloblu, abbia mai neppure obiettato qualcosa (chi ha qualche anno in più ricorderà la reazione di Costantino Rozzi, il “presidentissimo” dell’Ascoli, quando in curva sud comparivano simili simboli). Lo stesso presidente del Verona, Setti, inizialmente aveva tenuto la stessa linea, salvo poi (di fronte ai video che confermavano in maniera inequivocabile che i buu razzisti al suo indirizzo non erano certo un’invenzione di Balotelli) fare parziale marcia indietro, condannando l’accaduto ma chiedendo di non colpevolizzare tutta la curva.

Il sindaco di Verona Sboarina, invece, ha parlato di strumentalizzazione del caso, mentre il commissario provinciale della Lega, Nicolò Zavarise ha sostenuto che “l’atteggiamento di Balotelli è vergognoso e da censurare”, aggiungendo che “anche oggi abbiamo assistito all’ennesimo episodio di strumentalizzazione da parte di giornalisti ed esponenti politici”. Come se non fosse già sufficiente, addirittura i consiglieri comunali Bianchini, Perbellini e Sesso hanno proposto di presentare una m   ozione in Consiglio comunale per chiedere i danni a nome della città. Idea probabilmente tramontata, visto che poi nei giorni successivi i video e gli audio della partita non hanno lasciato dubbi su quanto accaduto.

Senza che  nessuno, però, si degnasse di chiedere scusa a Balotelli e senza che nessuno si preoccupasse di chiedere che venissero individuati i responsabili (cosa neppure troppo difficile tra telecamere e biglietti nominali) e puniti come accade nel Regno Unito. Sorvolando, per decenza, su come diversi giornali (e numerosi esponenti politici) nei giorni successivi hanno commentato l’accaduto, in soccorso dei tifosi del Verona sono addirittura arrivati gli stessi ultras del Brescia.

Purtroppo non una novità questa indecente forma di solidarietà, era già accaduto nei mesi scorsi quando, dopo la partita Cagliari-Inter, il centravanti nerazzurro Lukaku si era lamentato per i buu razzisti ricevuti da una parte dei tifosi del Cagliari. Allora ci avevano pensato gli ultra dell’Inter sulla pagina facebook “L’urlo della nord” a spiegare al giocatore belga che non si trattava certo di razzismo.

Ci spiace molto che tu abbia pensato che quanto accaduto a Cagliari sia stato razzismo. Devi capire che l’Italia non è come molti altri paesi europei dove il razzismo è un vero problema” scrivevano gli ultras nerazzurri. Che, d’altra parte, qualche settimana hanno riservato lo stesso trattamento a base di ululati e “buu” razzisti nei confronti del giocatore del Parma Gervinho. Naturalmente in tutte queste circostanze sarebbe semplicemente folle pensare e sperare che i club italiani si comportino come il Manchester City.

Ovviamente né il Brescia, né l’Inter, né il Verona né il Verona hanno avuto il coraggio non di vietare l’ingresso allo stadio di certi pseudo tifosi ma neppure di condannare e prendere le distanze da simili ridicole affermazioni. Il Cagliari invece ha duramente stigmatizzato quando accaduto sostenendo che “il Cagliari calcio prende le distanze dagli sparuti ma non meno deprecabili episodi verificatisi in occasione di Cagliari-Inter… la società non accetta che si possa minimizzare quanto accaduto”. Una posizione purtroppo isolata in un paese che paradossalmente più si accentuano gli episodi di razzismo e meno ha voglia di prendere coscienza di quanto sta accadendo.

La triste e sconfortante conferma si è avuta dopo che qualche settimana fa una giocatrice della Juventus Woman, l’inglese di origine nigeriana Eni Aluko, annunciando di voler tornare nel proprio paese, ha lanciato gravi accuse. “A volte Torino sembra un paio di decenni indietro nei confronti dei differenti tipi di persona. Sono stanca di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che ruba. Spesso quanto atterravo all’aeroporto di Torino sono stata trattata come se fossi Pablo Escobar”. Dichiarazioni forti che quanto meno avrebbero dovuto far riflettere e provocare una riflessione, anche perché ad opera di una calciatrice laureata e che svolge anche la professione di giornalista. Ma che nel nostro paese sono scivolate via come se nulla fosse. Perché non si deve neanche ipotizzare che in Italia il razzismo sia un problema.

Certo poi, quando si tocca con mano come funzionano le cose negli altri paesi europei, qualche dubbio è lecito averlo.

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