E’ quanto emerge dall’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva pubblicato nei giorni scorsi. L’indagine prende in esame il costo e la qualità del servizio nei capoluoghi di provincia italiani. Ed il risultato per il Comune di Ascoli è a dir poco sconfortante…
Nascere a 30 o a 100 km di distanza a volte può fare tutta la differenza del mondo, almeno per le famiglie con figli piccoli. Quelle, per intenderci, sono all’incirca le distanze che dividono Ascoli da altri due capoluoghi di provincia, Teramo e Macerata. E chi ha la fortuna di mettere al mondo un figlio in quei capoluoghi ha la possibilità di risparmiare, rispetto a chi concepisce un figlio nel capoluogo piceno fino a 500 euro all’anno. Il merito (o la colpa, a seconda dal punto di vista) è del servizio comunale asilo nido che in quei comuni costa decisamente meno rispetto ad Ascoli.
Che, ancora una volta, anche per il 2018-2019 può vantare il primato degli asili nido più cari delle Marche (e tra i più cari del centro Italia). Non solo, ad Ascoli la spesa mensile di una famiglia per il servizio è maggiore di 8 euro rispetto alla media delle famiglie italiane. Un primato di cui sinceramente non se ne sentiva il bisogno e che certo le famiglie ascolane avrebbero volentieri evitato e che è oltre modo imbarazzante alla luce di un altro dato. In media, negli ultimi anni, il costo del servizio asilo nido è in costante aumento nella maggioranza delle città capoluogo italiane, mentre ad Ascoli è costante da anni.
Questo, inevitabilmente, significa, che qualche anno fa la differenza di spesa per le famiglie ascolane rispetto alle altre famiglie italiane era sensibilmente maggiore. Complimenti davvero all’amministrazione comunale passata che ha “spremuto” e, di fatto, punito le famiglie ascolane che hanno avuto l’ardire di mettere al mondo dei figli… Questo è quanto emerge dall’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, pubblicato nei giorni scorsi, realizzato nell’ambito del progetto “Consapevolmente consumatore, ugualmente cittadino” finanziato dal ministero dello sviluppo economico.
Secondo l’Osservatorio una famiglia media italiana con un bimbo al nido spende mensilmente 303 euro nell’anno in corso, con un leggero aumento (+0,9%) rispetto al 2018/2019. Il dato più emblematico che emerge a livello nazionale è che l’offerta pubblica è ancora ampiamente insufficiente e neppure il supporto dell’offerta privata riesce certo a compensare la carenza. Complessivamente sono stati censiti sul territorio nazionale 13.147 servizi socio-educativi per l’infanzia. I posti autorizzati al funzionamento sono circa 354 mila; di questi poco più della metà sono pubblici mentre il 48% sono privati.
La maggior parte dei servizi per la prima infanzia (91%) sono asili nido, con poco più di 11 mila strutture presenti in tutto il paese e una dotazione di circa 320 mila posti (166.980 nel pubblico, 153.316 nel privato). Nel complesso i posti disponibili negli asili nido corrispondono al 21,7% dei bambini residenti al di sotto dei 3 anni che arriva al 24% considerando anche i servizi integrativi. In ogni caso siamo decisamente al di sotto del parametro del 33% fissato dall’Unione europea per considerare quanto meno sufficiente il servizio.
L’altro dato evidente che emerge, non certo sorprendente, è la netta divisione tra le varie zone del paese su tariffe, posti disponibili, agevolazioni per le famiglie. Al Nord si registrano le rette più alte, ma anche maggiori misure di agevolazione per le famiglie; il Sud invece è più contenuto sui costi, seppur in aumento rispetto all’anno precedente, pecca sulla disponibilità di posti. La retta più alta in Trentino Alto Adige, pari a 472 euro in media, quella più bassa in Molise, 169 euro.
Le regioni settentrionali si caratterizzano per una spesa media per le famiglie più elevata, ma in decremento rispetto all’anno precedente, stabile la spesa al Centro e in aumento invece nelle regioni meridionali (+5,1%). Il capoluogo più costoso è Lecco con 515 euro di spesa media a famiglia, il più economico è Catanzaro con 100 euro. Quanto alla copertura è assai variegata tra le regioni: si va dal 34,3% dell’Umbria al 6,7% della Campania.
Per quanto concerne le Marche trova posto nei 311 asili nido presenti in regione un bambino su quattro (il 25%). Nel complesso il quadro che emerge non è particolarmente edificante e descrivono un servizio fanalino di cosa rispetto alle altre regioni del Centro Italia e con un’alta compartecipazione alle spese richiesta alle famiglie pari al 25,9%, decisamente più elevata rispetto alla media italiana (19,4%). Che non rappresenta un record solo perché il Veneto supera di poco la percentuale marchigiana (26,2%).
Questo in concreto significa che le amministrazioni comunali marchigiane investono meno, rispetto a quelle delle altre regioni italiane, in un servizio così importante, lasciando l’onere di colmare il divario alle già “iper tartassate” famiglie marchigiane. Ed ovviamente, visto il poco edificante prima regionale, in questo caso le famiglie più tartassate sono proprio quelle ascolane… L’unico dato in qualche modo confortante che riguarda le Marche è quello relativo alle agevolazioni, con la Regione che ne ha stabilite alcune importanti come i voucher per l’acquisizione dei servizi socio educativi destinati alle famiglie con minori a carico che sono garantiti dai fondi europei Por 2014-2019.
“A livello nazionale – spiegano gli esperti di Cittadinanzattiva – nell’ambito degli interventi normativi a sostegno del reddito delle famiglie, ai figli nati dal 1° gennaio 2016 spetta un contributo per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di 3 anni affetti da gravi patologie croniche. L’importo del buono è di 1.500 euro su base annua per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il premio è corrisposto direttamente dall’Inps su domanda del genitore”.
Per quanto concerne le tariffe non si registrano novità e aumenti rispetto all’anno passato. La media regionale di spesa si attesta su 294 euro e, come detto, con 318 euro al mese spetta ad Ascoli il poco onorevole primato del costo più elevato della regione. Dietro il capoluogo piceno Pesaro con 311 euro, Ancona 309, Fermo 300 e Macerata con 252.
In pratica una famiglia ascolana paga per l’asilo nido 15 euro in più al mese di una famiglia italiana (considerando 9 mesi di servizio 135 euro in più all’anno), e 24 euro in più al mese (218 euro all’anno) rispetto alle altre famiglie marchigiane. A dir poco imbarazzante il confronto con le famiglie maceratesi, ben 66 euro in più al mese (594 euro in più all’anno). Al di là delle tariffe, che non sono certo un aspetto secondario, dall’analisi della carta di qualità del servizio effettuato da Cittadinanzattiva in ogni comune capoluogo il quadro che emerge per Ascoli è ulteriormente negativo, con diverse carenze.
Sono complessivamente 13 gli aspetti presi in considerazione e il servizio comunale del capoluogo piceno risulta carente in 6 di questi: reperibilità on line della sezione dedicata al servizio, indicazione specifiche dei casi di malessere in cui è previsto l’allontanamento dei bambini, riferimento all’uso di strumenti strutturati di rilevazione della soddisfazione delle famiglie, presenza di contatti dedicati a segnalazioni e/o reclani, indicazione tempi di risposta alle segnalazioni/reclami, riferimento ad organismi di partecipazione per il coinvolgimento delle famiglie. In altre parole le famiglie ascolane pagano molto più delle altre famiglie marchigiane (e italiane) per un servizio con tante lacune.
Un bel “regalo”, una scomoda eredità lasciata dalla precedente amministrazione al sindaco Fioravanti. Che, al di là del meritevole intento di istituire il garante comunale per i minori, se davvero vuole fare qualcosa di concreto per loro e per le loro famiglie dovrebbe intervenire proprio per migliorare il servizio e renderlo economicamente meno pesante per le famiglie ascolane.