Secondo l’indagine di Cna, artigiani e commercianti di Ascoli i primi 7 mesi lavorano per pagare i tributi, i successivi 5 per il reddito familiare e di impresa. Rispetto al 2018 il “free tax day” è arrivato 4 giorni prima ma nella classifica dei comuni Ascoli scende dal 47° al 57° posto
Per sette mesi si lavora per pagare i tributi (statali, regionali e comunali). Gli altri 5 mesi per il reddito familiare e di impresa. E’ questo, secondo i dati contenuti nell’annuale rapporto elaborato dal Centro studi della Cna nazionale, il triste destino di artigiani e commercianti ascolani Che, però, possono parzialmente consolarsi per il fatto che, rispetto al 2018, in questo 2019 hanno qualche giorno in più per dedicarsi al reddito familiare e di impresa. Infatti lo scorso anno il “free tax day” era stato il 5 agosto, quest’anno è arrivato con 4 giorni di anticipo, il 1 agosto.
Diminuisce anche la tassazione complessiva del reddito di impresa, pur rimanendo comunque decisamente elevata, che scende dal 59,7% dello scorso anno al 58,7% del 2019. Il rapporto analizza l’andamento della tassazione in 141 comuni italiani, dal 2011 al 2018, con una proiezione per l’anno 2019. L’analisi si riferisce a tutti i capoluoghi di provincia e ad altri 27 comuni che presentano un’alta densità di popolazione e di piccole imprese.
Prima di addentrarci nei particolari e nei dati, è opportuno sottolineare come il rapporto della Cna è considerato molto credibile ed è molto tenuto in considerazione nel panorama politico, accademico e associativo. Il set di dati a disposizione, permette alla Cna di calcolare con precisione il “Total Tax Rate” tarato sulla dimensione prevalente dell’impresa italiana, contrariamente alle analoghe stime in circolazione, elaborate anche da autorevoli organismi internazionali, meno aderenti alle specificità dell’apparato produttivo nazionale.
Al “Total Tax Rate” il Rapporto affianca il “Tax Free Day”, giorno della liberazione dalle tasse, che indica la data fino alla quale l’imprenditore deve lavorare – ogni anno – per produrre il reddito necessario ad assolvere gli obblighi fiscali e contributivi, dopo la quale potrà destinare il reddito d’impresa alle proprie esigenze e a quelle della sua famiglia. Complessivamente sono 11 i comuni marchigiani presi in considerazione dal rapporto Cna (compresi ovviamente i 5 capoluoghi di provincia) ed Ascoli si trova praticamente nel mezzo, con 5 comuni che hanno una situazione migliore (Jesi, Fabriano, Osimo, Fermo ed Ancona) e 5 che invece hanno dati peggiori (Senigallia, Falconara Macerata, Urbino e Pesaro).
In particolare secondo il Centro studi della Cna nazionale per il 2019 un piccolo imprenditore con attività nel capoluogo piceno dovrà versare a Stato, Regione e Comune per le imposte il 58,7% dei propri guadagni. Il rimanente (poco più del 40%) potrà utilizzarlo per la crescita della sua impresa e per tutti i bisogni familiari. In pratica per 214 giorni lavora per pagare i tributi, per 151 per i consumi e le esigenze personali e familiari.
Detto che, è del tutto evidente, rispetto agli altri comuni marchigiani la differenza in negativo (rispetto ai 5 che hanno una pressione fiscale minore) o in positivo (rispetto ai 5 comuni che invece hanno una pressione fiscale maggiore) ovviamente è determinata dalla tassazione comunale, è importante sottolineare il leggero miglioramento rispetto al 2018 quando, dopo 3 anni di leggero ma costante calo, la pressione fiscale per artigiani, commercianti e piccoli imprenditori del Piceno era tornata a crescere.
“Stabilità e qualche leggero miglioramento – commenta Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli – ma la strada per interventi veramente risolutivi per liberare risorse che le imprese possano utilizzare per investire, ammodernare e assumere, è ancora lunga. Il 2014, sempre in base al rapporto Cna, anno nero per le imprese all’azienda-tipo presa in esame, restavano poco più di 18mila Euro di reddito disponibile. Nel 2019 abbiamo, se così si può dire, strappato un reddito di quasi 21mila Euro. Ma quali investimenti si possono ipotizzare calcolando un reddito medio aggiuntivo di circa 3mila Euro. Davvero poco per una vera ripresa dell’economia e dell’occupazione. Senza contare che lo studio della Cna nazionale prende in considerazione sì una piccola impresa ma comunque con dimensioni e volumi abbastanza superiori a quelle standard che abbiamo nel Piceno“.
Va, tra l’altro, sottolineato come, nonostante i dati in miglioramento, il capoluogo piceno scenda nella classifica dei 141 comuni dal 47° al 57° posto. Gli artigiani e i commercianti più fortunati sono quelli di Bolzano che versano per le imposte il 53% dei propri guadagni e smettono di pagare le tasse l’11 luglio. Dietro di loro quelli di Gorizia (53,1% e 12 luglio), di Udine (53,7% e 14 luglio) e di Trento (54,1% e 16 luglio). I più sfortunati sono quelli di Reggio Calabria (69,8% e 11 settembre), Bologna (68,7% e 7 settembre) e Roma (67% e 1 settembre).
Per quanto concerne le Marche stanno meglio di tutti artigiani e commercianti di Jesi (57,3% e 27 luglio), mentre la situazione peggiore è per quelli di Pesaro (61,2% e 10 agosto). “Le azioni che il sistema Cna chiede di mettere in campo – spiega il presidente territoriale Cna, Luigi Passaretti – sono semplici ma fondamentali. Ovvero, introdurre in modo progressivo e credibile la tassazione secondo un piano che, sulla base delle risorse rese disponibili attraverso il recupero dell’evasione e la riduzione della spesa pubblica, preveda la riduzione delle aliquote Irpef ed elimini la discriminazione attuale operata per le detrazioni da lavoro delle piccole imprese personali”.